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Igor Sibaldi, “Per essere felici dobbiamo avere il coraggio di essere idioti”

Della concezione della felicità di Dostoevskij parla "Il coraggio di essere idiota" (Mondadori), il nuovo libro dello scrittore e saggista Igor Sibaldi

MILANO – Le storie nascono dall’ossessione degli scrittori per la felicità. “Se non c’è ricerca della felicità non c’è storia – ha spiegato Igor Sibaldi – Adamo ed Eva non hanno avuto storia finché sono stati contenti. Quando hanno deciso di voler essere felici tutto ha avuto inizio”. D’altra parte, ogni grande romanzo racconta di un personaggio che tenta di essere felice, poco importa se alla fine riesca a raggiungere il suo obiettivo. Per Dostoevskij, per esempio, nulla è più rivoluzionario della felicità per quanto, come sottolinea l’autore di “Delitto e castigo“, tenace è la paura di conquistarla. Ed è proprio questa paura che indaga Dostoevskij nei suoi romanzi e mostra come sia possibile vincerla. Della concezione della felicità di Dostoevskij parla “Il coraggio di essere idiota” (Mondadori), il nuovo libro dello scrittore e saggista Igor Sibaldi.

LA FELICITÀ SECONDO I RUSSI – “I russi se la prendono spesso con la felicità – ha raccontato Igor Sibaldi durante l’intervista – Tolstoj, che è sanissimo ma è senza denti da quando ha trent’anni, scriveva che la felicità si può raggiungere se crolla il mondo. Alla fine di ‘Guerra e pace‘, per esempio, il protagonista è felice ma nel frattempo è crollato tutto. Quando invece a vincere è il mondo il singolo è infelice. Nella tempesta prospera il felice”. Secondo Dostoevskij, l’altro grande scrittore russo, è la testa delle persone che non va bene. “Se non sei d’accordo con la matematica – ha spiegato Sibaldi – il tuo pensiero è un pensiero folle. Il fatto è che solo all’interno della matematica 2×2=4. Ma la matematica non è altro che un linguaggio che scambiamo per verità. Si può essere felici cambiando l’io e, se l’io cambia, cambia il mondo che percepisce. Se dentro di noi togliamo l’io e la differenza tra l’io e gli altri le tensioni si annullano”.

IL BISOGNO DI ESSERE IDIOTA – “La parola felicità deriva dal latino felix, che indica la persona che produce e genera cose nuove – spiega Sibaldi – ma se io produco qualcosa in più vuol dire che quello che ho non mi basta. Ed è esattamente questo che fa un grande autore: aggiunge qualcosa alla realtà perché quello che già c’è non è sufficiente”. Ma per poter far ciò ci vuole un grande coraggio. “Chi ha una storia è diverso. I normali detestano i diversi, che vengono visti come strani, come idioti (in russo indica profondo disprezzo mentre in greco è colui che sta solo). Ci vuole quindi un coraggio tremendo per essere felice, perché per essere felice devi essere diverso”.

LA PAURA DELLA FELICITÀ – Ma perché abbiamo tanto paura della felicità? Abbiamo chiesto all’autore. “Perché la felicità ci costringe a cambiare e a rompere i ponti con il passato. Una persona è davvero cambiata quando non riesce più a spiegare perché prima si è comportata in un certo modo. Una persona ha veramente smesso di fumare, per esempio, quando non si ricorda più perché fumava. D’altra parte, è un passaggio che fa paura perché se rompi col passato non torni più indietro. E se abbiamo paura della felicità è proprio perché abbiamo paura di rompere i ponti col passato”.

 

 

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