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Rizzo e Bonaccorso, “La nostra graphic novel per raccontare ciò che avviene sulla nave Aquarius”

Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso sono gli autori di "Salvezza", opera di graphic journalism realizzata nel corso della loro permanenza sulla nave Aquarius

MILANO – “Nel Mar Mediterraneo e  in Libia si sta verificando un nuovo Olocausto”. E’ questa la conclusione a cui sono arrivati i due fumettisti Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, autori di “Salvezza” (Feltrinelli Comics), opera di graphic journalism realizzata nel corso della loro permanenza su Aquarius, la nave bianca e arancione con cui gli operatori di SOS Mediterranée soccorrono i migranti al largo della Libia: l’arancione è il colore dei giubbotti di salvataggio, è il colore di una speranza. I due autori in questa intervista ci raccontano il grosso senso di responsabilità e il senso del dovere provato che  li ha portati a tramandare le testimonianze raccolte la storia  di chi fugge e di chi salva.

 

 Cosa ha rappresentato per voi vivere per tre settimane presso la nave Aquarius che trasporta migranti?

LELIO: Quella a bordo dell’Aquarius è stata un’esperienza fortissima dal punto di vista emotivo ed umano.  Abbiamo assistito a situazioni fortemente drammatiche, potendo vedere con i nostri occhi ciò che realmente sta accadendo a due passi da casa nostra. Ma è stato anche bellissimo poter cogliere lo sguardo di chi sa di essere un sopravvissuto, che ha una possibilità di continuare a vivere, poichè prima di essere migranti, sono persone con dei sogni e desideri proprio come noi.

MARCO: Ha rappresentato l’occasione di fare graphic journalism sul campo, da un punto di vista tecnico. Abbiamo fatto altri “fumetti d’impegno civile”, insieme o separati, ma questo progetto nasce da un’esperienza diretta, dalla raccolta sul campo delle testimonianze. E al di là dell’impatto emotivo e umano che cita Lelio, c’è anche il grosso senso di responsabilità e il senso del dovere nel tramandare le testimonianze raccolte.

 

Cosa emerge in questa graphic novel che non è stato ancora raccontato, soprattutto dai media?

LELIO: Io e Marco abbiamo voluto raccontare esattamente ciò che abbiamo visto: le testimonianze delle violenze sistematiche subite da uomini, donne e bambini e non parliamo solo di una parte, ma della quasi totalità di coloro che abbiamo incontrato. Della violazione delle norme del diritto internazionale da parte della Guardia Costiera Libica, che appoggiata dalla comunità mondiale, fa di tutto tranne che dei salvataggi, anzi dei veri respingimenti che spesso finiscono tragicamente. Abbiamo un enorme elefante nella stanza oggi; nel Mar Mediterraneo e  in Libia si sta verificando un nuovo Olocausto, con migliaia e migliaia di vittime di cui non sapremo mai un numero esatto. Tutto sotto i nostri occhi, esattamente come accadeva nella seconda guerra mondiale. Possiamo dire onestamente anche questa volta a noi stessi ” non sapevamo? ”

MARCO: Purtroppo non possiamo dire che si tratti di verità inedite: quello che accade in Libia nei “centri di detenzione”, come vengono organizzati i viaggi, ma anche come lavorano le Ong coordinandosi con le altre realtà che operano in mare, sono notizie che si potrebbero attingere facilmente dalle giuste fonti. Noi abbiamo raccontato storie che nei media si perdono tra i numeri, le statistiche e la propaganda, abbiamo raccontato da lì come avviene una “intercettazione” da parte della Marina Libica, e abbiamo raccolto dati, informazioni e notizie per fornire un quadro quanto più completo e documentato.

 

Non è la prima volta che realizzate graphic novel su temi di stretta attualità narrando la storia di persone impegnate nel civile. Ritenete che il linguaggio di una graphic novel possa arrivare meglio alle gente rispetto al classico stile di un libro?

MARCO: I fumetti hanno certamente una schiera di lettori fidelizzati, affezionati e abituati al linguaggio. Ma è un medium universale, accessibile, che per altro grazie al luogo comune che si tratti di “roba per bambini” ci permette abbastanza facilmente di entrare nelle scuole. Siamo certi che come avvenuto ad esempio col nostro libro su Peppino Impastato avremo modo anche con Salvezza di portare un tema grande, importante e attuale tra i banchi sfruttando la forza del fumetto.

LELIO: Il fumetto è uno strumento potente per la sua immediatezza e universalità. E’ di certo un mezzo per raccontare anche qualcosa di complicato, che ti permette inoltre di gestirne il ritmo. Puoi soffermarti, tornare indietro o andare veloce, a seconda delle esigenze di ognuno. Non bisogna sottovalutare inoltre l’aspetto didattico…è la Conoscenza che crea la Consapevolezza, questo è ciò di cui abbiamo bisogno.

 

Molti non vedono di buon occhio le OGN che si occupano di salvare i migranti nel Mediterraneo. A chi consigliereste di vivere un’esperienza come la vostra per vedere con i propri occhi cosa succede in quella acque?

LELIO: Le ONG compiono ciò che spetterebbe ai governi, ossia salvare vite, solo questo. Se ci fosse una seria presenza della Comunità Europea, una vera solidarietà, vi assicuro che le ONG non avrebbero motivi per esserci. Tutte le polemiche su questi enti e le persone che ci lavorano sono solo dettate dall’ignoranza e strumentalizzate da chi usa l’odio per ottenere consensi politici. Non dimentichiamoci che c’è chi ha vinto le ultime elezioni cavalcando il tema dei migranti. Io credo che sulla sopravvivenza di un essere umano non si possa discutere. In questo momento la Libia è un paese distrutto dalla guerra, senza un governo, incapace di gestire i flussi migratori se non in maniera criminale. I racconti di chi fugge da quel paese parlano chiaro, ci sono le prove e non si può far finta di nulla. Per quanto riguarda chi polemizza e desidererebbe che questa gente non venisse qui o peggio che morisse prima di arrivare, credo che se si trovasse a bordo di uno di quei gommoni che abbiamo visto noi, cambierebbe idea in meno di tre secondi.

MARCO: Sottoscrivo quanto dice Lelio, inoltre segnalo che esistono diverse realtà private che soccorrono, ad esempio, vittime di incidenti stradali. Ma nessuno si sognerebbe di chiamare le ambulanze private “taxi dei malati”. Consideriamo poi che negli anni si accumulano i problemi nei paesi da cui queste persone fuggono, problemi causati per lo più da guerre, sfruttamenti, tensioni, spesso riconducibili a responsabilità delle nostre blasonate democrazie occidentali. Nel frattempo che decidiamo se, come e in che termini “aiutarli a casa loro” e qualcuno fa campagna elettorale sulla pelle di uomini, donne e bambine che affrontano la morte, che facciamo? Li facciamo affogare?

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