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Molière, le opere teatrali più famose

Molière ha impersonato con la sua opera e la sua vita l'essenza stessa del teatro, sapendo reagire con vigore ai tormenti e alle critiche ricevute

MILANO – Molière, pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin (Parigi, 15 gennaio 1622 – Parigi, 17 febbraio 1673), è stato un commediografo e attore teatrale francese. Molière ha impersonato con la sua opera e la sua vita l’essenza stessa del teatro, sapendo reagire con vigore ai tormenti e alle critiche ricevute, analizzando e esaminando profondamente la società umana.

 

1. Il malato immaginario

(Le Malade imaginaire), è una delle commedie più famose dell’artista parigino. Nella Francia del XVII il termine “immaginario” significava pazzo. Al centro delle vicende un vecchio signore che cerca disperatamente una cura alla sua “malattia”. Nel tentativo di curarsi si fa fare dal dottore dei clisteri e si fa prescrivere degli antibiotici che invece di aiutarlo peggiorano soltanto la situazione. Sua figlia nel frattempo si innamora di un uomo mentre lui intende farla sposare con una altra persona. Lei crede che questa persona sia il suo amato ma invece si scopre che quello che deve sposare è un “povero sfigato” laureato in medicina. Intanto lo spasimante della ragazza si spaccia per l’insegnante di musica di lei ingannando il padre. Lei confessa il suo amore per il ragazzo (che è il figlio del medico di famiglia) al padre ma lui lo caccia.  Il malato immaginario quindi simula la sua morte per provare l’affetto della moglie e della figlia. La moglie, interessata soltanto ai soldi, festeggia la morto del marito. La figlia invece si dispera e scoppia a piangere. L’uomo allora le svela l’inganno e le concede di sposare chi vuole.

2. L’avaro

(L’Avare ou l’École du mensonge) è una commedia ambientata a Parigi nella casa di Arpagone, nell’arco di un giorno. La pièce venne rappresentata per la prima volta a Parigi, al Teatro di Palais-Royal nel 1668. Il personaggio del vecchio avaro, che fa da protagonista, è uno dei caratteri tipici del teatro classico.  Arpagone, è un uomo dedito esclusivamente all’attività di accumulare ricchezze con qualsiasi tipo di attività, lecita o illecita, usura, strozzinaggio e affari loschi. Per di più egli è famoso ovunque per la sua insopportabile avarizia e per il regime austero cui sottopone tutta la sua famiglia, in particolare i due figli, Elisa e Cleante, ma anche i suoi servi. Accanto al motivo dell’avarizia del protagonista vi è una complicata vicenda amorosa: Arpagone, vedovo da tempo, si mette in testa di sposare la giovane e povera Mariana, la quale, però, è già segretamente fidanzata con Cleante. Inoltre Valerio, intendente di Arpagone e suo uomo di fiducia, tesse alle sue spalle un inganno per sposare Elisa, con la complicità dei servi e dello stesso Cleante. Dove si parla di intrigo non può mancare la figura dell’intrigante, ed ecco che sulla scena arriva Frosina, donna scaltra e abile nell’ordire inganni e nel combinare matrimoni, alla quale Arpagone si affida per conquistare Mariana.

3. Il misantropo

(Le Misanthrope ou l’Atrabilaire amoureux), è una commedia in cinque atti del drammaturgo francese Molière. Venne rappresentata per la prima volta a Palais-Royal il 4 giugno 1666, con le musiche di Jean-Baptiste Lully. Il misantropo è un’opera che contiene dati biografici, Molière soffriva perché la moglie lo aveva lasciato e perché il Don Giovanni e Il Tartuffo erano state censurate o non andate in scena. L’opera ridicolizza fin dall’inizio le convezioni e l’ipocrisia degli aristocratici francesi dell’epoca, ma assume un tono più serio quando si sofferma sui difetti e le imperfezioni che tutti gli esseri umani possiedono. Alceste è un intransigente idealista, che pretende di comportarsi senza ipocrisie e senza piegarsi a compromessi, incapace di conciliare i propri principi etici con le consuetudini sociali.
Innamorato di Célimène, una giovane donna un po’ civetta ed amante della mondanità, cerca di convincerla a rinunciare al mondo a cui è abituata per amor suo.
Alla fine la differenza dei due caratteri e modi di vivere porterà alla fine della relazione ed il deluso Alceste, che nel frattempo ha perso un processo intentatogli, deciderà di espatriare. Altro personaggio principale di quest’opera è Filinte. Filinte si contrappone dialogicamente ad Alceste, insensibile al fantasioso dover essere reclamato ad ogni piè sospinto dall’amico moralista, si ostina a restare ancorato alla realtà, affermando che il mondo con i suoi difetti non si può cambiare e quindi l’unico modo per vivere bene in questa società pervasa da immoralità e dissimulazione è l’adattamento a questo mondo fittizio. Alceste quindi segue un disegno impossibile, che porta a una vicina sconfitta. La commedia finisce con Alceste che ripudiato da tutti, abbandona la società mondana in cui si trovava e si ritira per una vita solitaria.

4. Don Giovanni o Il convitato di pietra

(Dom Juan ou le festin de pierre), è una commedia tragica in cinque atti, del drammaturgo francese Molière. Don Giovanni, seduttore incallito, ha costretto Donna Elvira a fuggire dal convento, in cui si trovava, ma solo per sedurla e abbandonarla. Donna Elvira, decisa a tornare in clausura per il resto della sua vita, preannuncia a Don Giovanni la maledizione del Cielo. Don Giovanni, aristocratico, giovane, bello, sensuale, ma anche bugiardo, arrogante ed inguaribile seduttore, è uno dei più inquietanti personaggi della letteratura di ogni tempo. La sua storia è quella di un uomo che sfida Dio trasgredendone le leggi. Egli gode nel travestirsi, nel sostituirsi ad un altro per riuscire, con l’inganno, a godere di donne che abbandonerà poco dopo aver con esse consumato un giocoso rito d’amore. La trama dell’opera è proprio data dal susseguirsi di queste seduzioni e dalle inevitabili successive fughe fino al momento in cui, durante un’incursione notturna Don Giovanni uccide il padre di Donna Anna, una delle sue vittime. Da questo momento in poi è il rapporto tra il protagonista e la statua parlante del morto ad animare la scena. Infatti la statua, sfidata da Don Giovanni che non ha paura della morte, lo invita a cena e questi, coraggiosamente, accetta. La sera della cena, la statua, nel salutare Don Giovanni, gli porge la mano trascinandolo così con sé all’inferno.

 

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