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Le 10 mostre da non perdere quest’estate

L’arte non va in vacanza. Musei, iniziative culturali, percorsi artistici sono stati promossi in tutta la Penisola nonostante l’afa di questi giorni. Noi di Libreriamo abbiamo raccolto per voi le mostre più belle da vedere nella stagione più calda dell’anno. Ce n’è davvero ...

Numerosi gli appuntamenti artistici in questa calda estate. Da Pollock e Ahmet Günestekin a Venezia fino a una rivisitazione della Divina Commedia illustrata da Salvator Dalì a Firenze, passando per la nuova veste contemporanea dell’Accademia di Brera in questi giorni. Oggi vi proponiamo dieci appuntamenti per un’estate all’insegna dell’arte.

 

MILANO – L’arte non va in vacanza. Musei, iniziative culturali, percorsi artistici sono stati promossi in tutta la Penisola nonostante l’afa di questi giorni. Noi di Libreriamo abbiamo raccolto per voi le mostre più belle da vedere nella stagione più calda dell’anno. Ce n’è davvero per tutti i gusti, lasciatevi solo guidare dall’arte!

 

Venezia

 

JACKSON POLLOCK, MURALE. ENERGIA RESA VISIBILE – Fino al 9 novembre 2015, la Collezione Peggy Guggenheim presenta, in anteprima assoluta europea, questa esposizione itinerante dedicata al monumentale Murale (1943, University of Iowa Museum of Art, Iowa City) che Jackson Pollock realizzò per l’appartamento newyorkese di Peggy Guggenheim, committente dell’opera, tra l’estate e l’autunno del 1943. Con i suoi 6 metri di lunghezza, il Murale è oggi considerato, da una parte della critica, il dipinto americano più importante del XX secolo e forse la prima opera caratterizzata da quel modus laborandi, che quattro anni dopo, sarebbe sfociato nella tecnica del dripping, o meglio pouring: un lungo e unico tempo di esecuzione dal quale l’autore era totalmente assorbito, come fosse lui stesso ‘parte integrante del quadro’. Dopo un importante intervento di conservazione e pulitura a cui è stato sottoposto, il Murale arriva per la prima volta in Italia, per la mostra a Palazzo Venier dei Leoni. David Anfam, curatore della mostra, ha costruito intorno all’enorme opera un’esposizione che, con un’attenta selezione di una ventina di lavori, intende leggere il dipinto sia nell’ambito della carriera di Pollock che della più ampia storia dell’evoluzione della pittura murale americana nella New York degli anni ‘40.

 
MILLION STONE – La mostra, curata da Matthew Drutt, noto editor, autore e curatore indipendente americano, e commissionata da una delle cinque gallerie d’arte più influenti al mondo – la Marlborough Gallery – presenta otto opere inedite e recenti dell’artista turco Ahmet Günestekin, che evocano simbolismi atavici e veicolano forti messaggi attraverso un progetto espositivo destinato a far parlare di sé. Sarà possibile visitarla gratuitamente fino al 22 novembre alla Pietà di Venezia.
Artista autodidatta e poliedrico, Günestekin adopera tecniche libere del tutto singolari, che sono il risultato della sua personale sperimentazione scevra dalla formazione accademica. La sua produzione è sensibile al richiamo di un’arte tradizionale locale, e impiega motivi decorativi marcatamente geometrici ispirati a tappeti, lampade e manufatti ottomani in rame. In tutte le opere dell’artista i caratteri, i simboli e le scene parlano di tempi antichi e si intrecciano in racconti che toccano le questioni essenziali dell’umanità. La produzione di Günestekin, che rielabora l’aspetto figurativo in modo astratto e stilizzato, può essere descritta come un’interpretazione delle narrazioni orali, dei miti e delle leggende delle civiltà anatolica, mesopotamica e greca.
Con Million Stone, una scultura in marmo nero alta quasi quattro metri, Günestekin nega il fallo, nucleo simbolico dell’antica pietra miliare, per rappresentare il superamento dell’idea di genere. Di fronte al Million Stone sono collocate tre opere, ispirate alla leggenda di Lilith, che si contrappongono al potere maschile. La donna e l’uomo condividono gli stessi diritti.
La storia di Istanbul è molto presente: per svelare l’origine dei suoi numerosi nomi, Kostantiniyye – una colossale scultura costituita dalle tredici lettere che compongono la parola stessa – riunisce tutti i nomi passati della città, accumulatisi, come i monumenti, nella sua secolare memoria culturale. Sottolineando che il passato è un fenomeno costruito nel presente, l’opera riunisce in un presente senza tempo le tracce depositate nella memoria collettiva. L’artista intende fornire un punto di osservazione che consenta di mettere in discussione la natura delle relazioni di potere.
La serie Holy Encounter si propone di creare valori e concetti comuni ed esprime la possibilità di sviluppare un punto di vista eguale su religioni diverse. Dopo lo straordinario successo di “Momentum of Memory” (la prima personale di Ahmet Günestekin in Italia, considerata dallo stesso Massimiliano Gioni come una delle dieci mostre imperdibili nell’ultima Biennale), il progetto attuale dell’artista dà voce alla degenderizzazione e all’anima mistica del suo paese, portando alla luce racconti leggendari e storie che attraversano i confini geografici, dimostrando una matrice comune alle diverse culture.

