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Paolo Borsellino, cittadino fiero della nostra Giustizia

Il ricordo e l'omaggio a Paolo Borsellino di Antonio Calabrò, vicepresidente di Assolombarda (con delega per la legalità e gli affari istituzionali)

MILANO – Falcone, Borsellino, Caponnetto, in primo piano in una foto, ritratti felici e contenti, “uomini dello Stato che hanno davvero ben interpretato l’anima migliore di ognuno di noi, cittadini fieri della nostra Giustizia.” E’ questo il ricordo che attraverso una foto vuole far emergere del giudice Paolo Borsellino il giornalista e scrittore Antonio Calabrò, vicepresidente di Assolombarda (con delega per la legalità e gli affari istituzionali). Ecco il suo personale ricordo di Paolo Borsellino, “una persona capace d’intelligenza e di ironia, tutto il contrario d’un protagonista mediatico, d’un retore, d’un attore della facile propaganda”.

 

Chi era Paolo Borsellino?

Una persona perbene, un uomo integro, un magistrato consapevole dei propri doveri e dei propri diritti. Un giudice attento, competente, scrupoloso, pronto a mettersi in gioco, fino alla fine, in nome dello Stato e della Giustizia. In sintesi: un uomo giusto.

 

Come è possibile ricordarlo oltre la retorica?

Era una persona capace d’intelligenza e di ironia, tutto il contrario d’un protagonista mediatico, d’un retore, d’un attore della facile propaganda. Ha lavorato a lungo convinto che d’un giudice siano essenziali gli atti, le scelte giuridiche, le parole scritte nei provvedimenti giudiziari e non le polemiche facili da dibattito su giornali e in Tv. Aveva un profondo senso del dovere, da uomo di Stato. E oggi è particolarmente doloroso ricordare che altri uomini di quello Stato hanno deviato le indagini per impedire che si facesse piena luce sul suo omicidio, che Borsellino e le altre vittime della strage di via D’Amelio avessero giustizia.

 

Come avrebbe commentato Borsellino la situazione politica e sociale di oggi in Italia?

La storia non si fa con ipotesi fuori dal tempo. Utile, semmai, ricordare di Borsellino il profondo senso di giustizia e di umanità, la fierezza dell’essere un  giudice che fa il proprio lavoro in piena autonomia rispetto alla politica e alle proprie stesse convinzioni politiche. E che ha come strumenti operativi una profonda conoscenza del diritto e una vera competenza delle regole che disciplinano le scelte giudiziarie e la costruzione del processo. Ecco il punto cardine: competenza, conoscenza, grande senso di umanità, anche per cercare di colmare il divario che talvolta si apre tra le norme e la giustizia sostanziale.

 

Può raccontarci un aneddoto legato alla sua vita che ben testimonia le sue qualità umane?

Il ricordo si può ricavare da una foto. E’ il 1986, estate. A febbraio, nell’aula bunker di Palermo, era cominciato il maxi-processo contro boss e killer di Cosa Nostra, istruito con grande intelligenza e straordinaria competenza tecnica dai magistrati del pool anti-mafia, voluto alcuni anni prima dal Consigliere istruttore Rocco Chinnici e guidato, dopo il suo assassinio nell’estate del 1983, da Nino Caponnetto. Un pool in cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino lavoravano insieme a Giuseppe Di Lello, Leonardo Guarnotta e a due sostituti della Procura della Repubblica, Giuseppe Ayala e Domenico Signorino. Un processo esemplare che si sarebbe concluso nel 1992 in Cassazione, con condanne severe. Per dirla in sintesi: con quel processo, lo Stato ha vinto e la mafia ha perso.

C’era dunque motivo, nell’estate ‘86 di quella foto, per essere contenti, per concedersi una pausa d’allegria, di sorrisi, di divertita e sincera amicizia. Bisogna guardare quei volti, per capire: gli sguardi intelligenti e acuti, l’ironia, i lampi negli occhi che testimoniano bene il sentirsi parte d’una comunità di amici. La serenità dei giusti. La soddisfazione di chi sa d’avere fatto fino in fondo il proprio dovere. E dunque festeggia, con una battuta, un gesto d’affetto, un bicchiere di vino. Bisogna ricordarseli così, Falcone, Borsellino, Caponnetto, in primo piano nella foto. Ricordarsi quegli uomini dello Stato che hanno davvero ben interpretato l’anima migliore di ognuno di noi, cittadini fieri della nostra Giustizia.

 

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