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Susanna Tartaro, “Con Fahrenheit offriamo un pomeriggio di intrattenimento culturale”

Intervista alla giornalista e scrittrice amante della cultura giapponese, curatrice di Radio 3 Fahrenheit, uno dei programmi radiofonici più seguiti legati ai libri e alla cultura in Italia

MILANO – Susanna Tartaro è la curatrice di Radio 3 Fahrenheit, uno dei programmi radiofonici più seguiti da chi si interessa di libri e cultura in Italia. Da anni tiene il blog DailyHaiku, una realtà di scrittura online assai virtuosa che si concentra su una «poesia, una notizia e una foto per guardare alla realtà scandendola in tre momenti, come succede nel poco spazio di un haiku giapponese» proprio perché, come scrive l’autrice nel sottotitolo che lo presenta, la «poesia è nelle cose di tutti i giorni».  Un anno fa è uscito anche il suo primo libro Haiku e saké (Add Editore, 2016) in cui, in un parallelo emozionante tra la storia e gli haiku del monaco viandante Santōka e la nostra cruda contemporaneità, riesce a estrarre la struggente poesia del quotidiano e a donarla con inedita levità al lettore.

 

Come funziona il lavoro di redazione di Radio 3 Fahrenheit?

È realmente un lavoro collettivo fatto di confronto, relazioni, curiosità. La redazione che da anni coordino è composta da persone preparate e simpatiche, il massimo. Non mancano gli scontri e il mio ruolo sarebbe quello di mediare; uso il condizionale, “sarebbe” perché amando molto quello che faccio tendo ad “accendermi”, ma ormai conto che sono anni che ci si conosce. Posso comunque dire che Radio3 è parte della mia vita personale e lavorativa. Sì non ho dubbi.
Quale è il criterio di scelta dei libri che presentate? Considerando il numero sterminato di pubblicazioni annuali in Italia, e la vostra attenzione non solo alle case editrici maggiori ma a anche a quelle indipendenti, quanto influisce la sensibilità personale e il gusto? 

Cerchiamo di offrire un panorama più ampio possibile e le case editrici, che siano grandi, piccole o medie non influiscono, o influenzano, il nostro lavoro. Il criterio è semplice: Fahrenheit offre un pomeriggio di intrattenimento culturale e non una serie di interviste all’autore. Ogni giorno, nel programma, in filigrana, cerchiamo una linea narrativa. Non è facile ma ci protegge da passaggi sterili e, come dire, “appiccicaticci”.
Come ti sei avvicinata alla radio? In cosa la parola detta, o letta a voce alta, si distingue per te da quella scritta e letta silenziosamente? Ti capita di leggere gli haiku e le poesie che accompagnano i tuoi post ad alta voce? 

Sulla radio ho scritto tutto nel libretto che sai (inizi, intervista, la voce).
Raramente leggo ad alta voce gli haiku che trovo disseminati nelle antologie a meno che non mi colpiscano al punto di impararli a memoria.
Preferisco la trascrittura di una poesia, farlo spesso riesce a illuminare di significati il testo stesso che, alla sola lettura, rimangono nascosti.

 

La scelta di accompagnare con una fotografia (a tutti gli effetti un ulteriore haiku visivo) i tuoi post del Dailyhaiku e soprattutto la mancanza di una loro elaborazione per migliorarne la qualità, a cosa sono dovuti?

Mi fa piacere che noti la “sciatteria” delle mie foto. Non amo l’artificio, le app che migliorano le luci, i ritocchi o la posa mi annoiano, mi somiglia molto di più quest’uso della foto, intendo dal punto di vista estetico, un uso più legato all’hic et nunc, ad una immediata verità possibile. Preferisco il punto di vista al risultato. Sulla didascalia il discorso è a parte; amando i giochi di parole mi viene facile trovare quella giusta e considerando Blob di Ghezzi come l’invenzione televisiva del secolo, vorrebbe essere è il mio omaggio a quel tipo di intelligenza e a tutti i suoi nessi.
Come è nata l’idea del libro Haiku e sakè, edito dal piccolo ma assai curato Add Editore? E prima ancora, come nasce il blog Dailyhaiku?

Il libro mi è stato proposto da Stefano Del Prete un editor che seguiva il mio blog e così devo a lui questa bella esperienza.
Il blog deriva da un profilo twitter dove postavo uno haiku al giorno, classico e non certo mio, a commento della notizia di prima pagina. Nel blog mi sono presa più spazio aggiungendo una micro riflessione e la foto. Poi, nel tempo, dopo circa tre anni, ho deciso di consultare tutta la poesia che amo e conosco, sempre mettendola in dialogo con quello che si legge sul giornale. Forzandola un po’, usandola per capire.

 

Gli haiku ti hanno avvicinata al Giappone, o viceversa? Che luogo è per te il Giappone? In che tempo lo declini?

Prima il Giappone e poi gli haiku che poi sono diventati un “tipo” di Giappone, la sua idealizzazione estetica.

Per me Giappone significa un mese felice in viaggio con il mio compagno, un’esperienza irripetibile come tutte le cose fatte, l’amicizia di due amiche giapponesi conosciute per caso che chissà se ami un giorno rivedrò. Quando qualcuno parla di Giappone è come se “mi” parlasse eppure ne so così poco…
Per me il Giappone è l’istante. Non è né il passato né il futuro. E’ come la lente gigante per quello che accade, oggi come mille anni fa.

 

Reduce dal bel successo di Haiku e sakè, che hai presentato nell’arco di quest’anno in vari festival in giro per l’Italia e che ha raccolto consensi di critica e pubblico, hai al momento progetti futuri? Magari qualcosa che coinvolga non gli haiku ma la poesia contemporanea che ultimamente apre i post del Dailyhaiku?

Sì. Un’idea ce l’avrei ma è presto per parlarne, è troppo minuscola.
Rispondo con un haiku del mitico Santoka, ormai il mio vecchio, e caro, amico:

Una libellula 
sul cappello.
Cammino
(Santōka 1882 -1940)

 

Laura Imai Messina

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