 

Torino

 

LA BIBLIOTECA REALE DI TORINO OMAGGIA ANTONIO CANOVA – Il percorso espositivo, visitabile fino al 9 agosto, propone al pubblico un nucleo di opere di Antonio Canova, uno dei massimi esponenti del Neoclassicismo, presentando per la prima volta i 5 disegni dell’artista veneto acquisiti da Carlo Alberto nel 1845 insieme a disegni, sculture e dipinti provenienti dal Museo civico di Bassano del Grappa, dalla Galleria d’Arte Moderna di Torino e da una collezione privata. La riflessione estetica canoviana schiude per altro una cifra stilistica di cui si nutrono gli apparati definiti per il salone della Biblioteca Reale dal bolognese Pelagio Palagi, artefice del rinnovamento decorativo delle residenze sabaude. Si aggiunge così un ulteriore tassello al progetto di valorizzazione delle collezioni della Biblioteca, con una particolare attenzione al suo eccezionale corpus, noto principalmente per la presenza dei fogli leonardeschi, ma al contempo depositario di un ampio repertorio di testimonianze storico-artistiche. Accanto agli ordinari compiti di consultazione del patrimonio librario, la Biblioteca offre preziose occasioni di conoscenza che, oltre a esaltare le collezioni del Polo Reale, ne celebrano il patrimonio attraverso le interazioni stabilite nel tempo con i luoghi e gli ambienti dell’elaborazione artistica e culturale, sullo sfondo della committenza e del gusto di Casa Savoia.

 

