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Migranti, il reportage di Erri De Luca a bordo della “nave che pesca gli uomini”

Lo scrittore napoletano racconta oggi su Il Fatto Quotidiano il suo reportage a bordo della nave Prudence, la nuova imbarcazione di Medici Senza Frontiere

MILANO – Ho imparato in mare a bordo di una nave quello che nessuna cima raggiunta mi ha insegnato prima: il significato del verbo scalare. Conclude così lo scrittore Erri De Luca il suo reportage a bordo della nave Prudence, la nuova imbarcazione di Medici Senza Frontiere, e pubblicata oggi su Il Fatto Quotidiano.
IL DOLORE DEL MARE – Erri De Luca guarda con i suoi occhi alcuni dei gommoni partiti dalle spiagge di Sabrata, una delle città della Libia nord-occidentale. “Affogano in novantasette. Quando si tratta di vite umane, le devo scrivere con le lettere e non con le cifre”. Nelle parole del suo reportage De Luca esprime tutto il suo dolore per “il male, il dolore del mare, la sua pena d’inghiottire da fermo i naviganti”, e si sofferma su cosa è oggi il trasporto delle vite sul Mediterraneo: da una parte crociere in girotondo, dall’altra parte zattere alla deriva, affidate all’arbitrio di chi intasca quattrini sia dai trafficanti che dall’Unione europea.
NON PROFUGHI, MA OSPITI – Uomini soli i migranti, abbandonati dagli stessi scafisti che danno loro una possibile speranza. “Gli scafisti non ci sono più, mettono i disperati sui barconi e li abbandonano, incapaci anche di pilotare”. Per loro enorme rispetto da parte dell’equipaggio della nave Prudence, a bordo della quale non si usa il termine “profughi”, ma solo “ospiti”. “Sono chiamati ospiti. Ricevono la più urgente ospitalità, quella data a chi arriva dal deserto. […] Mi affaccio sul gommone svuotato, il fondo è tenuto insieme da un tavolato sconnesso. Ha portato centoventinove persone, con un motorino fuoribordo di 40 cavalli. Nessuno di loro ha un documento nè un bagaglio. Il loro esilio li ha privati del nome, l’ identità è che sono vivi e basta. […] Salgono centoquarantatre persone intirizzite, una donna all’ottavo mese di gravidanza. I loro occhi hanno perduto espressione di domanda, di preghiera, di messa a fuoco. Stanno ancora fissando l’orizzonte vuoto.
MEDICI SENZA FRONTIERE – Il reportage di De Luca è anche un atto di stima nei confronti degli uomini di Msf che dedicano la propria vita agli altri. “Hanno passaporti di molte nazioni, ma il loro titolo è: senza frontiere. Qui nelle acque internazionali sono nel loro ambiente. Quando la loro presenza è indispensabile, non valgono i confini. Perciò disturbano spesso la condotta dei governi coinvolti. Hanno scelto di non prendere fondi dall’ Unione Europea. Perciò non piacciono alla sua agenzia Frontex, che si occupa di frontiere nel Mediterraneo e non sopporta l’impegno di organismi indipendenti, anche se salvano vite che senza di loro andrebbero perdute. Il capitano Pietro Catania e il suo equipaggio sono coinvolti anima e corpo in queste operazioni, perché sono gente di mare. Non badano a turni né a orari, fanno tutt’uno con la gioventù di Msf”.
LA LEZIONE DI VITA -Le due settimane a bordo della nave Prudence hanno lasciato un segno indelebile sulla pelle e nell’animo dello scrittore napoletano, come emerge dalle stesse parole di Erri De Luca con cui conclude il suo reportage. “Mmi hanno inciso tatuaggi dalla parte interna della pelle. […] Dal suo ultimo gradino ho visto spuntare una per una le facce di chi risaliva dal bordo di un abisso. Stipati in una zattera, scalavano i gradini della loro salvezza. Quelle centinaia di facce: non ho la virtù di poterle trattenere. Ho avuto l’assurdo privilegio di averle viste.
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