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Libri da leggere d’estate, è bene consigliare i classici?

E' bene far leggere ai giovani studenti libri per le vacanze? Vanno ancora bene i soliti classici? Ne abbiamo parlato con un docente di letteratura italiana della Cattolica

MILANO – Qualche giorno fa su “La Repubblica” il giornalista Di Paolo ha lanciato una provocazione nei riguardi dei docenti delle scuole italiane, consigliando loro di rischiare e di consigliare ai ragazzi delle letture estive ben più innovative. Ciò che viene recriminato ai docenti è il fatto che tendano a consigliare quasi sempre gli stessi libri. In vetta alle classifiche, “L’amico ritrovato” di Uhlmam ma, da qualche anno a questa parte, anche Italo Calvino si difende piuttosto bene coi suoi libri più scolastici lasciando molto spesso poco spazio agli autori ancora in vita, per dirne una.

Noi abbiamo deciso di chiedere un parere ad uno dei docenti dell’Università Cattolica di Milano, Giuseppe Lupo, che si occupa di insegnare Letteratura italiana contemporanea.

Perché i professori consigliano sempre gli stessi classici?

Perché nella sostanza i docenti non si aggiornano. Non aggiungono letture, non si differenziano. Poi, per carità, ci sono le eccezioni ma questa mancanza di aggiornamento si vede soprattutto in questi ultimi anni, da quando il ministero sta scegliendo per le tracce di maturità degli autori un po’ più particolari. Ultimamente si sta puntando molto sugli autori del ‘900 e questi non vengono fatti. L’ultimo anno di liceo è scritto proprio sui programmi che bisognerebbe trattare come temi il Novecento, non solo in letteratura italiana ma anche in storia, in filosofia. Tuttavia, i docenti arrivano molto in ritardo coi piani formativi e molte cose non vengono svolte e questo crea paradossalmente proprio l’imbarazzo degli studenti che non sono in grado di svolgere un certo tipo di tracce perché nessuno gli ha spiegato quegli autori.

E’ giusto assegnare libri per le vacanze? 

Assolutamente sì. E’ giusto che i ragazzi leggano, anche d’estate perché lettori non si nasce, si diventa. Bisogna che ci siano persone che ci portino a leggere. In questo senso vedo una certa passività e, in sostanza, non basta semplicemente assegnare delle letture, bisogna vedere anche come si coinvolgono gli studenti nella lettura. Gli studenti capiscono perfettamente quando un docente gli spiega cose senza coinvolgimento; loro lo capiscono quando gli si dice qualcosa per mero dovere personale. Spesso, purtroppo, gli stessi insegnanti non sono convinti di ciò che dicono e insegnano.

Un secolo fa i ministri raccomandavano ai professori libri che celebrassero valori quali “verità”, “bellezza”, e “bontà”; ora quali valori raccomanderebbe lei?

Questi valori sicuramente non passano mai di moda, sono fondativi. Di fatto io raccomanderei i cosiddetti “classici”, non solo libri ma anche autori. All’università c’è questo gap assurdo per cui ci arrivano studenti che non hanno mai letto i libri della nostra tradizione. Noi siamo la Divina Commedia di Dante Alighieri, Il Principe di Machiavelli, L’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Se noi siamo fatti a questo modo, in quanto italiani, lo dobbiamo proprio ai classici.

Quindi quali autori e libri consiglierebbe? 

Classici italiani ma anche stranieri, come i romanzi di Thomas Mann o, ad esempio “Il Dottor Zivago” di Pasternak. Ma anche classici italiani più contemporanei come Luzi, Calvino, Sciascia, Malerba. La tradizione va consolidata e i ragazzi devono leggere, a quest’età. Perché se non leggono questi libri a quest’età non lo faranno più; perché dopo ci sarà l’università e dopo ancora il lavoro. Molti ragazzi arrivano all’università che non solo non conoscono classici della letteratura, ma addirittura non conoscono la grammatica e la punteggiatura. Sarebbe opportuno far loro leggere libri che appartengano ad un dato canone e che possano stimolarli.

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