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Il Miur, “I prof scelgano i libri di testo senza gli stereotipi di genere”

Gli insegnanti quest'anno sono chiamati per la prima volta a prestare attenzione non solo alla scelta dei testi ma anche alle declinazioni grammaticali delle parole

MILANO – La scuola e il mondo fatto di regole che le gira attorno, sta diventando sempre più l’eco della nostra società. E’ per questo che secondo regole dettate dal Miur, gli insegnanti quest’anno per la prima volta, dovranno “vigilirae” sui testi scolastici da adottare.

Scelta dei testi e declinazioni grammaticali delle parole

Il perchè di questo cambiamento? Educare al rispetto coinvolgendo soprattutto gli insegnanti, colonna portante dell’educazione di bambini e ragazzi, prestando attenzione non solo alla scelta dei testi ma anche alle declinazioni grammaticali delle parole. Il Miur sulla questione sembra avere le idee abbastanza chiare e nelle linee guida afferma: “Nella pratica didattica si suggerisce quindi di verificare l’adeguatezza del linguaggio usato nei libri di testo di tutte le discipline non solo per quanto riguarda la presenza di eventuali stereotipi del maschile e del femminile, ma anche per quanto concerne l’uso del genere grammaticale, che costituisce uno strumento fondamentale per la rappresentazione della donna nel linguaggio. Particolare attenzione dovrà essere posta alle indicazioni relative all’uso del genere grammaticale contenute nei testi dedicati all’educazione linguistica”.

I diversi pareri degli editori

L’appello divide così gli editori che nei libri  hanno introdotto il termine “sindaca”  e quelli che non ritengono sostanziale questa rivoluzione lessicale. Una proposta insomma che, se da un lato vede i presidi consci del fatto che il monito della Fedeli possa cadere nel vuoto, dall’altro vede i vari editori accogliere la proposta in maniera differente. Come si evince da Il Il Fatto Quotidiano, infatti, Francesca Rizzo, responsabile editoriale di Garzanti Scuola e del gruppo De Agostini Scuola non ha alcuna intenzione di cambiare la lingua italiana. “Non trasmetto ai ragazzi che la parità c’è con una “a” o una “o” alla fine del lemma. Non dobbiamo negare la nostra storia letteraria: non confondiamo la parità di genere con il femminismo. Un conto è dire il sindaco, un altro la sindachessa. Non va stravolta la lingua in nome della parità di genere. L’italiano è pieno di termini maschili che si riferiscono comunque alle donne o a termini femminili che vengono usati anche per i maschi: basti pensare ad “entusiasta”. L’importante è il messaggio che trasmettiamo: serve una selezione di contenuti, di immagini che commentano le regole grammaticali attente alla parità di genere”. C’è chi invece come Elisa Cianciabella dell’“Editrice La Scuola” ha accolto positivamente la richiesta riconoscendo il dovere di adeguarsi ai cambiamenti della società.

 

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