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Giulio Blasi, patron di MLOL, ”La politica italiana stenta a riconoscere il ruolo cruciale di servizio pubblico offerto dalle biblioteche”

INCHIESTA BIBLIOTECHE - Razionalizzare, innovare e investire sulle biblioteche pubbliche, attraverso una strategia a medio-lungo termine messa in atto da politici e dirigenti. E' questa la ricetta per il rilancio delle biblioteche secondo Giulio Blasi, responsabile di MediaLibraryOnLine, il primo network italiano di biblioteche digitali pubbliche...

Il responsabile di MediaLibraryOnLine  pone l’accento sulla necessità di trasformare le nostre biblioteche in "piazze del sapere"


MILANO – Razionalizzare, innovare e  investire sulle biblioteche pubbliche, attraverso una strategia a medio-lungo termine messa in atto da politici e dirigenti. E’ questa la ricetta per il rilancio delle biblioteche secondo Giulio Blasi, responsabile di MediaLibraryOnLine, il primo network italiano di biblioteche digitali pubbliche. Blasi sottolinea la voragine che separa l’impatto delle biblioteche americane rispetto a quelle italiane e pone l’accento sulla necessità di trasformare le nostre biblioteche in "piazze del sapere".

Qual è secondo lei lo stato delle biblioteche italiane?
Credo che la realtà italiana sia molto differenziata e non sia possibile una risposta semplice. Posso però risponderle con un focus sul mondo delle biblioteche di ente locale. Se guardiamo all’impatto delle biblioteche quello che osserviamo è che c’è una nettissima differenza tra sud e centro-nord nel grado di penetrazione sociale di questi servizi. Se la media nazionale è poco meno del 12%, al differenza tra sud e nord è di circa 1 a 3. Esiste quindi una "questione meridionale" nel settore delle biblioteche pubbliche.
In generale, penso che la politica italiana stenti a riconoscere il ruolo cruciale di questo servizio pubblico in una società avanzata. Il disinteresse politico verso queste infrastrutture del sapere e della conoscenza diffusa lascia pensare ad una visione del futuro del nostro paese centrato su un’economia agricola e di industria pesante, non su un’economia dei servizi, della conoscenza, della ricerca come invece – obbligatoriamente – è. Ne consegue un basso finanziamento e politiche a macchia di leopardo insufficienti. E tuttavia si continuano a progettare biblioteche nuove straordinarie e bellissime in molte regioni ed esistono quindi eccezioni a questa linea di tendenza.
La stessa associazione dei bibliotecari ha oggi una maggiore capacità rispetto al passato di comunicare e valorizzare questo specifico segmento – secondo me socialmente fondamentale – del mondo bibliotecario, le biblioteche di ente locale. Sono queste le interfacce pubbliche estese tra cittadini e biblioteche. Biblioteche di conservazione e biblioteche accademiche e di ricerca sono assolutamente essenziali per altri aspetti. Ma il ruolo propulsivo alla lettura e all’accesso (trans-mediale) alla conoscenza e all’informazione spetta alle biblioteche pubbliche.

Edifici dediti alla cultura come le biblioteche, ricoprono ancora il loro ruolo di riferimento culturale per la gente?
Assolutamente sì. Sapendo però che questo non può essere un alibi ideologico a priori ma una sfida verso una maggiore efficienza. A fronte del 12% nostrano, l’impatto delle biblioteche americane è del 69%: abbiamo quindi una voragine da colmare nel confronto con il paese chiave della nuova industria dei contenuti digitali. Trasformare le nostre biblioteche in "piazze del sapere" (o in "comunità della conoscenza", come recentemente ha suggerito Virginia Gentilini in dialogo con Antonella Agnoli) è una sfida ancora aperta da accettare (soprattutto a livello di strategie politiche).

Di chi sono, a suo parere, le principali responsabilità?
Se penso a ciò che chiamavo prima "questione meridionale delle biblioteche" non ho dubbi. La responsabilità è delle politiche amministrative che si sono susseguite e delle pubbliche amministrazioni locali che le hanno eseguite. Non c’è alcuna giustificazione – nessuna – per la differenza qualitativa e quantitativa che distingue le biblioteche pubbliche di ente locale del sud e del nord, anche se i vettori dell’efficienza bibliotecaria sono più complessi e l’asse sud-nord è una semplificazione.

Le biblioteche italiane sono aperte alle possibilità che i new media oggi consentono?
Questo è un passaggio complesso nel quale le biblioteche italiane scontano un ritardo che è prima di tutto europeo. La posizione dell’Italia (con le sue circa 2.500 biblioteche associate al network digitale MLOL che io gestisco) non è affatto secondaria nel panorama europeo, siamo anzi decisamente avanti nello sviluppo di servizi e contenuti digitali in biblioteca. Ma la differenza cruciale è tra Europa e USA: per avvicinarci solo agli scenari americani ci toccherà lavorare ancora molti anni, accumulando uno "svantaggio competitivo" per le giovani generazioni considerevole.

 

Quali azioni si possono intraprendere per migliorare lo stato delle biblioteche italiane?
Bisogna ricordare che gli "amministratori delegati" delle biblioteche non sono i bibliotecari ma gli amministratori locali a tutti i livelli (politici e dirigenti). Credo che a loro sia necessario chiedere conto di una strategia di medio-lungo termine su questi temi. Razionalizzazione, innovazione, investimenti sulle biblioteche pubbliche sono cose che la nostra politica "deve" a una società come quella italiana.

 

22 novembre 2012

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