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Haruki Murakami, 10 struggenti passi sul senso della vita tratti dai suoi libri

Nei suoi romanzi Murakami parla d'amore, di solitudine, di mondi che si incontrano, universi inconciliabili, dei libri, della memoria

MILANO – Nei suoi romanzi Murakami parla d’amore, di solitudine, di mondi che si incontrano, universi inconciliabili, dei libri, della memoria. Ci racconta la storia di personaggi alla disperata ricerca del loro posto nella società, di personaggi innamorati di amori impossibili, di personaggi che ballano al ritmo di un mondo che corre troppo veloce. L’universo di Murakami ha fatto innamorare molti di noi che si sono ritrovati nelle sue storie e nel suo modo di vedere la vita. Questi 10 struggenti passi sul senso della vita sono tratti dai suoi libri.

 

Se non c’è l’amore, il mondo è come il vento che soffia fuori dalla finestra. Non lo si può sentire sulle mani, non se ne percepisce l’odore…

(“La fine del mondo e il paese delle meraviglie“)

 

Che potevo saperne io di me stesso? Ero proprio io quel personaggio che riuscivo a percepire con la mia coscienza? Proprio come quando uno non riconosce la propria voce incisa su un registratore, mi chiedevo sempre se l’immagine che percepivo di me stesso non fosse un’immagine distorta che mi ero fabbricato su misura…

(“Dance Dance Dance“)

 

Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambi l’andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra con il dio della morte prima dell’alba. Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te. È qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu. Perciò l’unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia…

(“Kafka sulla spiaggia“)

 

Non sarebbe meglio se rimanessimo separati fino alla fine, conservando il desiderio di incontrarci? In questo modo continueremmo a vivere mantenendo intatta dentro di noi la speranza di rivederci, un giorno…

(“1Q84“)

 

E’ divertente, sai? La memoria umana è veramente qualcosa di strano: c’è conservata dentro un sacco di roba inutile, un sacco di cianfrusaglie, come in un cassetto. Mentre le cose importanti, quelle realmente necessarie, svaniscono una dopo l’altra…

(“After Dark“)

 

Potrei andare avanti così per sempre, ma troverò mai un luogo che è destinato a me?

(“Il flipper del 1973“)

 

Così continuiamo a vivere la nostra vita, pensai. Segnati da perdite profonde e definitive, derubati delle cose per noi più preziose, trasformati in persone diverse che di sé conservano solo lo strato esterno della pelle; tuttavia, silenziosamente, continuiamo a vivere. Allungando le mani, riusciamo a prenderci la quantità di tempo che ci è assegnata, e poi la guardiamo mentre indietreggia alle nostre spalle. A volte, nel ripetersi dei gesti quotidiani, sappiamo farlo anche con destrezza. Questi pensieri mi lasciarono una sensazione di terribile vuoto…

(“La ragazza dello Sputnik“)

 

La cosa più temibile, però, è voltare le spalle alla paura, chiudere gli occhi per non vederla. Perché così facendo consegniamo la cosa più preziosa che abbiamo in noi a qualcos’altro…

(“I salici ciechi e la donna addormentata“)

 

Il tempo continua a scorrere?
Sfortunatamente sì.
Scorre?
Che dico, precipita.
Il passato aumenta e il futuro diminuisce.
Le possibilità si assottigliano, i rimpianti crescono…

(“Dance dance dance“)

 

Hai presente, quando arriva qualche scena di sesso nei cinema porno, e senti nel silenzio il rumore della gente che deglutisce? Ecco a me piace quel rumore. Mi fa tenerezza…

(“Norwegian Wood“)

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