Sei qui: Home » Libri » Serve leggere i libri classici per essere buoni scrittori?

Serve leggere i libri classici per essere buoni scrittori?

Abbiamo chiesto a Paolo Di Paolo di far luce in merito a quello che è stato il caso degli ultimi giorni e di esprimere il proprio punto di vista, che ci sentiamo di condividere

MILANO – Il 19 agosto su Il Fatto Quotidiano è uscito un articolo del giornalista Francesco Musolino nel quale dieci giovani scrittori confessano di non aver letto alcuni classici della letteratura. Un articolo giocoso e che ha dato diversi spunti di riflessione, ma che al tempo stesso ha scatenato il popolo della rete, facendo rimbalzare sui social il seguente interrogativo: “E’ giusto definirsi scrittori o intraprendere tale attività senza aver mai letto un Proust o un Dostoevskji?” Abbiamo chiesto ad uno dei giovani scrittori protagonisti dell’articolo, Paolo Di Paolo, di far luce in merito a quello che è stato il caso/dibattito degli ultimi giorni sui social e di esprimere il proprio punto di vista, che ci sentiamo di condividere.

“L’articolo pubblicato da Francesco Musolino sul Fatto Quotidiano qualche giorno fa, in cui alcuni scrittori svelavano il classico o i classici che non hanno mai letto, ha destato polemiche nella bolla social editoriale. Domanda e risposte del pezzo mi sono sembrate più che legittime: quale classico non hai letto? X e Y. Nessuno scandalo.

Altro è il discorso generale sul rapporto tra scrittori contemporanei e classici. Non esiste una lista blindata di letture da fare. Né una serie di titoli che garantiscono, se letti, la possibilità di essere scrittori. Detto questo, fuori dalla battuta ironica, vantarsi di non aver letto Proust – sottolineo: se si vuole essere scrittori – è un po’ da sciocchi. Si può essere scrittori senza avere letto Proust? Forse sì. Può uno scrittore, alle nostre latitudini, dire seriamente di non aver voglia né tempo di leggere Proust? Forse no.

Poi per carità, liberi tutti. Ma è indubbio che la pretenziosa ignoranza di cui parlava Andrea Minuz in un bell’articolo sul Foglio comincia a riguardare obiettivamente anche la folla di scrittori, scriventi, aspiranti tali. Questo non c’entra con l’articolo giocoso di Musolino. C’entra con il fatto che siamo circondati da presunti giovani cineasti che non solo non hanno mai visto Fellini – legittimo -, ma non si sono mai posti il problema di vederlo; e presunti giovani scrittori che non solo non hanno mai letto mezza pagina di Balzac o di Proust o di Mann, ma non si sono mai posti il problema di leggerli. Hanno leggiucchiato qua e là, dato un occhio, ascoltato, intuito, e tanto basta ad alimentare la loro presunzione. Il “non me ne frega niente”, applicato un po’ a tutto, è la loro guida interiore. Peccato che – come diceva Moravia al funerale di Pasolini – di geni ne nascono tre o quattro in un secolo. Agli altri, cioè a tutti noi, resta da mettersi a studiare, a leggere – e parecchio. Esistono veri musicisti che non conoscono la musica e la storia della musica? Molto raro. Difficile, insomma, nascere Mozart. Esistono scriventi che non conoscono nemmeno da lontano la letteratura? Purtroppo sì.

Poi certo, i libri si possono scrivere lo stesso, anche a digiuno di tutto. Ma un po’ di consapevolezza in più potrebbe, non dico migliorarli, però renderli un po’ meno scialbi, un po’ meno inutili. Il giovin scrittore inconsapevole – mettiamola così – tende a fidarsi un po’ troppo di sé stesso. E se i dubbi non lo sfiorano, è spesso perché non ha mai sbattuto le corna contro la vera grandezza.

Il punto, quindi, non è questo o quel canone. Lasciamo perdere i canoni. Il punto è un “sentimento della letteratura” che si alimenta solo nel confronto con chi ha scritto prima di noi, con chi scrive intorno a noi. Non basta leggere per diventare scrittori, certo. Serve la vita e serve il talento. Ma chi ritiene che leggere – formarsi attraverso le letture, anche personalissime, idiosincratiche, eccentriche e non solo “canoniche” – sia l’ultimo dei problemi, sbaglia. Siamo arrivati vicino al punto in cui leggere e scrivere – due attività da sempre intimamente connesse – si trovano agli antipodi. Ma scrivere senza leggere, senza avere letto, senza una profonda consapevolezza di lettori, è un gesto a vuoto – e raramente produce qualcosa di buono.”

© Riproduzione Riservata