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Massimo Sebastiani, (responsabile ansa.it) “Il vero scoop consiste nel saper spiegare la realtà”

Ecco come il digitale ha cambiato il modo di fare comunicazione secondo il caporedattore centrale e responsabile di ansa.it

MILANO – “Il vero scoop è la spiegazione, ovvero essere in grado in modo equilibrato di dire alle persone cosa sta succedendo veramente.” Così è cambiato il modo di fare informazione in epoca digitale secondo Massimo Sebastiani, caporedattore centrale e responsabile di ansa.it e di tutta l’area immagini. Sebastiani ci spiega come si è modificato il modo di lavorare della prima agenzia di informazione multimediale in Italia, la quale si è dovuta adeguare ai tempi e al fatto di non dover più comunicare solo ai gironali ma al pubblico, attraverso un sito web e le varie piattaforme online. Ecco come il digitale ha cambiato il modo di fare comunicazione secondo Massimo Sebastiani.

 

Come nasce la tua passione per i libri e la cultura?

Tutto si deve a due straordinari professori, uno di italiano e l’altro di filosofia, che ho avuto al liceo classico. Loro mi hanno completamente conquistato ed avuto un ruolo determinante per far crescere delle passioni e indirizzarmi verso ciò che avrei fatto dopo il liceo. Grazie ai miei insegnanti ho svolto degli studi non “imbalsamati”,  ma all’avanguardia, con libri di testo rinnovati. Ho studiato in maniera trasversale, con il mio professore di filosofia che spiegava Hegel ed era in grado di citare il campionato di calcio italiano.

 

Cosa è cambiato nel sistema dell’istruzione italiana rispetto a quel periodo? Esistono ancora professori così o è cambiato il modo di approcciare gli studi da parte dei ragazzi?

Sono passati quasi 40 anni, e nella scuola i programmi non sono cambiati. La scuola secondaria e superiore italiana da questo punto di vista ha un problema serio, viaggiamo ancora con i programmi stabiliti da Giovanni Gentile. Gli studenti si trovano di fronte quindi ad una lotteria: sono fortunati se trovano un insegnante appassionato al suo mestiere, che vuole cercare di favorire le attitudini di ciascun allievo.

C’è da non sottovalutare, inoltre, la possibilità di accedere a milioni di informazioni grazie ad internet. Bisogna utilizzare gli strumenti e le piattaforme social più utilizzate dai giovani, con maggiori iscritti, per presentare loro personaggi e nozioni scolastiche in maniera nuova e fresca, capace di stimolare l’interesse dei giovani.

 

Sei caporedattore centrale e responsabile di ansa.it e di tutta l’area immagini. Come è cambiato il modo di fare informazione negli ultimi tempi?

Abbiamo avuto un’accelerazione pazzesca legata al mondo dell’informazione negli ultimi 20 anni, dovuta alla nascita delle tv private e locali: dal 1992 in poi, non era più solo la Rai a fare telegiornali. Tutto, da quel momento, è diventato molto più rapido, costringendo i giornalisti ad essere in grado di soddisfare la richiesta di informazioni, continuando a farlo in modo accurato. La seconda sfida è stata l’avvento del digitale. L’agenzia Ansa in passato lavorava solo per i giornali, non per il pubblico. Con il sito web e le diverse piattaforme social, abbiamo cominciato ad avere un pubblico diverso e cambiato un certo tipo di mentalità che noi ci eravamo costruiti sull’idea dei giornali del giorno dopo, assolutamente da abolire. La novità era quella di informare momento per momento, pensando in prima battuta spiegare le cose. Il vero scoop è la spiegazione, ovvero essere in grado in modo equilibrato di dire alle persone cosa sta succedendo veramente.

 

Come vedi il futuro dell’informazione digitale, in questo momento sempre più in mano per la loro amplificazione a piattaforme di cui l’editore non detiene il controllo, come i social?  

E’ il problema che abbiamo tutti e in tutto il mondo, cioè quello di capire monetizzare qualcosa che tu non puoi evitare di fare, ovvero postare contenuti del suo sito web sui social come Facebook, pubblicare video su Youtube. Se non fai questo, non esisti, ma al tempo stesso rischi di scomparire se non riesci ad ottenere introiti dalla tua attività. E’ questo il dilemma. Se avessi la soluzione, probabilmente adesso starei nella Silicon Valley.

 

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