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Annarita Briganti, “Gli amori nati in chat posso avere un lieto fine”

La giornalista scrittrice ci parla del suo ultimo libro, un romanzo epistolare 2.0, un libro d'amore per tutti quelli che credono nel potere della scrittura e delle relazioni, reali o virtuali

MILANO – “Degli altri, perfino di quelli che ci sono più vicini, non sappiamo niente”. Da questa considerazione nasce “Quello che non sappiamo“, il nuovo libro della giornalista Annarita Briganti. Un romanzo epistolare 2.0, un libro d’amore per tutti quelli che credono nel potere della scrittura e delle relazioni, reali o virtuali. Ecco l’intervista all’autrice.

 

Iniziamo dal titolo: perché l’hai intitolato “Quello che non sappiamo”?

È la prima frase che ho scritto del mio nuovo romanzo, che ha sempre avuto questo titolo, e ringrazio la mia casa editrice, CAIRO, di avermi permesso di tenerlo. Riflette la parte classica dei miei studi, il “So di non sapere” di Socrate, ma anche tutti i tradimenti che ho subito e non parlo solo di tradimenti amorosi. Ho iniziato a scrivere questo libro perché mi sono resa conto che degli altri, perfino di quelli che ci sono più vicini, non sappiamo niente. È così, tanto vale accettarlo, girarlo a nostro favore e se possibile farci anche una risata sopra. Detesto chi si prende troppo sul serio, detto da una serissima eh. Quello che non sappiamo degli altri e a volte anche di noi stessi, amplificato dal reale/virtuale nel quale siamo immersi.

 

Quanto c’è di autobiografico in questo tuo nuovo libro?

Il mio primo romanzo Non chiedermi come sei nata (sempre Cairo come tutti i miei libri) è dichiaratamente un memoir, che racconta in modo autobiografico la perdita di una figlia e la ricerca della maternità attraverso la fecondazione assistita, ancora tabù in Italia allora, quando è uscito, quattro anni fa, ancora di più oggi. Il mio secondo romanzo L’amore è una favola, titolo provocatorio, parla di un colpo di fulmine, di violenza contro le donne e del mio amore 1 bis insieme ai libri, l’arte contemporanea. Quello che non sappiamo prende spunto come sempre dalla realtà e incrocia come sempre i sentimenti con tematiche sociali e temi impegnati, ma ha una trama molto complessa in cui la fiction gioca un grande ruolo. Non è un manifesto, non è un saggio o una biografia camuffati da romanzo. Segna il ritorno al romanzo puro, allo storytelling, quello vero. Racconta STORIE. Dovremmo ritrovare il gusto di farci questo viaggio con i libri, dovremmo ricominciare a leggere storie e a leggere storie scritte da italiani (le mie hanno sempre uno sguardo internazionale comunque), non a esaltare solo lo straniero di turno, che spesso si rivela inconsistente.

La parte più autobiografica è l’amore per i libri, per la poesia. In epigrafe ci sono tre poeti. Il romanzo è pieno di citazioni letterarie. Quello che non sappiamo è anche un libro sui libri, contiene molti consigli di lettura. Autobiografica anche la forza di Ginger, la protagonista femminile. Stavolta è lui, Paulo, che la insegue, anche perché il giovane uomo, che vive a Berlino, non esente come lei da traumi familiari, ha una missione da compiere. È un romanzo su un grande segreto, con colpi di scena in ogni pagina e una trama nerissima nella parte centrale.

Reale anche la bellezza di Paulo non solo dal punto di vista estetico, ma come persona. Mentre è riesplosa la guerra dei sessi, ci tengo a ricordare che gli uomini sono fondamentali, purché rispettino le donne ovviamente. Il confronto con il punto di vista maschile è importantissimo per me, lo cerco sempre, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Come ha fatto notare un collega recensendo Quello che non sappiamo, Ginger non cerca un fidanzato, ma un amico, un fidanzato-amico. Mi succede di iniziare relazioni con uomini che mi vogliono a tutti i costi, ma come e quando dicono loro. Poi magari sono in un B&B di Bari, in pieno tour per il libro, mi sento sola, li cerco e neanche mi rispondono.

 

Ti è mai capitato che da un equivoco iniziale sia successo qualcosa di importante per te?

