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Il mondo raccontato attraverso l’obiettivo di Beatrice Mancini

Beatrice Mancini è una fotografa a 360°, specializzata in servizi di reportage e ritratti. La sua unica passione, raccontare...

“È il mio modo di essere e di comunicare”. L’autrice spiega cosa significa per lei la fotografia

 

MILANO – Ogni momento è buono per immortalare in uno scatto un istante della realtà. Beatrice Mancini è una fotografa a 360°, specializzata in servizi di reportage e ritratti. La sua unica passione, raccontare. E per farlo usa una macchina fotografica. Specializzata in Archeologia medievale, un master in Comunicazione e uno in Photography and visual design, una vita che spazia tra Milano e Padova, di cui è originaria. Finalista del "Premio Amilcare Ponchielli 2012", vincitrice del primo premio "Portfolio Italia 2011" e seconda classificata per il premio "Rovereto Immagine 2011", Beatrice Mancini ha partecipato a Milano a due mostre collettive: "Prima visione 2011 – I fotografi e Milano", alla Galleria Bel Vedere; e "Volontariamente", a Casa Ildefonso Schuster. 

 

Come nasce la sua passione per la fotografia?
La mia passione è sempre stata quella di poter raccontare. Sono di formazione classica e ho svolto per alcuni anni l’attività di archeologa medievalista. Ecco se fossi nata in quell’epoca storica probabilmente sarei stata una "cantastorie". Ma come donna sarei stata etichettata più come strega che come narratrice. Sono nata in un’epoca per alcuni aspetti molto fortunata perché la possibilità di "cantare" al mondo è amplificata da media impensabili anche solo 100 anni fa. La fotografia è un linguaggio che non ha bisogno di traduzioni e permette a chiunque di "leggervi" dentro quello che la sua esperienza e la sua sensibilità gli suggeriscono. E’ libera dal vincolo dell’autore. Nel momento in cui io scatto l’immagine sento qualcosa. Ma nel momento in cui quella foto verrà letta da altri occhi ognuno potrà sentire cose nuove e diverse dalle mie. Trovo questo davvero bellissimo.

 

Come è cambiato negli anni il suo approccio alla fotografia?
L’approccio alla fotografia cambia ogni giorno. E’ il mio modo di essere e di comunicare e quindi risente del mio umore, delle mie esperienze, delle contaminazioni che provengono dal mio relazionarmi con il mondo.
 
Cosa ha la fotografia di unico rispetto ad altre arti figurative?
Ogni arte ha in sé la sua peculiarità. La fotografia è forse la più ingannevole delle arti perché l’unica che attinge ad un dato apparentemente oggettivo quale è la realtà. Le altre arti sono più oneste intellettualmente. La fotografia si veste del manto della verità quando in realtà l’occhio del fotografo sceglie nel momento esatto in cui scatta. Con questo non voglio dire che la fotografia menta. Ma di sicuro interpreta. La si scambia per uno strumento oggettivo, quando invece è semplicemente il mezzo espressivo di una soggettività. 

 

Secondo lei l’arte della fotografia è abbastanza valorizzata in Italia?
In Italia una tradizione culturale molto ricca ha sempre rallentato la spinta di arti più innovative come ad esempio la fotografia. Questo a mio avviso è abbastanza comprensibile in una terra che è stata culla e poi figlia del Rinascimento. Ma penalizza chi in questo paese vuole fare della fotografia un’arte comunicativa di innovazione.
 
A quali sue mostre è più affezionata?
Sicuramente ad "I love Camping – apologia dello stanziale", una mostra itinerante nata in seguito all’assegnazione nel 2011 del Premio "Portfolio Italia" con Paola Fiorini, con la quale abbiamo realizzato un lavoro a quattro mani che dimostra come anche nella fotografia come nella vita, la collaborazione porta a risultati che non sono la semplice somma di due idee ma qualcosa in più. Qualcosa di magico.
 

6 settembre 2012

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