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”Il funerale di Neruda”, lo spettacolo teatrale di Luìs Sepulveda dedicato al poeta cileno in scena a Dedica

Il 23 settembre 1973, a pochi giorni di distanza dal golpe di Pinochet e dalla tragica morte del presidente Allende, moriva il poeta cileno Pablo Neruda. Il funerale di Neruda di Renzo Sicco e Luìs Sepulveda, presentato a Pordenone nell'ambito delle manifestazioni di Dedica...

PORDENONE – Il 23 settembre 1973, a pochi giorni di distanza dal golpe di Pinochet e dalla tragica morte del presidente Allende, moriva il poeta cileno Pablo Neruda. Il funerale di Neruda di Renzo Sicco e Luìs Sepulveda, presentato a Pordenone nell’ambito delle manifestazioni di Dedica giovedi 12 marzo, è un grande omaggio al poeta, al  Cile e insieme atto di denuncia intensa e vibrante contro tutte le dittature del mondo.

 

LE ORIGINI DELLO SPETTACOLO – La collaborazione tra Sicco e Sepulveda, racconta il regista di Assemblea Teatro prima dello spettacolo, ha origini lontane e parte da un idea dello scrittore cileno di scrivere “ assieme  ” una sceneggiatura in memoria di Che Guevara . Poi però l’urgenza delle emozioni legate alla decadenza di Villa Grimaldi, il luogo delle torture del regime di Pinochet , e la richiesta da parte delle donne sopravvissute di avere una loro voce ha spinto ad un idea diversa. Nel 2000 Assemblea Teatro in tournée in Sud America realizzò infatti lo spettacolo Più di mille giovedì presso il nascente Museo della Memoria di Villa Grimaldi: l’impatto prodotto da tale avvenimento fece nascere  l’idea di costruire uno spazio teatrale, che ha invitato Assemblea Teatro a ritornare.  Fu allora che Sepulveda e Sicco concepirono il “Funerale di Neruda”, simbolica manifestazione di resistenza al golpe militare, attraverso la riflessione sulla forza della parola.

 

IL CORTEO CHE DIVENTA MANIFESTAZIONE CONTRO IL GOLPE – In scena, in mezzo alla devastazione, nella sua casa fatta a pezzi a colpi d’ascia, giace Neruda, morto di pena. La sua morte non bastava, poiché Neruda è un uomo simbolo e i militari  devono distruggere anche le cose: hanno ridotto in frantumi il suo letto, la sua tavola, le finestre colorate; hanno sventrato il materasso e hanno bruciato i libri, hanno spaccato le sue lampade e le sue bottiglie, i suoi vasi, i suoi quadri, le sue conchiglie.
Dalla sua casa rasa al suolo, inondata d’acqua e di fango   – raccontano sul palcoscenico la moglie e la sorella – il poeta parte per il cimitero. Lo scorta un piccolo corteo di amici intimi, capeggiati da Matilde Urrutia, ma, a  ogni nuovo isolato, il corteo cresce. A tutti gli incroci si aggiungono persone che si mettono a camminare nonostante i camion militari irti di mitragliatrici e i carabineros e i soldati che vanno e vengono, su motociclette e autoblinde,, Da dietro qualche finestra, una mano saluta. Dall’alto di qualche balcone, sventola un fazzoletto. Sono passati dodici giorni dal colpo di Stato e  per la prima volta si ode il canto dell ’Internazionale in Cile, tra mormorii e singhiozzi. Poi il corteo diventa processione e la processione diventa manifestazione e il popolo, che cammina contro la paura, comincia a cantare per le strade di Santiago a perdifiato, a voce piena, per accompagnare come si deve Neruda, il poeta nell’ultimo viaggio. Lo spettacolo si sviluppa, come una veglia senza tempo che attraversa la vita del Cile prima e dopo il Golpe dell’11 settembre. La bara del poeta, grigia secondo la sua volontà, come le sue case, è architettura di fantasia, trionfo di allegria e resistenza.

 

LE CASE, LUOGHI  DELLA MEMORIA DEL POETA – Il poeta cileno Pablo Neruda ha lasciato un’opera bizzarra e affascinante scritta non solo con le parole, ma anche con gli oggetti e con le case che ha costruito. Scrisse con il legno, il cemento ed i chiodi, tutti oggetti in scena. Quattro case sono in Cile, costruite da lui stesso, arredate utilizzando materiale di riporto raccolto nei luoghi più disparati del mondo. L’interesse per gli oggetti bizzarri lo portò a diventare collezionista di serie intere di oggetti, che poi troviamo nelle sue poesie:  figlio di un ferroviere, ebbe chiaro nelle sue poesie che il ferroviere somigliasse al marinaio. Forse il gran numero di case rispondeva all’idea della stazione e del porto dove rifugiarsi, riposare e ripartire. Ma dopo l’ 11 settembre anche le case del poeta vennero assalite dalla violenza militare: la Chascona fu saccheggiata e allagata, a Sebastiana fu ridotta in pezzi all’indomani del golpe, la Isla Negra devastata.  Fu questo poeta- ricorda la voce narrante in scena – che costruiva immagini con parole e con materiale da costruzione-  a consegnare al giovane Sepulveda la prima tessera di comunista e soprattutto a trasmettergli la dimensione leggera del sogno e l’orgoglio del Sudamerica.

 

Alessandra Pavan

 

13 marzo 2015

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