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La poetessa Anna Santoliquido, “La scrittura è un ponte tra interiorità e società”

Intervista alla poetessa lucana trapiantata in Puglia, conosciuta a livello nazionale ed internazionale, vincitrice della Laurea Apollinaris Poetica 2017

MILANO – Anna Santoliquido, poetessa lucana trapiantata in Puglia. Conosciuta a livello nazionale ed internazionale. Nel corso della sua carriera da scrittrice le sono stati conferiti numerosi riconoscimenti letterari come la Laurea Apollinaris Poetica 2017, premio alla carriera per i migliori poeti italiani viventi. Tantissime le sue attività lavorative e non, difficile da elencare tutte. “Sono forenzese, eppure appartengo al mondo”. È questa la sua filosofia di vita. Una poesia in movimento guidata dalla curiosità e dal confronto.

 

Perché ha scelto proprio la poesia? Scorgendo un attimo di esitazione le dico: o è stata la poesia a scegliere lei?

Ecco, la seconda parte mi convince di più. Se ti dico come ho iniziato ti verrà da ridere! Sono nata in un piccolo paesino della Basilicata, Forenza. Piccolino ma delizioso. Per me è caput mundi! Da bambina ho cominciato a recitare versi nelle feste paesane, durante i matrimoni, i fidanzamenti. La maestra elementare aveva individuato in me una bella creatività.  Ad un certo punto, ebbe un’intuizione (ecco perché i docenti sono fondamentali). Disse: “Basta darti testi. Ora li devi fare tu”. Io entrai nel panico! E allora iniziai ad inventare, sul momento. Da lì è nato tutto.

 

Lei è sempre stata molto vicina al mondo delle donne. Non a caso presiede il Movimento Internazionale “Donne e Poesie”. La scrittura, il suo lavoro, le donne: è tutto collegato?

Penso proprio di sì! Ho iniziato a scrivere, nel mio paese, scrivendo le lettere per le donne del vicinato. C’erano tante donne straordinarie, molte di loro non sapevano né leggere né scrivere. Le donne dovevano occuparsi di tutto tranne che della scuola. Molte avevano figli, mariti, parenti all’estero. Io ero ritenuta la ragazzina intelligente, vispa vispa, e mi chiesero così di scrivere per loro. Non mi sono avvicinata alle donne perché ce l’ho con gli uomini. La donna ha dovuto sopportare troppi torti e l’ho scoperto da bambina: mia madre si riteneva cieca, e aveva due occhi bellissimi, solo perché non sapeva né leggere, né scrivere. E proprio quelle donne hanno demandato a noi, figlie, il compito di riscattarle!.

 

Ha avuto la possibilità di toccare con mano l’evoluzione della donna dalla seconda metà del ‘900 in poi. I cambiamenti, i traguardi raggiunti sono evidenti.

Già dal secondo dopoguerra è iniziata una lenta rivoluzione. La poesia stessa ha iniziato a prendere lentamente piede proprio in quel periodo. Poi, ci sono stati gli anni ’60, il boom economico, la scuola di massa che ha aperto le porte a tante ragazze. La scrittura, quella delle donne, ha iniziato a farsi strada. Con gli anni ’70 è arrivato il femminismo che ha dato una spinta a tutto. È stato il periodo storico in cui noi donne ci siamo più compattate. La società ci aveva percepite come una forza compatta. Qualcuno dice che c’erano degli eccessi. È vero! Ma all’epoca quegli eccessi sono serviti ad attirare l’attenzione! Negli anni ’80, però, le cose si sono un po’ ammorbidite fino alla disgregazione. A mio modo di vedere. Anziché sviluppare un aiuto reciproco, si sono creati gruppi, l’uno separato dall’altro.

 

Ultimamente sembra esserci un vero e proprio trambusto mediatico in merito alla violenza sulle donne. Cosa pensa di tutto questo? Non crede che a volte il bombardamento dei media possa fungere quasi da “esempio”?

Beh, che se ne debba parlare è scontato. Io mi imbestialisco quando fanno di questi delitti uno spettacolo. L’informazione sì, ma non lo spettacolo, genera solo caos. Come hai detto tu, ci può essere l’emulazione. Un’altra cosa: il linguaggio. Talvolta mi è capitato di leggere dei titoli che incitano alla guerriglia! Un linguaggio che aizza. Certo, deve essere accattivante, ma non deve generare ansia, istigare alla violenza. Il linguaggio va controllato. La società è fatta di persone e la famiglia è il suo nucleo più piccolo. Cominciamo dunque ad attenzionare la persona e la famiglia. Cerchiamo di ritornare alla società dell’essere e non dell’apparire. Ma che vuoi negare la post-modernità? No, è logico! Ma mi rendo conto che di questo passo i risultati sono palesi. E fondamentale in questo è anche la scuola. È da lì che dovrebbe partire una specie di rivoluzione, cominciando dall’educazione ai sentimenti e alla relazione. Si deve cercare di coltivare “il bravo ragazzo”. A me sta a cuore il buon cittadino che rispetta sé e gli altri. Abbiamo lasciato per troppo tempo da sola la famiglia. Molti delitti, stupri e via dicendo accadono proprio in famiglia. Questo l’ho capito soprattutto facendo l’insegnante! Bisognerebbe riorganizzare un po’ tutto. La donna va aiutata di più. Io non ho le soluzioni. Le soluzioni sono il prodotto di riflessioni comuni.

 

Mi lasci un ricordo, mi dia un consiglio di lettura.

Ti dirò come ho fatto io. Il libro, nel mio paesello, non circolava molto. Io leggevo anche il giornale, quello con cui si avvolgeva il pesce quando lo si comprava. Bisogna leggere di tutto, tutto quello che capita. Poi, automaticamente, ci si orienterà verso un genere piuttosto che un altro. Dai quotidiani ai libri. Tutto serve per prepararsi poi al confronto. Bisogna essere curiosi.

 

Silvia Savini

 

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