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Come scrivere bene, i consigli di Umberto Eco

Ecco alcune delle regole dello scrittore italiano Umberto Eco per parlare correttamente la lingua italiana, tratte dal suo libro "La bustina di Minerva"

MILANO – Essere italiano non vuol dire automaticamente parlare un ottimo italiano. Ciò dipende dall’attitudine di ogni singola persona, ma soprattutto dalla formazione primaria e secondaria nelle scuole. L’italiano è un vero e proprio patrimonio culturale e, troppo spesso, rischiamo di deturparlo con abitudini legittimate dall’uso comune, ma formalmente poco corrette. Italianlingua.it riporta le regole del famoso scrittore per parlare correttamente la lingua italiana tratte dal suo libro “La bustina di Minerva“.

1) Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.

2) Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.

3) C’è davvero bisogno di domande retoriche?

4) Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.

5) Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.

6) Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.

7) Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!

8) Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.

9) Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.

10) Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.

11) All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).

12) Cura puntiliosamente l’ortograffia.

13) Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.

14) Non andare troppo sovente a capo.

Almeno, non quando non serve.

15) Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.

16) Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.

17) Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le   premesse conseguirebbero dalle conclusioni.

18)  Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.

19) Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.

20) Una frase compiuta deve avere.

 

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