TAMARA DE LEMPICKA – La mostra dedicata all’artista polacca – a Torino in Palazzo Chiablese fino al 30 agosto, e successivamente a Budapest all’Hungarian National Gallery – presenta circa 100 opere in un percorso tematico di sei sezioni (I mondi di Tamara; Natura morta; Devozione; Ritratti; Nudo; Moda) che permetterà al pubblico di conoscere nuovi aspetti della vita e dei lavori della famosissima artista, le cui opere sono icone universalmente riconosciute. La prima sezione racconta la sua realtà di artista vissuta tra due mondi, l’Europa e l’America, esplorata in un percorso che presenta le sue case e i quadri ispirati ai loro interni. Il primo genere cui si dedicò la Lempicka è quello della natura morta: la seconda sezione documenta questo suo interesse a partire dagli anni giovanili fino agli Cinquanta; un’attenzione particolare è riservata ad alcune opere che presentano strette connessioni con le contemporanee fotografie di Freund, Kertész, Kollar e Maar. Donna dalla natura ambivalente, a una condotta trasgressiva fa coincidere un interesse insospettabile per la pittura “devozionale”, genere a cui è dedicata la terza sezione. La quarta sezione è incentrata sulla tipologia che le procurò maggiore successo: la ritrattistica. Per la prima volta si esporranno anche alcune sue fonti pittoriche (per esempio un acquerello di Hayez), a confronto con studi dell’artista che rivelano la sua passione per l’arte antica. Tre aspetti vengono analizzati in particolare: i ritratti dedicati alle “amazones”, ovvero le amiche lesbiche, messi a confronto con fotografie di Brassai; quelli dedicati all’amica Ira Perrot, uno dei quali (il Ritratto d’Ira Perrot con calle) viene riproposto in un allestimento fatto a New York nel 1933, grazie alla documentazione recentemente rinvenuta dalla curatrice della mostra; e infine i ritratti dedicati ai bambini, in particolare alla figlia Kizette. La sezione dedicata al nudo si sviluppa attraverso l’esposizione di un antecedente antico (una tavola di metà Cinquecento di cerchia fiorentina) a cui la Lempicka ha fatto riferimento, che dà origine a una serie di spettacolari dipinti. In questa sezione sono compresi una cospicua serie di disegni e confronti con fotografie di Albin-Guillot e Brassai che rendono evidente la ricerca della Lempicka sull’illuminazione e gli scorci da studio fotografico. L’ultima sezione racconta il continuo rapporto della Lempicka con il mondo della moda. Vi si troveranno quindi le sue illustrazioni per riviste databili al 1921, disegni, dipinti e fotografie dell’artista, scattate dai massimi fotografi di moda dell’epoca 1930-1950, da d’Ora a Joffé a Maywald. Due rari filmati degli anni Trenta faranno muovere e rivivere l’artista negli spazi della mostra.

 
Firenze

 

DALI’ MEETS DANTE – In occasione del 750° anniversario dalla nascita di Dante Alighieri, La Fondazione Ambrosiana rende omaggio alla sua città natale, Firenze, esponendo la Divina Commedia illustrata da Salvador Dalí fino al 27 settembre a Palazzo Medici Riccardi.
L’esposizione si focalizza su una serie di 100 illustrazioni che Dalí ha creato traendo ispirazione dal poema epico di Dante, La Divina Commedia. Dalí illustra il viaggio di Dante attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso reinterpretandolo con sguardo psicoanalitico. Egli riesce a mantenere la sognante atmosfera Dantesca aggiungendo però il suo tocco personale attraverso i suoi simboli caratteristici: figure molli , stampelle e ossa volanti. Il soprannaturale si miscela con un’esplorazione audace della spiritualità andando a creare una versione unica della Divina Commedia.

 

PIERO DI COSIMO “PITTORE FIORENTINO ECCENTRICO TRA RINASCIMENTO E MANIERA” – La mostra fiorentina – aperta fino al 27 settembre alla Galleria degli Uffizi – ricostruisce il percorso artistico di Piero di Cosimo, a partire dalla formazione nella bottega di Cosimo Rosselli – maestro dal quale derivò fra l’altro il nome con cui divenne noto – seppure il suo vero nome fosse Piero di Lorenzo. Gli incontri determinanti con l’arte di Leonardo da Vinci e dei pittori fiamminghi, stimolarono nel maestro la capacità di osservare la natura e la realtà circostante con incantata meraviglia, trasportandone di volta in volta frammenti nei dipinti di soggetto sacro, dove si arricchiscono di significati simbolici. Ma seguire le opere di Piero di Cosimo vuol dire anche addentrarsi nella storia fiorentina del Rinascimento, dall’età Laurenziana. Le opere di Piero di Cosimo ci introducono infatti anche al mondo colto e raffinato dei suoi committenti, i Del Pugliese, gli Strozzi, i Vespucci, che commissionarono cicli pittorici di tema mitologico per le loro dimore, nei quali il pittore raggiunge i vertici più alti nell’abilità narrativa, nella ricchezza dei dettagli, nella varietà di figure, costumi, scenari che fanno appena intuire quale dovesse essere la meraviglia degli apparati per sfilate e delle scenografie ideati dal maestro e descritti nella sua vita da Giorgio Vasari. Il processo creativo del maestro è documentato dai rari disegni di sua mano, presenti solo nella mostra di Firenze poiché ragioni di conservazione non consentivano un periodo di esposizione superiore ai due, tre mesi.
Pittore solitario, al limite della misantropia, secondo quanto racconta il suo principale biografo Giorgio Vasari, anticonvenzionale, incolto nel suo aspetto, eccentrico – per usare un’espressione cara a Federico Zeri – Piero mostra affinità con Leonardo da Vinci per l’interesse verso la natura e la raffigurazione degli stati d’animo, come attesta, fra gli altri, l’intensità dei volti ridenti delle figure nel dipinto Madonna col Bambino e angeli della Fondazione Cini di Venezia. Come Leonardo fu uno sperimentatore e questa, in un momento che segna il passaggio dalla tradizionale pittura a tempera ad uovo a quella della pittura a olio, può essere la ragione per cui diversi suoi dipinti risultano danneggiati.

