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Abraham Yehoshua, “Nei miei libri proteggo il matrimonio perché so quanta gioia possa dare”

A Tempo di Libri lo scrittore israeliano ha dialogato con Wlodek Goldkorn, in un incontro intitolato "Tutte le stagioni. Ritratto di Abraham B. Yehoshua"

MILANO – “Non importa quello che succede nella cucina di uno scrittore – quali siano le sue abitudini, se scrive di getto o meno -, no, quello che importa è invece la filosofia di uno scrittore, quale sia la sua idea di mondo, cosa vuole davvero comunicare”. Quando parla Abraham Yehoshua – insieme a David Grossman e Amos Oz tra i più grandi scrittori israeliani contemporanei – è spesso categorico. Ha ottant’anni, scrive da quasi mezzo secolo, e negli anni si è guadagnato il diritto di avere alcune convinzioni. “L’amante“, uno dei suoi libri più famosi, lettura obbligatoria a scuola per gli studenti israeliani, risale al 1977: quest’anno compie quarant’anni. L’ultimo suo romanzo uscito in Italia è “La comparsa“, pubblicato da Einaudi.

LA SCELTA DI PROTEGGERE IL MATRIMONIO – Il pubblico italiano lo ha accolto con calore e grande rispetto a Tempo di libri. Alla fiera dell’editoria ha dialogato con Wlodek Goldkorn, in un incontro intitolato “Tutte le stagioni. Ritratto di Abraham B. Yehoshua“. “Nei miei libri ho scelto di proteggere il matrimonio – ha spiegato Yehoshua su domanda di Goldkorn – molti si davano da fare per farlo a pezzi, ma io ho trascorso cinquantasei felici anni di matrimonio e ho avuto la fortuna di scoprire quanta gioia possa dare un’unione duratura”. Sua moglie è morta solo sei mesi fa, grande è oggi il suo dolore. “Ne ho parlato spesso nei miei romanzi, come ne ‘L’amante’, dove racconto di un uomo che per amore trova un amante alla moglie, una donna che ha perso la libido a causa della recente morte del figlio”.

IL DOVERE DI FAVORIRE L’INTEGRAZIONE – “Quella di avere arabi tra di noi è un’esperienza molto nuova – ha raccontato quando Goldkorn ha spostato la discussione sull’argomento – perché noi ebrei siamo sempre stati una minoranza ed ora invece siamo noi ad avere una minoranza in casa. A me pare che abbiamo lavorato abbastanza bene in Israele per quanto riguarda l’integrazione, come dimostra il fatto che un Presidente ebreo qualche anno fa è stato condannato da un giudice arabo e nessuno si è permesso di dire qualcosa”. Quando poi Wlodek Goldkorn gli ha chiesto che cosa rappresentasse per lui Gerusalemme, Yehoshua ha risposto che le è ancora molto legato, pur non essendosi mai pentito di averla lasciata dopo la guerra dei sei giorni, il conflitto combattuto tra Israele da una parte ed Egitto, Siria e Giordania dall’altra, e che vide la vittoria israeliana. “Poi credo che Gerusalemme non sia né degli ebrei, né degli arabi, né dei cristiani, Gerusalemme è di tutti. Per me, è il luogo dove ogni tanto torno per assorbire un po’ di energia ma dal quale poi devo scappare”.

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