Sei qui: Home » Libri » Naomi Wood, “A salvar la vita a Hemingway sono state le donne”

Naomi Wood, “A salvar la vita a Hemingway sono state le donne”

La scrittrice inglese Naomi Wood, nel romanzo "Quando amavamo Hemingway" (Bookme), ci racconta un Hemingway inedito, sensuale e sentimentale

MILANO – Chi ha letto i suoi romanzi si immagina Hemingway come un uomo forte, virile e imponente. Un uomo dal carattere deciso, estremamente determinato e senza paura. Ce lo figuriamo sempre con un bicchiere di Cuba Libre o Daiquiri in mano e la penna nell’altra. Woody Allen ha contribuito a definire Hemingway nel nostro immaginario, quando nel 2011 l’ha inserito nel film “Midnight in Paris”, che mette in luce il suo essere competitivo e il suo bisogno di onestà. La scrittrice inglese Naomi Wood, nel romanzo “Quando amavamo Hemingway” (Bookme), ci racconta invece un Hemingway diverso, inedito, un Hemingway “sensuale, sentimentale”. Racconta un uomo capace di amare, che si è sposato con ben quattro donne (Hadley, Fife, Martha e Mary), naturalmente non contemporaneamente, anche se magari più di una donna alla volta la frequentava. Ecco l’intervista a Naomi Wood.

Com’è nato questo romanzo?

Sono sempre stata una fan della sua produzione letteraria, ma l’ispirazione per il libro è arrivata leggendo le lettere che inviava alle donne della sua vita: qui il suo modo di narrare cambia totalmente. La sua prosa diventa sensuale, sentimentale, chiama le sue mogli con vari nomignoli. Ho pensato allora che questo fosse un ottimo spunto da cui partire per raccontare un aspetto inedito di Ernest Hemingway.

Com’era come marito Hemingway?

Credo che come marito debba essere stato orribile, però è una delle domande che più mi sono posta durante la stesura. Nel senso che, se lui fosse stato davvero sempre mostruoso, non ci sarebbe stata ragione per cui queste quattro donne – a loro modo tutte pienamente valide – di restare accanto a lui così a lungo. Allora mi sono chiesta perché sono rimaste al suo fianco nonostante i maltrattamenti? Ho scoperto così il suo lato generoso e amabile. Oltre a spingere se stesso e la propria produzione, ha tentato di fare lo stesso anche con le proprie mogli. Ho cercato, scrivendo il libro, di rispondere anche a questa domanda che mi aspettavo il lettore si sarebbe posto.

Quanto c’è di vero e quanto di finzione nel romanzo?

Sono partita senz’altro dai fatti e ho cercato di restare più fedele possibile ai dati storici, cercando di rendere giustizia alle persone coinvolte nella vicenda. Ci sono però tanti elementi di fiction. Ad esempio, non ricordo dove ho letto una frase che è stata pronunciata effettivamente da Mary (la quarta moglie, ndr), una volta che aveva incontrato a una festa Martha (la terza moglie, ndr). Martha era arrivata accompagnata da due piloti polacchi e portava indosso un collo di volpe molto vistoso e mi sono chiesta cosa dicessero questi piloti polacchi, come si parlavano tra di loro. Ho passato molte notti insonni cercando di capire quanto spazio dare alla fantasia e sono arrivata alla conclusione che un buon compromesso poteva essere lasciare ai fatti storici il 70% di quello che ho scritto e concedere alla fantasia il restante 30%.

Con quale delle mogli ti sei sentita più in sintonia?

Sicuramente con la seconda, Pauline Fife, che racconto nelle prime pagine come nemico numero uno. Nel secondo, invece, ho cercato di fare in modo che il lettore si senta più in empatia con lei. Questo per varie ragioni, perché in “Una festa mobile” Hemingway parla di lei come una sorta di diavolo in gonnella. Inoltre, essendo morta prematuramente, non ha fatto in tempo a raccontarsi, come invece hanno fatto le altre mogli.

Hemingway era un uomo tormetato. Quale pensi che fosse il suo più grande problema?

Hemingway era vittima di sé stesso. Lo svilupparsi del suo stato depressivo e paranoide e allo stesso tempo il tentativo di godersi tutti i piaceri della vita sono aspetti che riguardano solo lui. Naturalmente le moglie ne hanno fatto parte ma è stato lui che ha avuto bisogno di cercare un’uscita di emergenza da se stesso. E’ stato lui vittima dei propri stati d’animo.

Hemingway è sempre stato irrequieto: cambiando nella sua vita mogli, città, abitudini. Qual era il suo faro nella notte?

Credo che il suo faro siano state proprio le donne. Hemingway ha avuto tantissimi incidenti, vicissitudini che l’hanno portato vicino alla morte. Poi è stato in guerra. Solo le donne ìsono state in grado di mantenerlo in vita.

 

© Riproduzione Riservata