Nonostante le delusioni sono e resterò sempre aperta agli altri, sempre in connessione con gli altri e con il mondo che ci circonda, mai muri, mai barriere, sempre pronta ad ascoltare, a conoscere nuove persone, ad attivare gli scambi alla base delle relazioni umane. Quindi sì, potrebbe succedere. Molti mi dicono che dopo avere letto Quello che non sappiamo hanno voglia di scrivere una lettera a qualcuno, che è esattamente l’effetto che volevo generare. Come dico nei Ringraziamenti di Quello che non sappiamo, scrivetemi!

 

Possiamo definire il tuo un romanzo epistolare 2.0?

Certo. Il romanzo epistolare è un genere che mi è sempre piaciuto, è sempre stato il mio sogno scriverne uno. Avevo in mente l’epistolario ottocentesco. Come mi ha fatto notare una blogger, tra gli scrittori italiani contemporanei sono la prima a praticare questo genere in questo modo, con le email. Ci ho messo più di due anni per scriverlo. È un romanzo che si può leggere come una lunga chat, come un dialogo tra i due protagonisti. È un libro molto umano, come mi ha detto un’altra persona, che vi porterà lontano parlando di amore, ma anche di crisi economica, famiglia, sesso, identità, del modo in cui comunichiamo con gli altri e del modo in cui comunichiamo noi stessi. Soprattutto, alla fine spiego perché Ginger e Paulo erano destinati a incontrarsi. Non mi limito a farli entrare in contatto.

 

Come è cambiato il corteggiamento e la conoscenza dell’altro oggi con l’avvento dei social media ed i nuovi strumenti di comunicazione?

In tutto e in niente. Le avventure esistevano anche prima dei social, anche se ora è facilissimo trovare compagnia in rete. Continuo ad associare le relazioni ai sentimenti quindi va benissimo conoscerti su un social o in una chat, ma poi dobbiamo parlarci, odorarci, passare del tempo insieme. La tua presenza virtuale, che spesso in base alla mia esperienza finisce in un nulla di fatto con milioni di conversazioni che restano sospese nel nonluogo per eccellenza che è il web, deve diventare reale.

Le regole dell’amore e del sesso non sono cambiate. Deve esserci quel mix di corpo mente e anima a prescindere dagli strumenti che si usano. Il virtuale è fondamentale non solo per diffondere notizie, nelle dittature, per fare le rivoluzioni, ma anche per restare in contatto con le persone lontane. In quanto donna che viaggia molto da sola, mi sento al sicuro con il mio smartphone in mano, mai sola, in un certo senso (quando mi rispondono).

Con il passare degli anni devo dire che l’aspetto sessuale di un rapporto, sul quale la rete punta molto, diventa sempre meno importante per me. Come faccio dire a Paulo a un certo punto, avrei solo voglia di una conversazione decente, rarissima da trovare.

Circa il corteggiamento, è massacrato dal virtuale, anche se non sembra. I preliminari, che ora sono amplificati da queste chat infinite, in realtà sono spesso usati da persone già impegnate che cercano un diversivo salvo poi tornare alle loro vite “ordinate” senza visualizzare più, senza dare spiegazioni, sparendo nel nulla dal quale sono arrivati. Degli altri non sappiamo niente no?

Ma il virtuale, come dimostro in questo romanzo, può anche andare a finire bene. Io ci credo sempre, nel reale e nel virtuale, nella possibilità degli esseri umani di amarsi.

 

Ogni capitolo del libro è associato ad un ingrediente. Ci puoi spiegare questa scelta? C’è un legame tra loro?

Si tratta di una serie di spezie e delle loro proprietà benefiche, che anticipano il tono dei capitoli che formano il romanzo. La protagonista si chiama Ginger, zenzero, un ingrediente che a Milano dove vivo è molto presente, dai frullati ai grossi pezzi caramellati che si mangiano con grande gusto. La camomilla calma, il peperoncino rende più piccanti le situazioni, il cardamomo è contro il veleno e così via.

Scrivo i miei libri d’estate, nella città deserta, queste stesure agostane con un unico bar aperto e l’uomo cinese che lo gestisce che mi chiede che lavoro faccio. Sottotesto: perché stai da sola qui, mentre tutti gli altri sono via? Per la scrittura, gli rispondo.

Quella delle spezie è un’idea che mi è venuta così, nel vuoto delle estati dedicate ai miei libri e ai libri, nel pieno che solo scrivere e leggere ti possono dare.

 

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