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Boris Mikhailov, il fotografo “ribelle” in mostra a Napoli

La ricerca della verità umana nelle pieghe del reale, in una galleria di ritratti e autoritratti del fotografo ucraino

MILANO – Il Museo Madre di Napoli ospita fino al 1 febbraio 2016 la mostra “Boris Mikhailov, io non sono io” a cura di Andrea Viliani e Eugenio Viola, in collaborazione con Incontri Internazionali d’Arte e Polo museale della Campania/Villa Pignatelli-Casa della fotografia. Si tratta della prima esposizione dedicata da un’istituzione pubblica italiana all’artista ucraino, uno dei più autorevoli fotografi contemporanei.

 

Boris Mikhailov, By the Ground, 1991. Courtesy l’artista; Guido Costa Projects, Torino; Sprovieri Gallery, London

 

 

LA MOSTRA – La mostra, in cui sono esposte 150 opere, approfondisce in particolare il tema del ritratto e dell’autoritratto, attraverso diverse serie fotografiche fra cui I Am Not I del 1992 (che dà il titolo alla mostra), Yesterday Sandwich (1972-75), Salt Lake (1986), By the Ground (1991), Football (2000), Superimpositions from the 60/70s e The Wedding (2005). Gli scatti di Mikhailov raccontano la storia di un uomo e di un paese che hanno affrontato il regime sovietico e la sua disintegrazione, e riecheggiano i toni della grande arte europea, primi tra tutti quelli della pittura barocca: rimando che, nell’ultima sala della mostra, prende corpo nell’accostamento fra il trittico fotografico The Wedding e il trittico ideale formato dalle due tele del pittore spagnolo Jusepe de Ribera raffiguranti San Paolo Eremita (1638 ca.) e Santa Maria Egiziaca (1651, dalla Collezione Museo Civico Gaetano Filangeri, Napoli) con, al centro, un autoritratto dell’artista, Self-Portrait (2014) appositamente realizzato per la mostra.

 

“UN CORPO SENZA CENSURA” – Spesso è protagonista il corpo, rappresentato senza censure nella sua dolente fragilità, come nella serie che dà il titolo alla mostra, I Am Not I (1992), in cui l’artista si mette in scena in un’esilarante sequenza di azioni al contempo classiche e beffarde: immagini che fecero scandalo quando furono originariamente esposte, determinando la chiusura della mostra da parte della polizia sovietica ma che, nella loro poetica ironia e nella loro radicale sincerità, restituiscono l’autoritratto (tema ricorrente nella pratica dell’artista) di un individuo che, pur relegato ai margini, trova proprio nell’espressione artistica la sua surreale, straniante liberazione.

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