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Sanremo, le poesie che meriterebbero di essere cantate al Festival della canzone italiana

Quello tra letteratura e musica è un legame di lunga durata. Quali sono le poesie che vorremmo vedere musicate e cantate sul palco dell’Ariston?

MILANO – Quello tra letteratura e musica è un legame di lunga durata. Dalle ballate medievali che venivano cantate e suonate nelle piazze e nelle corti dei principi, ai rimandi letterari delle canzoni moderne (da De André a Bennato, passando per i Dire Streits e Battiato), questo connubio ha dato vita a brani orecchiabili e profondi. Il festival di Sanremo offre lo spunto perfetto per parlare di questo tema. Quali sono le poesie che vorremmo vedere musicate e cantate sul palco dell’Ariston? E quale gruppo o cantante italiano sarebbe l’interprete perfetto? Oggi prende avvio la 68esima edizione del Festival di Sanremo e per tale occasione, ecco le nostre dieci proposte. Chissà che qualche compositore non colga lo spunto e ci regali un nuovo brano da hit parade.

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Cantico dei cantici, la Bibbia – Malika Ayane

Uno dei testi poetici più romantici di sempre, ricco di sfumature e di spunti. Con la sua voce particolarissima Malika Ayane sarebbe perfetta per dar vita alla canzone.

“Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore,
tenace come il regno dei morti è la passione:
le sue vampe sono vampe di fuoco,
una fiamma divina!
Le grandi acque non possono spegnere l’amore
né i fiumi travolgerlo”

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Specchio, Salvatore Quasimodo – Max Gazzè

Una poesia che parla di primavera, ma anche di rinascita in senso più ampio. Max Gazzè potrebbe infondere nel testo il giusto mix di lirismo e musicalità.

“Ed ecco sul tronco si rompono gemme,
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa”

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L’infinito, Giacomo Leopardi – Jovanotti

Una delle poesie – se non la poesia – più rappresentativa della letteratura italiana moderna. Con la sua spiccata sensibilità e musicalità, Jovanotti saprebbe trasformarla nel modo migliore e renderla adatta per il palco di Sanremo.

“Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”

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Pianto antico, Giosuè Carducci – Francesco Guccini

Rimpianto e perdita, tenute insieme da parole musicali ma al contempo aspre. Il cantautore Francesco Guccini, con il suo timbro basso e roco, renderebbe la storia dietro questo testo ancora più toccante e graffiante.

“L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior,
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora
e giugno lo ristora
di luce e di calor”.

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Questo amore, Jacques Prévert – Fiorella Mannoia

L’amore come unione di elementi polivalenti, anche opposti l’uno all’altro. Chi meglio di una donna dalla voce espressiva e profonda come Fiorella Mannoia per emozionare gli ascoltatori e dar vita alla canzone?

“Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
Cattivo come il tempo
Quando il tempo e cattivo”

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Il più bello dei mari, Nazim Hikmet – Negramaro ed Elisa

Una canzone sulla bellezza dell’amore in quanto ideale, in quanto sentimento destinato a essere sempre migliorabile e migliorato. Dopo “Ti vorrei sollevare” quale tematiche migliore per riproporre questo duetto?

“Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto”

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Il male di vivere, Eugenio Montale – Mina

Anche in mezzo alle brutture del mondo, è possibile stupirsi per il bello che ancora esiste. Non solo la voce di Mina sarebbe perfetta, per rendere questa poesia in musica, ma pensiamo a quanto di suo e del suo vissuto la cantante potrebbe riversare nel brano, per renderlo ancora più ricco a livello emozionale.

“Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato”

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X agosto, Giovanni Pascoli – Ligabue

Perdita e dolore, umano e animale, sotto un cielo stellato. Dopo l’accenno al 10 agosto fatto nella canzone “Lettera a G.”, Ligabue potrebbe riprendere il tema in chiave poetica e approfondire.

“San Lorenzo , io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla”

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I figli, Khalil Gibran – Franco Battiato

La vita non solo e non tanto si crea, piuttosto si dona. Un testo profondo che un artista come Battiato saprebbe rendere ancora più ricco.

“I tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo ma non li crei.
Sono vicini a te, ma non sono cosa tua”

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Lentamente muore, Martha Medeiros – Vasco Rossi

Una poesia erroneamente attribuita a Neruda, che esorta alla vita attiva. Dopo “Vita spericolata”, Vasco Rossi potrebbe riscoprire la sua anima più profonda e meditativa per parlare ancora una volta di come vivere un’esistenza piena.

“Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
chi ripete ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca o colore dei vestiti,
chi non rischia,
chi non parla a chi non conosce”

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