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Come si scrive un noir, i consigli di Giuseppe Di Piazza

In questa intervista, Giuseppe Di Piazza ci parla del suo nuovo libro "Malanottata" ed indica alcuni fattori che decretano il successo di un genere letterario come il noir

MILANO – La faccia sentimentale di una Palermo silenziosa. Ma anche la faccia dolce dei ventenni che eravamo. Il tutto intorno a un terribile delitto e a molte sofferenze. E’ questo “Malanottata“, il nuovo romanzo del giornalista scrittore Giuseppe Di Piazza. Protagonista è Leo Salinas, detto Occhi di sonno, giovane giornalista alle prime armi che dovrà indagare sull’uccisione di Veruska, la “ragazza più amata della città”. In questa intervista, Giuseppe Di Piazza ci parla del suo nuovo libro ed indica alcuni fattori che decretano il successo di un genere letterario come il noir.

 

Da cosa trae spunto il noir “Malanottata”?

L’idea m’è venuta ascoltando un racconto che mi fece qualche anno fa l’allora procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Nei primi anni Settanta, lui giovane sostituto procuratore a Palermo si occupò dell’omicidio di una prostituta palermitana. Insieme con la polizia, non riuscì a risolvere il giallo. Qualche tempo dopo Cosa Nostra fece ritrovare morto l’assassino, “facendo giustizia”. Grasso mi raccontò l’episodio per dirmi quanto allora la mafia faceva e disfaceva. Da lì presi lo spunto per costruire il mio romanzo intorno alla figura di una entraineuse cecoslovacca trovata morente. Ma l’intreccio è molto diverso.

 

Dalla cronaca alla quotidianità personale. Quanto c’è della sua esperienza a Palermo?

C’è moltissimo. Per scrivere i miei romanzi ambientati in quegli anni – Malanottata, I quattro canti di Palermo, Fango, doppia morte di un uomo perbene – scavo molto nella mia memoria di giovane giornalista tra il ’79 e l’84 a L’Ora di Palermo. Un giornale glorioso che si spendeva tutti i giorni sul fronte antimafia. Io lì imparai a fare il giornalista e devo a quegli anni molto di ciò che dopo sono divenuto.

 

Nei suoi precedenti libri ha raccontato diverse sfaccettature della sua Palermo. Quale ha voluto far emergere in questo libro?

La faccia sentimentale di una Palermo silenziosa. Ma anche la faccia dolce dei ventenni che eravamo. Il tutto intorno a un terribile delitto e a molte sofferenze.

 

Quali sono le analogie e le differenze tra la Veruska protagonista del libro e la “bocca di rosa” della canzone di De André?

Entrambe si donano, fanno il lavoro “per passione”. Veruska non è una professionista per la vita. Ma ha una tenerezza enorme nel darsi. Non distingue tra vita vera e vita sognata. È una ragazza di grandissima purezza, di cui molti uomini – per questo – si innamorano. Uomini che la sua morte lascerà “vedovi”.

 

Passione e delitto sono ingredienti che spesso ritroviamo all’interno di diversi libri gialli e noir. Quali sono secondo lei gli altri fattori che decretano il successo di questo genere letterario?

Sicuramente le relazioni tra i personaggi: io credo in una narrazione realista, autentica, dei rapporti interpersonali. Che siano i rapporti tra i ragazzi pieni di sogni di Malanottata, i rapporti tra killer mafiosi ne I quattro canti di Palermo, oppure i rapporti tra moglie e marito in Fango, doppia morte.

 

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