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Mariano Rigillo, la tragedia di ‘Re Lear’ e la crisi del teatro italiano

La straordinaria performance dell'attore Mariano Rigillo e la tragedia shakesperiana che riguarda anche la crisi del teatro italiano da qualche anno a questa parte

MILANO – Non si può rimanere indifferenti a una tragedia come Re Lear, soprattutto se il vecchio sovrano lo interpreta un colosso del teatro come Mariano Rigillo. E soprattutto se alla fine della tragedia, alle ovazioni scroscianti del pubblico del teatro Parenti di Milano, segue un triste annuncio “Vi ringraziamo per la calorosa accoglienza purtroppo questo è l’ultimo spettacolo, si conclude qui la tournée”. Verrebbe da citare proprio William Shakespeare: “Finché possiamo dire: “questo è il peggio”, vuol dire che il peggio ancora può venire”. Rigillo è ancora l’anziano re stanco “senza una produzione la pièce non può andare avanti, il teatro non è apprezzato perché fa riflettere e viene da pensare che non si voglia far meditare le persone” rivela amareggiato. L’attore napoletano non nasconde la sua delusione dopo la rocambolesca vicenda della sua compagnia.

LA TRAGEDIA DI RE LEAR – “Considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte”. Così scriveva Shakespeare, ma la tragedia dal sapore nichilista nei mesi scorsi si è consumata anche lontano dai sipari. Re Lear doveva andare in scena a Catania al Teatro stabile e come se fosse il Bardo in persona a tessere le trame il destino ha travolto tutti: compagnia e teatro. I lavoratori del teatro siciliano cominciano a scioperare, la tournée salta. La coproduzione Napoli-Catania si blocca con l’inizio dello stop alle rappresentazioni da parte dei tecnici.

“La costumista Angela Gallaro è entrata in teatro con la Polizia per recuperare i costumi” racconta l’attore napoletano “siamo riusciti però a recitare a Napoli senza materiali di scena e senza ricevere alcun compenso”. Nonostante la precarietà su cui si regge, lo spettacolo è un successo di pubblico e critica. Rigillo è dispiaciuto per lo sciopero delle maestranze “il teatro catanese non deve chiudere”. Dopo il trionfo partenopeo Gigi Proietti però invita la compagnia al suo Globe Theatre di Roma. “Ci siamo messi in sociale, molti di noi sono di Roma, ce la siamo cavata…” e aggiunge “Andrée Ruth Shammah ci ha chiamato poi per inaugurare la stagione del Teatro Parenti con l’aiuto dello Stabile di Napoli abbiamo ottenuto un rimborso per vivere a Milano durante la tournée”.

TRIC… TRAC – Quando c’è la passione ci si adatta al tourbillon de la vie, e la crisi non è una novità, le compagnie hanno cominciato a subire a partire dal 2014 con la riforma del Fus (il Fondo Unico per lo Spettacolo). L’algoritmo del Ministero ha analizzato i teatri, eleggendo sette Teatri Nazionali (al posto degli Stabili) e diciannove Tric (Teatri di rilevante interesse culturale) per il triennio 2015/2017. Una riforma poco chiara i cui effetti si vedranno nel lungo corso della “degenza”. Qualche giorno fa c’è stata la festa del teatro, e anche se è cosa buona e giusta rendere più fruibili gli spettacoli aprendo gratuitamente le porte, si rischia comunque il flop. Solamente 100 teatri hanno aderito in tutti Italia quando solo Roma ne vanta circa 80. Una call to action che svela quindi la precarietà del teatro nostrano.

 

“A noi spetta di assumere il fardello

Di questi tempi grami, dire ciò che si prova,

Non quello che si deve.

Sono stati i più vecchi

A sopportare i pesi più gravosi;

A noi giovani non sarà mai dato

Di vedere, né vivere, altrettanto.”

 

(Re Lear)

 

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CREDIT PHOTO: Teatro Parenti

 

Lucia Antista

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