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Al cinema Ruper Everett nei panni di Oscar Wilde

Sull'ascesa e la caduta di Wilde, il volto dell'attore Ruper Everett si presta a ripercorre il periodo buio dello scrittore e sugli ultimi giorni di vita

MILANO – Gli ultimi giorni di vita di Oscar Wilde vengono ricordati per la bancarotta, l’ infamia pubblica, i debiti e il risentimento. Sull’ascesa e la caduta di Wilde, il volto dell’attore Ruper Everett si presta a ripercorre il periodo buio dello scrittore, il primo ad essere diventato celebre prima come personaggio e poi per le sue opere. Coraggiosamente Everett ha deciso di concentrarsi per il suo debutto alla regia con il film “The Happy Prince”.

Portare Oscar Wilde al cinema

Dopo aver interpretato Oscar Wilde a teatro, l’attore e regista ha voluto scrivere la pellicola cinematografica pur avendo affronato diverse difficoltà per trovare i soldi necessari. Attraverso la metafora Everett  mettere in scena un Oscar Wilde ormai debvole nel corpo nel corpo così come nello spiriro. Sarà la malattia che lo colpirà successivamente, a condurlo alla fine dei suoi giorni mentre passa dalla Francia all’Italia per poi fare ritorno in terra francese dove verrà sepolto con una scritta sulla lapide tratta dal libero di Giobbe: “Nulla osavano aggiungere alle mie parole, e su di loro stillava goccia a goccia il mio discorso”. Solo di recente la Gran Bretagna ha fatto ammenda per la condanna inflitta allo scrittore.

La storia

Processato per la sua omosessualità e condannato a due anni di lavori forzati, dopo essere uscito dal carcere e aver tentato di ricostruire il rapporto con la moglie, Wilde torna ad unirsi al giovane Lord Douglas e precipita sempre più nel disastro totale. Gli restano solo le sue fiabe con le quali si conquista l’affetto di due ragazzi di strada. Come racconta My Movie: “si sente in ogni inquadratura l’amore che Everett prova per questo grande autore colto ed accompagnato sulla strada dell’autodissoluzione costruita bicchiere su bicchiere di assenzio nella ricerca di un piacere che, di giorno in giorno, perde qualsiasi valenza estetica per tradursi in un disperato tentativo di confrontarsi con la morte in arrivo. Quella morte che aveva descritto magistralmente sotto aspetti diversi, da “Salomè” a “Il gigante egoista” e il cui arrivo ora centellina raccontando a due ragazzi di strada la fiaba della statua del principe felice che progressivamente si spoglia di ciò che ha e che viene abbattuta assieme alla morte della rondine che ha portato l’oro e le pietre preziose che lo rivestivano a chi ne aveva bisogno”

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