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“Vita a Palazzo Litta” , i segreti del salotto letterario milanese

L'intervista a Franca Pizzini (che discende dal ramo Litta Modignani), autrice del libro sul celebre palazzo meneghino

MILANO – Abbiamo intervistato Franca Pizzini (che discende dal ramo Litta Modignani), l’autrice di “Vita a Palazzo Litta” . Il racconto si basa sulla storia del palazzo e delle persone che lo hanno abitato e frequentato. Tre secoli di vita meneghina, ma non solo, per scoprire un affresco interessante e stimolante dell’alta Milano.

 

Come è nata l’idea del libro?

Molti anni fa ho frequentato un corso di scrittura creativa che Laura Lepri teneva a Palazzo Litta in uno spazio del Teatro Litta. Come docente universitaria di Sociologia avevo già scritto diversi libri, ma desideravo a quel punto scrivere in modo diverso, raccontando le storie della mia famiglia, ambientate in ville, castelli e palazzi. La maestra si accorse di questa mia propensione che divenne poi una capacità e mi accompagnò nella scrittura e nella pubblicazione di un piccolo libro intitolato “Vita a Palazzo Litta”, che venne pubblicato alla fine del corso e presentato al Teatro Litta. Quel piccolo libro costituisce il presupposto del volume pubblicato ora da Skira. Sono passati circa dieci anni e io, nal frattempo, ho pubblicato altri due libri e ho studiato ancora e approfondito la storia delle persone che hanno vissuto a Palazzo Litta o l’hanno frequentato. Come spiega il sottotitolo: signori e grandi dame, artisti e patrioti, maggiordomi e cameriere. In anni recenti ho ripreso e ampliato quel testo, ne ho sviluppato le storie, ho approfondito quella prima ricerca iconografica. Gabriele Mazzotta, che ha pubblicato i miei due libri precedenti, ha creduto in questo progetto, e ha fatto da tramite con la casa editrice Skira.

 

Discendendo dal ramo Litta Modignani è stato emozionante per lei scoprire le vicende di Palazzo Litta?

Il ramo Litta Modignani aveva un altro palazzo nel centro di Milano, nell’antica via Passarella, oggi corso Europa. L’ho in parte raccontato nel mio libro “Un’eredità lombarda. Da Milano alla Franciacorta” dove descrivo molte persone della mia famiglia, tra cui mia nonna che si chiamava Mimì Litta Modignani. Il palazzo dove abitava, collocato in un dedalo di piccole vie, dove, durante la guerra erano cadute molte bombe e che nel dopoguerra furono sventrate aprendo il nuovo corso che da Piazza San Babila va verso l’Università Statale, mi ha permesso di descrivere le distruzioni che avevo visto da bambina. Le emozioni quindi sono stemperate nei vari libri che ho scritto, ma certo ho usato la mia conoscenza di quegli ambienti, della vita che si svolgeva nei palazzi milanesi tra Sette e Ottocento fino al Novecento, per descrivere in modo il più possibile semplice e vivace le storie dei loro abitanti o frequentatori. Emozionante per me è stata anche parte della ricerca d’archivio, che mi ha permesso di scoprire nuove informazioni e di collegarle ad altre già acquisite: per esempio poter stare nell’archivio dell’Ospedale Maggiore dove sono conservati molti documenti Litta o nel Museo di Palazzo Morando a vedere i bellissimi ritratti Litta è un’esperienza entusiasmante e arricchente.

 

Quale storia l’ha affascinata di più?

La storia più affascinante è forse quella dei “Fratelli patrioti”. Seguendola si ripercorrono alcune tappe del Risorgimento, quando Antonio e Giulio Litta Visconti Borromeo Arese erano giovani e molto impegnati sul fronte patriottico, tanto da dover andare in esilio e vedere i loro beni confiscati. Questo fa capire come essere patrioti avesse dei risvolti molto pesanti sulla vita delle persone, artigiani o nobili che fossero, la vicenda delle 5 giornate di Milano ne è un esempio. I bei ritratti dei due fratelli si trovano anch’essi a Palazzo Morando. Mostrano nell’aspetto già quelle pieghe di eleganza che diventerà decadente nella seconda metà dell’Ottocento. Antonio morirà nel 1866 e in seguito Giulio sarà obligato a vendere Palazzo Litta e altre proprietà, troppo onerose ormai da mantenere. Giulio si ritira in campagna, la bellissima moglie Eugenia Attendolo Bolognini è l’amante del re Umberto I e il figlio prediletto, Alfonso, muore a vent’anni. Il libro segue poi le vicende del palazzo, venduto alle ferrovie.

 

Qual è l’obiettivo del libro?

Raccontare la storia di Palazzo Litta significa rievocare la storia di Milano durante 4 secoli, ripercorrendo la vita delle persone che lo hanno abitato, ma anche di coloro che l’hanno frequentato occasionalmente, per esempio molti artisti importanti, o di coloro che ne hanno garantito il funzionamento come i maggiordomi o le cameriere.

 

Non sempre le storie di tutte queste vite sono circostritte a Milano, ma ne ritroviamo alcune in Austria, in Spagna, in Francia, in Russia.

Parigi, soprattutto è un riferimento costante per molti protagonisti di questa storia e ciò evidenzia il legame tra Milano e la capitale francese nei secoli. Il palazzo è sempre stato rinomato a Milano: gli ospiti più importanti vi facevano sosta, lo stile di vita era sotto gli occhi di tutti, quasi una vetrina del gusto e della moda, della ricchezza e della magnificenza, che ne metteva in mostra qualità e difetti, vizi e virtù. Ciò ne faceva un punto di riferimento per molti, un luogo da invidiare e emulare per la vita sfarzosa e principesca, ricca d’arte e di cultura che vi si conduceva, ma anche da criticare per alcuni che vi vedevano la rappresentazione dei vizi dei nobili, dei loro orpelli e della fatuità. Per esmpio Pietro Verri è uno dei critici, addirittura dello stile barocchetto della facciata che lui considerava superato. Da queste tracce di vita alla moda, avvolte in un alone di fasto e di fascino, ho dato spazio ad alcune figure particolarmente interessanti, quelle che in ogni secolo segnano un cambiamento, un progresso, una novità: figure che interpretano gli aspetti migliori del pensiero e dell’azione di una parte dell’aristocrazia lombarda, che in alcuni momenti storici ha avuto la capacità di guardare oltre il proprio stato e oltre il proprio tempo. Mi è sembrato possibile dare spazio agli “innovatori”, ritrovando un filo che, dal gran signore lungimirante e potente del Seicento, Bartolomeo Arese, arriva alle dame illuministe di casa Litta (per esempio Margherita e Paola, le protettrici del Goldoni), al ciambellano di Napoleone, che non teme di rimanere della sua idea fino alla fine, anche con l’avvento della Restaurazione, in questo ammirato elodato da Stendhal che lo aveva conosciuto all’apice del suo potere; infine i due fratelli patrioti che, come abbiamo già detto, non temono di combattere gli Austriaci e la confisca dei loro beni, fatto che, insieme ad altri, segnerà la decadenza della famiglia Litta, dagli anni ’70 dell’Ottocento.

 

Seguiranno altri libri incentrati su delle vicende artistiche?

Vedremo, intanto bisogna far conoscere questo libro, presentarlo, portarlo in giro e accompagnarlo come un figlio. Anche questo, come i miei libri precedenti, è corredato da belle immagini, spesso quadri di artisti famosi, o fotografie di importanti archivi. Spero che il prossimo libro segua queste esperienze precedenti. Per il momento non anticipo niente…

 

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