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Marcello Simoni, “Il potere si fronteggia con il libero pensiero”

"Il Marchio dell'inquisitore" (Einaudi) è il nuovo romanzo di Marcello Simoni, uno dei più amati scrittori di thriller storici in Italia. L'intervista

MILANO – Roma, 1624. Il papa in carica è Urbano VIII e la città si sta preparando per il tredicesimo Giubileo. Fra Pietro Ribeba, consultore dell’Indice, viene trovato morto sotto la platina metallica di un torchio. A indagare è l’inquisitore Girolamo Svampa. Così comincia “Il marchio dell’inquisitore” (Einaudi), il nuovo romanzo di Marcello Simoni, uno degli autori di thriller storici più amati in Italia. In questo libro parla della libertà e della battaglia contro un potere oppressivo, delle streghe che nascono dalla fede nella ragione e delle superstizioni che si annidano dietro la ferrea logica. Abbiamo intervistato l’autore. Ecco che cosa ci ha raccontato.

Com’è nato “Il marchio dell’inquisitore”? Come hai deciso di muoverti dal Medioevo al Secolo di Ferro?

È stata una scelta obbligata. Dopo aver scritto due trilogie ambientate nel Medioevo, era stanco di imbattermi in luoghi comuni riguardanti la stregoneria e l’inquisizione. Ho voluto dimostrare che questi fenomeni storici appartengoni in realtà al Seicento, il secolo del Barocco, della ragione, ma anche caratterizzato da una profonda crisi socio-economica e da un rigurgito di superstizione.

Il linguaggio ricalca quello usato in quegli anni. Come sei arrivato a questo risultato? Quale lavoro sta dietro?

Volevo rivivere lo spirito teatrale dell’ “arguzia” che mi è tanto caro da quando ho incontrato il Cyrano di Rostand. Il Seicento è il secolo dell’iperbole letteraria che si riflette sia nella forma scritta che in quella parlata, perciò mi sono divertito a sciogliere la lingua dei miei personaggi, anche i più meschini e ignoranti. La ricerca mi ha spinto a levigare i dialoghi per renderli leggeri e godibilissimi, ma anche precisi.

Il protagonista, Girolamo Svampa, nel corso della storia si trova ad dover affrontare personaggi potenti. Come si fronteggia il potere?

Con il libero pensiero. Non per nulla il mio inquisitore Svampa non si piega alla volontà di nessuno, ponendosi in maniera critica persino nei confronti delle gerarchie del Vaticano e riguardo l’esistenza del Diavolo. A suo avviso, è molto più logico credere nella cattiveria e nella stupidità del genere umano.

Com’è la Roma del 1624?

Un labirinto di strade e di intrighi. Questa è la Roma degli alti prelati, dei censori dell’Indice, dei birri armati di archibugi, ma anche dei tipografi, dei pezzenti e degli assassini. Mi sono trovato, in sostanza, a dover ricostruire un mosaico davvero complesso, ma ancor più affascinante. E soprattutto, ho voluto tratteggiare un pezzo importante di storia degli stampatori romani del XVII secolo.

Cosa ha in comune la Roma del ‘600 con la realtà dei giorni nostri? E in cosa differiscono?

Nel Seicento i liberi pensatori venivano bruciati sul rogo insieme ai loro libri. Obbri vengono circondati dall’indifferenza, dall’ignoranza e dal ridicolo: un gioco di marionette che a me spaventa ancora di più del fuoco.

PHOTO CREDITS: Daniele Flaiban

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