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Gli errori da evitare nell’utilizzo dei pronomi personali

Il docente e scrittore Massimo Roscia, in occasione della Settimana della lingua italiana nel mondo, ci concede microlezioni tratte dal suo libro. Oggi parliamo dei pronomi personali

MILANO – Da oggi fino al 23 ottobre si tiene la “Settimana della lingua italiana nel mondo”, curata dal Ministero degli Affari Esteri, dall’Accademia della Crusca e, all’estero, dagli Istituti Italiani di Cultura, dai Consolati italiani, dalle cattedre di Italianistica attive presso le varie Università, dai Comitati della Società Dante Alighieri e da altre Associazioni di italiani all’estero. Per l’occasione, oltre a presentarvi quali sono gli errori grammaticali più comuni commessi dagli italiani, abbiamo chiesto al docente e scrittore Massimo Roscia, autore del libro “Di grammatica non si muore” (Sperling & Kupfer), di darci in pillole alcune microlezioni tratte dal suo libro e legate ad alcuni degli errori linguistici più comuni. Dopo averci parlato della funzione delle sillabe e del corretto utilizzo degli accenti, della differenza tra nomi comuni e nomi propri, e di quella tra nomi individuali e nomi collettivi, oggi ci parlerà degli errori da evitare legati all’uso dei pronomi personali.

 

PRONOMI PERSONALI: ALCUNI ERRORI DA EVITARE

Fate molta attenzione alle ripetizioni. Ogni tanto mi capita di leggere: «Ci volete spiegarci come funziona?» o «Ti vuole parlarti». In questi casi non si tratta di sottolineature, rafforzativi o scelte stilistiche, ma di volgari errori. Se possibile, non fate confusione fra tu e te. Ricordate che tu si adopera sempre con funzione di soggetto, e te si usa nei complementi: «Tu vedi me e io vedo te». L’uso di te come soggetto, molto diffuso in Italia, è ammesso solo nel parlato informale, ma deve essere evitato nello scritto. Qualche eccezione la troviamo in alcune esclamazioni come «Povero te!» o in frasi del tipo: «Io e te siamo una bella coppia» (le sequenze di pronomi personali io e te e tu e io, entrambe corrette, hanno mandato definitivamente in pensione l’arcaico io e tu). Un vero uomo rispetta sempre una donna. E non lo fa soltanto regalandole un fiore, un bacio e una carezza o ricordandosi di farle gli auguri l’8 marzo, ma anche usando il pronome indiretto appropriato quando si sta riferendo a lei. Troppe volte leggiamo: «Ho telefonato a Monica e gli ho detto…» Siate più rispettosi e fate attenzione: gli va usato quando vi rivolgete a lui, e le quando vi rivolgete a lei. «Ce l’ho, ce l’ho, mi manca…» Se state scambiando delle figurine l’espressione è più che corretta, ma se dite o scrivete: «Nel corridoio ho incontrato Matteo e ce l’ho detto», allora vi meritate una sgridata. Non bisogna mai confondere le forme dialettali con l’italiano. La frase corretta è: «Nel corridoio ho incontrato Matteo e gliel’ho detto». Gliel’ho è una normale elisione – vi ricordate dell’elisione, vero? – e glielo deriva dalla fusione dei due pronomi personali complemento gli e lo. Questa combinazione, così come gliela, è corretta anche quando ci si riferisce a una donna: «Matteo le regala un fiore»; «Matteo glielo regala».

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