Sei qui: Home » Libri » Irvine Welsh, “Come noi, Renton e gli altri fronteggiano un mondo che non riescono a capire”

Irvine Welsh, “Come noi, Renton e gli altri fronteggiano un mondo che non riescono a capire”

Guanda, la casa editrice che ha pubblicato i suoi romanzi, ha portato a Tempo di Libri Irvine Welsh, a due mesi dall'uscita di T2 Trainspotting

MILANO – Incontriamo Irvine Welsh in albergo. Arriviamo qualche minuto prima dell’appuntamento e lo troviamo già seduto, sorridente e tranquillo, pronto a rispondere alle nostre domande e a soddisfare le curiosità che uno scrittore come lui non può non provocare. Guanda, la casa editrice che ha pubblicato tutti i suoi romanzi, lo ha portato in Italia per Tempo di Libri, a due mesi dall’uscita di T2 Trainspotting, il tanto atteso seguito del film cult che aveva per protagonisti gli indimenticabili Mark Renton, Begbie, Spud e Sick Boy.

Quest’anno è uscito Trainspotting 2, l’anno scorso ne “L’artista del coltello” è tornato Begbie. A venticinque anni dal suo esordio, lei che scrive e noi che leggiamo siamo ancora immersi in quell’universo narrativo nel quale ci ha trasportato “Trainspotting“. Ma come reagiscono i personaggi al tempo che passa e al mondo che cambia? A cosa si aggrappano per evitare di cadere?

Credo che provino la confusione che proviamo tutti di fronte a un mondo che fatichiamo a capire, un mondo senza lavoro retribuito. Mentre il passaggio dal feudalesimo al capitalismo non ha minato la mentalità del lavoro retribuito, adesso questo è andato completamente perduto e tutte le relazioni sociali stanno cambiando. Così, come succede quando l’essere umano si trova di fronte a una minaccia che incombe, la tentazione è quella di rifiutare l’epoca che stiamo vivendo e tentare di aggrapparsi al passato.

All’inizio di “Porno” scrive che le persone fanno uso di droghe per non dare accesso alla sensazione che “la vera vita sta succedendo in qualche altro posto”. È così?

No, credo che sia molto più di questo. Ho parlato prima della fine del lavoro retribuito e credo che in un certo qual modo la droga abbia preso il posto del lavoro retribuito. Ogni società in transizione è afflitta da un qualche tipo di epidemia e la società che è passata dal feudalesimo al capitalismo è stata afflitta dalla peste e dalla morte nera. Adesso siamo in una fase di transizione che ci porta dal capitalismo al concettualismo e l’epidemia di adesso è proprio rappresentata dalla droga, da questa forma di dipendenza e di ossessione. L’assenza della vita di ufficio e delle fabbriche ha portato la drammaturgia nella vita in strada. Credo che il fascino che proviamo nell’idea che sia possibile alterare la nostra coscienza possa essere cruciale per capire com’è fatta l’essenza dell’essere umano.

A questo proposito, tra le ragioni che hanno spinto così tante persone ad amare le sue storie. c’è il fatto che, tra dialoghi serrati e roccambolesche avventure, emergono sempre con prepotenza quelle domande esistenziali che ci poniamo tutti quanti. Tra un romanzo e l’altro crede di essere un po’ più vicino a una risposta?

Oh, no, non mi sto avvicinando (dice ridendo), anzi, mi sto allontanando. Il fatto è che porsi queste domande fa parte del nostro percorso e credo che sia assolutamente necessario continuare a porsele. Negli ultimi cent’anni c’è stato un aumento del sapere molto concentrato sulla scienza e sulla tecnologia, tutto il nostro pensiero filosofico, invece, arriva alla fine del XIX secolo o all’inizio del XX. La ricerca filosofica e sociologica è arrivata a una forma di stallo. Io invece credo che si debba tornare a pensare e a ragionare sull’importanza del pensiero perché è necessario affrontare questi ragionamenti per fronteggiare le sfide che ci troviamo davanti. Il passaggio dal feudalesimo al capitalismo è stato un periodo di transizione molto lungo, un periodo accompagnato dal pensiero filosofico. La transizione tra capitalismo e concettualismo, invece, è avvenuta in maniera molto rapida. Credo che gli intellettuali debbano tornare a porsi le grandi domande che riguardano il futuro. Quale possa e quale debba essere il futuro dell’essere umano? Cosa succederà alla nostra società quando da una società interamente dominata dal carbonio passeremo a una società interamente dominata dal silicone? Cosa succederà quando le macchine sostituiranno gli esseri umani e quale sarà allora il ruolo dell’essere umano? Dobbiamo chiederci se stiamo avvelenando il nostro pianeta e se proprio avvelenando il nostro pianeta possiamo forse salvarci. Queste sono domande che ci portano in un territorio simile a quello di Terminator 2 o di RoboCop, ma credo che la fantascienza abbia recuperato la realtà e che in un certo qual modo tutti gli scrittori siano scrittori di fantascienza.

Spesso, al centro dei suoi romanzi, ci sono anche le relazioni umane. In una delle ultime pagine di “Trainspotting” Mark Renton dice che, ora che si era liberato di tutto e tutti, poteva essere ciò che voleva. I legami minano la nostra libertà?

È una sorta di trattativa costante, una negoziazione. Noi nasciamo in una famiglia che ci tira su e crescendo ci allontaniamo da questo primo gruppo per avvicinarci ai nostri simili, costruiamo la nostra cerchia di amici, e dopo un po’ sentiamo l’esigenza di respingere anche questo secondo gruppo che si è formato intorno a noi. Ed è una costante, una continua trattativa appunto, che noi tutti attraversiamo, quella tra noi stessi e la società che ci circonda. Abbiamo dei momenti in cui abbiamo bisogno di guardare in maniera più approfondita dentro di noi e altri invece in cui ci sentiamo soli, abbiamo bisogno di avvicinarci a chi ci circonda e magari imparare dalle persone che incontriamo. Questo continuo abbracciare e respingere le persone che ci stanno intorno è un’esperienza che facciamo tutti, è davvero una costante negoziazione.

Dobbiamo anche negoziare tra l’omologazione alla vita borghese e l’emarginazione, che spesso sembrano essere le uniche due alternative. Non c’è una terza via?

Non a caso parte del fascino della DMT (dimetiltriptamina, ndr) sta nel fatto che rompe la dicotomia tra individuo e società. E credo che con la deindustrializzazione della società torneremo a tipologie di droghe più tradizionali, abbandonando le droghe sintetiche che vengono usate oggi. Torneremo a quelle droghe che risalgono ai tempi della preindustrializzazione e che hanno contribuito alla formazione di tanta parte del pensiero religioso e filosofico.

Tornerà a estrarre storie dall’universo narrativo nato con “Trainspotting“?

Potrei farlo ma credo di essere pronto per un grande salto. La cosa bella della scrittura è che ti pone davanti la pagina bianca. Ho più paura di restare all’interno di questo universo di quanta ne abbia di lasciarlo.

© Riproduzione Riservata