 
Roma

 

SIMON MA “BEYOND ART WITH LOVE” – Fino 23 agosto 2015 si svolgerà al MACRO Testaccio – La Pelanda la mostra dell’artista cinese Simon MaBeyond Art with Love”. Simon Ma è uno dei maggiori interpreti della nuova arte cinese, il quale, per la prima volta a Roma, proporrà la sua personale interpretazione del tema dell’amore con una serie di installazioni site specific. Per Ma il tema dell’amore è da intendere nell’accezione dell’ “amore incondizionato” che parte dall’opera ed arriva al pubblico tramite gli elementi primari dell’acqua, aria, terra e di quello spirituale della benevolenza. Estremamente significativo per l’artista è l’utilizzo dell’acqua, sia come elemento iconografico sia per metafora del suo stesso fare arte e dell’incontro di questa con la natura. L’elemento acqua del resto è la fonte primaria per il nutrimento di tutte le creature viventi, espressione naturale di purezza e bontà, e quindi invito ad amare oltre che strumento per la diffusione di gioia e felicità. Simon Ma, che si definisce artista ‘crossover’, nel suo lavoro fonde influenze orientali e occidentali, e l’utilizzo di materiali, forme e tecniche estremamente eterogenee. L’opera d’arte per Ma rappresenta molto di più del mero oggetto fisico, per diventare qualcosa in grado di creare una serie di reazioni a catena nelle persone, influenzando anche l’ambiente circostante e gli atteggiamenti sociali. Le opere in mostra comprendono la serie “Dancing Water Drops”, dipinti, sculture, installazioni e le opere di video arte “Danza” e “Armonia”.

 

Napoli

 

IL CIBO IN SCENA: BANCHETTI E CUCCAGNE A NAPOLI IN ETÀ MODERNA – Tra gli elementi costitutivi della festa il cibo ha sempre ricoperto un ruolo fondamentale. Se per la nobiltà venivano predisposti sontuosi banchetti e rinfreschi nelle sale di Palazzo Reale e nelle dimore aristocratiche della città, per il popolo si allestivano cuccagne sempre più elaborate, progettate dagli architetti, costruzioni effimere che alternavano cibi veri con cibi finti per saziare con l’immaginazione la fame della gente, provocando spesso incidenti tra la folla che le assaltava per saccheggiarle. Attraverso le raccolte della Biblioteca Nazionale sarà possibile seguire un percorso bibliografico ed iconografico che alterna la raffigurazione dei banchetti a quella delle cuccagne con rare testimonianze manoscritte e a stampa che abbracciano il periodo che va dal viceregno spagnolo al regno dei Borboni (secoli XVI-XVIII).

