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Momusso, l’illustratrice che ha creato il “vocabolario sentimentale”

Momusso è una giovane artista capace di cogliere l'essenziale attraverso illustrazioni, fotografie e parole raccolte nel suo "vocabolario sentimentale"

MILANO – Il talento artistico di Martina Lorusso, in arte Momusso, è racchiuso nel suo mondo fatto di un immaginario onirico colmo di semplicità e sana malinconia, caratteristico di una piccola grande donna a cui le idee e le parole proprio non mancano. Dopo essere rimasti affascinati dai suoi lavori, Martina ci ha gentilmente offerto parte del suo tempo dedito a mostre, progetti e vita privata, per rispondere ad alcune domande, che curiosi, abbiamo deciso di porle.

Descrivici chi è Martina e il perchè di questo nome

Momusso nasce da un’esigenza speciale. Erano giorni strani quando iniziai a disegnare, come se dovessi fissare qualcosa che non capivo, che non andava o che non c’era più. Mi sono sempre sentita parte di qualcosa di nascosto, stavo conoscendo una nuova sensazione e sentivo l’esigenza di poterla fare mia. Mi sono trovata in questa situazione più o meno quattro anni fa, mentre studiavo all’università a Verona. Un giorno poi, ricevetti la telefonata di un mio amico e a fine conversazione ci fu l’ispirazione. Momusso, dall’incrocio del mio nome e cognome, sarebbe diventato il mio segno distintivo.

Quando ti sei avvicinata al mondo dell’arte e del disegno?

Disegnavo molto alle elementari. Mi ricordo che quelle dedicate al disegno erano le mie ore preferite, anche se non avevo spiccate doti. Al mondo dell’arte mi ci sono avvicinata più tradi grazie alla passione per l’arte contemporanea, trasmessa da mio padre. La scelta di studiare seriamente disegno, mi è piombata poi dal cielo quando mi bocciarono al liceo scientifico. Mi fissavo sempre sulle pubblicità televisive, sui manifesti, i volantini. Da questa curiosità nata all’improvviso, ho iniziato a studiare grafica pubblicitaria alle superiori. Pensa che ridere se avessi passato latino quell’estate.

Da cosa ti lasci ispirare per le tue illustrazioni?

La musica, le batoste, alcuni sogni, cose che non ho ancora detto e il cibo (tanto onto cibo), sono la mia più grande fonte d’ispirazione, oltre alle cose che ancora non sono successe. Non faccio voli pindarici, ecco.

Oltre alla capacità artistica di certo non ti mancano le parole. Da dove è nata l’idea per il vocabolario sentimentale?

In realtà di parole me ne mancano così tante che ormai mi si stanno accatastando. Ho pensato a quante volte avrei voluto dire qualche parola in più o in meno. Ho cercato di pensare a come mi sentivo in particolari momenti, quando le cose accadano e non ti soffermi sull’accaduto. E’ come se riusire a gestire le parole, dando una forma e nome alle cose, mi facesse provare meno paura. Questo progetto, dunque, nasce usando i canoni di Instagram, in quanto è un social efficace sul piano emotivo e comunicativo. Per il resto ho ricevuto così tante parole e sentimenti attraverso questo social, che non è facile poterle affrontare tutte insieme. Devo essere emotivamente serena per farlo.

C’è una parola tratta dal vocabolario alla quale sei più affezionata e che per te ha un significato particolare?

È come se dovessi scegliere tra un ricordo e un sogno. Mi confonde farlo. Penso di averle provate tutte quelle emozioni che racconto attraverso le miei illustarzioni, e il diverso modo di viverle cambia ciò che sono in ogni momento.

Sei molto seguita e apprezzata anche sui social, ti aspettavi questo successo?

Lo chiamo successo solo se penso di essere arrivata, grazie ai miei lavori, anche a una sola persona e averle dato qualcosa per stare meglio, anche se non ci conosciamo. Si sono fidati di me è questo per me è bello e gratificante. Ho provato sempre emozioni nuove e alcune di queste le ho riconosciute in altri. Altre, invece, le ho vissute tempo dopo per strane coincidenze.

Che rapporto hai con la letteratura? Ci sono dei  libri che ti hanno ispirata o ai quali sei profondamente legata?

Ho un’attrazione irrefrenabile verso i saggi psicologici e mi piace rileggere i libri di Munari. Sono particolarmente legata  a “Fantasia” di Munari, “Il barone rampante” di Italo Calvino e “Corto viaggio sentimentale” di Svevo. Racconti brevi ma decisivi.

Qual è stata a livello lavorativo la tua soddisfazione più grande?

Vedere passare davanti a me un tram con le grafiche che ho realizzato per l’I-DAYS, mi ha emozionata tantissimo. Ho corso per vederlo. Erro con la busta della spesa in mano e gli acciacchi di un’anziana. Son rimasta ancora più contenta perché in questo festival musicale suoneranno i Radiohead, uno dei miei gruppi preferiti in assoluto.

Vuoi dare dei consigli a chi vuole intraprendere il tuo stesso percorso ma ha paura di fallire?

Per esperienza personale quando una scelta mi fa paura è perché questa probabilmente mi coinvolge emotivamente. Mi spaventa perché forse è difficile poterla contenere e non sapere come andrà a finire. Se c’è anche solo una possibilità che una determinata cosa possa rendermi felice, ci provo. E’ quello che mi è successo con la grafica. Mi sono lanciata in questa avventura evitando di chiudermi in una bolla di sapone per paura del cambiamento. Ovviamente non va sempre bene ma prima o poi dovrò imparare qual è il modo giusto per riprendermi quando mi perdo un po’. Sono confusissima perciò non mi sento di dare nessun consigli particolare se non quello di provare.

Potete seguire Martina sui suoi profili Instgram e Facebook o visitare il suo sito internet.

 

 

 

 

 

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