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Perché in Italia non si punta mai sulla cultura?

L'Italia è la patria del museo all'aperto più importante al Mondo, delle città più ricche di monumenti del Pianeta. Eppure, nessuno fa niente a favore della cultura. Si è scomodato addirittura l'autorevolissimo Corriere della Sera, nel segnalare il grave degrado a cui sono soggette le opere del Belpaese...

L’Italia è la patria del museo all’aperto più importante al Mondo, delle città più ricche di monumenti del Pianeta. Eppure, nessuno fa niente a favore della cultura. Si è scomodato addirittura l’autorevolissimo Corriere della Sera, nel segnalare il grave degrado a cui sono soggette le opere del Belpaese. E anche i dati del Rapporto Annuale 2013 di Federculture, presentato ieri in Campidoglio, denunciano una situazione allarmante: l’Italia sta rinunciando alla propria vocazione artistica e culturale. Ma la politica dorme, non se ne accorge, convinta che per prendere voti bisogna a tutti i costi distruggere anziché costruire.

Per quanto ci riguarda ormai è da mesi che portiamo avanti questo argomento, nella convinzione che  qualcuno prima o poi ci ascolti. Siamo convinti infatti che in un momento di grande crisi come questo, dove ormai qualsiasi forma di produzione industriale e di servizi avanzati sono gestiti in altre zone del Pianeta, a costi decisamente più bassi rispetto al nostro Paese, l’unico modo per l’Italia di diventare competitiva e uscire fuori dalla crisi economica sia puntare tutto sulla valorizzazione del grande patrimonio artistico e delle bellezze territoriali  che il nostro Paese possiede.

Certo, per i nostri politici tutto ciò non è rilevante. Una potenza economica deve essere come prima cosa una potenza industriale. Mi dispiace segnalare che non ci sono più i presupposti, in un mercato globale così come è strutturato, per arrivare a tale risultato. Non ci vuole tanto a capire che in nessun modo si può essere concorrenziali con chi schiavizza i lavoratori e sfrutta i bambini, con chi ha un costo del lavoro decine di volte inferiore rispetto all’Italia. Se si cerca a tutti i costi tale strada si rimarrà vittima del mercato globale.

Non vogliamo si dimentichi che l’Italia non è ricca di materie prime, e l’Industria ahimè ha bisogno di queste. Quindi anche da questo punto di vista partiamo perdenti. Certo, eravamo il  Paese delle eccellenze. Ma quante di queste oggi producono ancora in Italia? Ricordiamo che senza produzione interna, ci sono meno occupati e quindi meno consumo: segue la crisi.

La nostra quindi non è una mera battaglia da “gente che capisce poco di economia”, ma di gente che raccogliendo ciò che i libri ci regalano cerca di ragionare in un modo diverso. Si guarda il problema e si cercano soluzione diverse. Immaginiamo a quante start up potrebbero nascere per gestire i beni culturali e territoriali. A quante persone potrebbero essere occupate per risanare monumenti e territorio. Ma in nessuna agenda del governo è prevista una tale visione.

Evidentemente, la nostra politica non si è ancora accorta che stiamo davvero toccando il fondo, che le aziende non sopravvivono, che la gente non arriva a fine mese. Forse, è troppo presa in questioni ben più complesse che fare gli interessi della povera gente e della collettività. Ciò che importa loro, e che tra l’altro i media mostrano di seguire con maggiore interesse, è chi sarà eletto per una data poltrona. I cittadini possono aspettare. Siamo tutti i giorni sommersi da proclami e dibattiti televisivi che si dimenticano che non è più il tempo per le chiacchiere, ma è il tempo di agire.

E’ bene sottolineare che la speranza non ce la può regalare nessuno, dobbiamo crearla noi con la nostra volontà e la nostra fatica. Se si guarda cosa c’è in questo momento di concreto la risposta è niente. Quindi perché non provare a percorrere questa strada che è l’unica che almeno ha un dato vero: l’Italia è il Paese più bello al mondo, e quindi è da qui che bisogna ripartire per creare ricchezza.    


2 luglio 2013

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