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Rivoluzionare l’idea di fissità con la mostra ”Fotografia futurista”

L’avanguardia futurista si è avvicinata anche alla fotografia, trasformandola. Sebbene appaia difficile credere che coloro che avevano eletto il movimento e il divenire a loro valori principali si siano potuti interessare alla realtà intrappolata in uno scatto, è così.

Cento immagini di trentuno artisti analizzano il rapporto dei futuristi con la fotografia. Tra fotodinamismo e fotomontaggi, fotoritratti e illusioni ottiche si snoda il percorso della mostra “Fotografia futurista” alla Galleria Carla Sozzani di Milano dall’11 giugno al 1 novembre.

MILANO – L’avanguardia futurista si è avvicinata anche alla fotografia, trasformandola. Sebbene appaia difficile credere che coloro che avevano eletto il movimento e il divenire a loro valori principali si siano potuti interessare alla realtà intrappolata in uno scatto, è così. Lo dimostra un’esposizione alla Galleria Carla Sozzani che, in occasione del suo venticinquesimo anniversario, presenta «Fotografia Futurista» a cura di Giovanni Lista. La mostra indaga, nell’arco di mezzo secolo, il modo in cui i futuristi si sono impossessati del linguaggio fotografico per fissare l’invisibile della pulsione vitale e per trascrivere la realtà come creazione e divenire. Accompagna la mostra il catalogo in italiano e inglese Fotografia futurista a cura di Giovanni Lista e pubblicato da Carla Sozzani editore, che raccoglie le testimonianze della ricerca fotografica futurista e dei suoi nuovi codici visivi.

 
DALLA MIMESI ALL’INNOVAZIONE – Oltre cento le fotografie originali provenienti da collezioni private e da fondi storici nazionali. Articolata in quattro sezioni, dalla distruzione della mimesi come illusione naturalista, alle ricerche innovatrici degli anni Venti-Trenta, «Fotografia Futurista» comprende il fotodinamismo formalizzato dei fratelli Bragaglia, gli autoritratti di Depero, i fotomontaggi di Tato, fino alle foto-perfomance, in sintonia con le migliori avanguardie europee, contestatarie e rivoluzionarie, libertarie ed eccentriche, iperboliche e irrecuperabili per i canoni della società borghese.

 

FOTO “SPIRITICA” – La prima sezione documenta le direzioni intraprese all’inizio del XX secolo dalla fotografia per distruggere l’illusione di una mimesi naturalista e autorivelarsi come immagine artificiale, non più riflesso della realtà ma costruita in studio: la cosiddetta «foto spiritica» che spesso era volutamente ludica e ironica cioè scopertamente proposta come gioco; l’immagine doppia o sdoppiata per catturare la sequenza del movimento; la ricerca di una scansione formale attraverso cui la realtà funzionale tende a diventare solo ritmo astratto di luce o di linee; il ritratto multiplo, effettuato con la camera a specchi: il fotomontaggio, con fini fantastici, umoristici o ludici, in cui Boccioni intravede subito un’immagine della molteplicità ontologica e pirandelliana dell’essere.

 

IL FOTODINAMISMO – All’invenzione del «fotodinamismo», o fotografia del movimento come energia in atto ad opera dei fratelli Anton Giulio e Arturo Bragaglia è dedicata la seconda sezione, come uno dei contributi più significativi del futurismo alla storia della fotografia. Esplorando la capacità fotografica di fissare un gesto repentino in termini di energia pura che trascende la massa corporea, i fratelli intuiscono la possibilità di coglierne solo la scia luminosa che interpretano come verifica di una realtà spirituale, come manifestazione della forza vitale che abita la materia.

 

IL FOTORITRATTO – Il fotoritratto che i futuristi hanno usato come veicolo di comunicazione ma anche come possibilità di restituire l’immagine emblematica di se stessi come artisti d’avanguardia è il tema del terzo approfondimento. Compensando la registrazione passiva della realtà da parte dello strumento fotografico, hanno inventato la foto-performance in cui l’artista consegna all’obbiettivo un’immagine autoironica di sé come figura istrionica e clownesca.

 

ALLUSIONE E ILLUSIONE – La quarta sezione è dedicata alle ricerche degli anni Venti e Trenta in cui i futuristi, in totale accordo con le avanguardie europee e ponendosi come corpo estraneo alla cosiddetta «cultura fascista», hanno praticato il fotomontaggio, il foto-collage, la composizione d’oggetti, i giochi di luci o di specchi, il teatrino d’ombre, le simbologie magiche, misteriose o allusive delle cose sorprese in chiave di natura morta, la metafora dei valori luminosi, la posa in costume come paradosso allegorico, sguardi che si pongono al di fuori dell’iconografia del regime.

 

16 giugno 2015

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