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Vasari e l’allegoria della Pazienza nelle corti italiane del Cinquecento

A seguito del grande successo di pubblico, la mostra ''Giorgio Vasari e lโ€™Allegoria della Pazienza'' sarร  prorogata fino al 9 febbraio 2014 presso la Galleria Palatina in Palazzo Pitti a Firenze...

Alla Galleria Palatina di Firenze la mostra “Giorgio Vasari e l’Allegoria della Pazienza” resterà visibile fino al 9 febbraio  2014

 
MILANO – A seguito del grande successo di pubblico, la mostra “Giorgio Vasari e l’Allegoria della Pazienza” sarà prorogata fino al 9 febbraio 2014 presso la Galleria Palatina in Palazzo Pitti a Firenze.
La Galleria Palatina ha organizzato una mostra incentrata su uno dei più significativi dipinti delle collezioni medicee, “l’Allegoria della Pazienza”, oggi conservata nella Sala di Prometeo, ed appartenuta al cardinale Leopoldo de’ Medici.
 
L’OPERA – L’opera, assegnata al Parmigianino negli inventari di Palazzo Pitti, catalogata nelle prime guide del museo sotto il nome di Francesco Salviati, attribuita poi a Girolamo Siciolante da Federico Zeri ed oggi riconosciuta come frutto di collaborazione tra Giorgio Vasari e lo spagnolo Gaspar Becerra, ha una storia collezionistica complessa, che coinvolge alcuni importanti personaggi legati alla corte di Cosimo I e allo stesso Giorgio Vasari.
 
L’ARTE DELLA PAZIENZA – Fu infatti Bernardetto Minerbetti, vescovo di Arezzo e ambasciatore di Cosimo I, nonché fine uomo di lettere, patrono dell’Accademia degli Umidi, a chiedere all’aretino, poco dopo il 1550, un dipinto che rappresentasse in modo nuovo ed emblematico la virtù principale del suo carattere, ovvero l’arte della Pazienza. Vasari accetterà, proponendo al suo committente un’invenzione ispirata alla statuaria antica, arricchita da un raffinato repertorio simbolico allusivo al tempo e alla vita umana. E così prende corpo l’invenzione di una giovane donna avvinta da una catena ad una roccia, attende pazientemente che dal vaso ad acqua sgorghino le gocce necessarie a corrodere la pietra restituendole la libertà. 

 

ALTRE ALLEGORIE – Questa immagine, erudita e coltissima, avrebbe raccolto un grande successo ben oltre i confini di Firenze, giungendo ben presto alla corte ferrarese di Ercole II d’Este, che non esitò a ricavarne la sua ‘impresa’. A pochi anni dal dipinto per Minerbetti,  il duca Ercole II d’Este commissionò  infatti una nuova  versione della Pazienza  a Camillo Filippi, per destinarla alla cosiddetta “Camera della Pazienza”, nella torre di Santa Caterina del castello ferrarese. Il duca fece introdurre la stessa personificazione anche nel verso di una celebre  medaglia eseguita da Pompeo Leoni nel 1554, sul basamento di un  suo busto scolpito da Prospero Sogari Spani e in una serie di monete coniate dalla zecca di Ferrara.
 
LA MOSTRA – Ma perché l’invenzione vasariana ebbe tanto successo? E perché la virtù della Pazienza era considerata così importante nell’arte e nella letteratura del pieno Rinascimento? La mostra, a cura di Anna Bisceglia così come il catalogo edito sa Sillabe, indaga su questi aspetti seguendo il filo delle committenze, le fonti letterarie, i percorsi degli artisti, sullo sfondo complesso e affascinante dell’Italia delle corti. Accanto all’Allegoria della Pazienza figura la versione dello stesso tema eseguita da Camillo Filippi e conservata presso la Galleria Estense di Mantova (1554 ca.), da cui proviene anche il busto di Ercole II scolpito da Prospero Sugari (1554), sul cui basamento è effigiata la stessa virtù, e le medaglie di Pompeo Leoni sempre per il Duca (Firenze, Bargello, 1554ca.). Accanto a queste, ad illustrare il motivo iconografico nella sua complessa genesi, è prevista una grande tavola proveniente dall’Accademia di Venezia. Essa è parte di un soffitto a scomparti lignei eseguiti per la famiglia Corner nel 1542; è presente inoltre la  piccola  tavoletta degli Uffizi, nota erroneamente come Artemisia che piange Mausolo,  ma che deve riconoscersi invece come una Pazienza, e ancora alcuni disegni e incisioni del Gabinetto Disegni e stampe di Firenze.

 

8 gennaio 2014

 

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