 

Milano

 

BRERA IN CONTEMPORANEO – Il primo progetto espositivo che unisce tutte le istituzioni del Palazzo di Brera in un unico percorso tra arte antica e contemporanea. L’Accademia di Brera, in occasione di Expo 2015, si fa capofila di un grande progetto espositivo che apre per la prima volta al grande pubblico fino al 27 settembre tutti i luoghi del Palazzo di Brera, anche i più nascosti e poco conosciuti.
L’arte moderna e contemporanea è protagonista di due mostre che animano tutti gli spazi del complesso architettonico, accompagnando i visitatori in un inedito percorso che svela il patrimonio di uno dei più prestigiosi e affascinanti palazzi storici italiani.
Due le iniziative realizzate in collaborazione con Zerynthia – Associazione per l’arte contemporanea:
“Fabro, Garutti, Kounellis, Paolini” (Pinacoteca di Brera, 10 luglio/27 Settembre 2015). “Accademia aperta” con apertura di aule e laboratori, e le iniziative espositive “Ai confini del quadro. Brera anni sessanta-settanta” in Sala Napoleonica e “Bagnoli, Curran, Lim, Pistoletto, Richter. Installazioni nel Palazzo di Brera” (28 Luglio/13 Settembre 2015).
L’idea essenziale di Brera in Contemporaneo è quella di ripresentare il processo avviato da Russoli negli anni ‘70 di ripensare un museo, oggi, attraverso “l’opera e le opere” di artisti contemporanei storicamente legati al Palazzo. Non si tratta, dunq e, dell’ennesimo tentativo di far dialogare antico e contemporaneo ma di dare pe so ed equilibrio a una presenza simultanea, nelle sale della Pinacoteca, di opere antiche e contemporanee. Si tratta di un contemporaneo ripensamento degli spazi espositivi e, al contempo, dei rapporti e delle relazioni tra capolavori quali, tra gli altri, lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, la Crocefissione di Bramantino, Il ritrovamento del corpo di San Marco di Tintoretto, gli affreschi di Bernardino Luini nella Cappella di San Giuseppe e le opere di Luciano Fabro, Alberto Garutti, Jannis Kounellis e Giulio Paolini.

Mantova

ARTE E FOLLIA. ANTONIO LIGABUE, PIETRO GHIZZARDI – Ampiamente annunciato dalla stampa internazionale, il Labirinto di Franco Maria Ricci a Fontanellato ha aperto al pubblico per la prima volta presentando la mostra “Arte e Follia. Antonio Ligabue, Pietro Ghizzardi” curata da Vittorio Sgarbi. Il percorso si compone di 30 capolavori di Antonio Ligabue e 50 di Pietro Ghizzardi, di cui 9 inediti. L’iniziativa rappresenta, per i milioni di visitatori di provenienza internazionale in arrivo per Expo, l’occasione di godere dell’opera di due straordinari protagonisti dell’arte della seconda metà del XX secolo, messi a confronto per individuarne le caratteristiche peculiari.
Ecco dunque Ligabue e Ghizzardi che raccontano insieme se stessi e la loro vicenda individuale, illustrano il loro personalissimo mondo creativo, unici nel loro genere, contemporanei nel limite ristretto di una topografia padana di pianura inventata e riscritta dal lavoro dell’uomo. Entrambi hanno conosciuto la marginalità sociale, le difficoltà dell’esclusione e della povertà, la modestia di una formazione e di un bagaglio culturale che li obbligava a cercare in se stessi i motivi per un’iconografia che ricostruisse il loro mondo fantastico, permettesse loro di comunicare con gli altri e raccontare le emozioni più profonde ed autentiche. Entrambi hanno quindi creato un linguaggio artistico assolutamente personale, al di là ed al di fuori di scuole, maestri e modelli: una affabulazione delle metafore della loro esistenza, dei loro sogni e dei loro desideri. Entrambi hanno raggiunto vette di altissimo livello, maestri geniali dell’arte del XX secolo. Fra gli inediti di Pietro Ghizzardi, Cesira del 1968; Romantica del 1961; Clarissa del 1970.

 

16 luglio 2015

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