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Paolo Perazzolo, ”Una proposta editoriale di qualità esiste ancora: bisogna imparare a scovarla”

Nonostante abbia maggiore visibilità una letteratura di intrattenimento, ci sono libri e autori di valore, che domani diventeranno dei classici: bisogna ascoltare i propri critici di fiducia e formarsi attraverso la ricerca propri criteri di scelta per scoprirli. Ad affermarlo è Paolo Perazzolo, capo servizio cultura e spettacoli di Famiglia Cristiana...

Il capo servizio cultura e spettacoli di Famiglia cristiana racconta della sua passione per i libri e dà alcuni consigli di lettura

 

MILANO – Nonostante abbia maggiore visibilità una letteratura di intrattenimento, ci sono libri e autori di valore, che domani diventeranno dei classici: bisogna ascoltare i propri critici di fiducia e formarsi attraverso la ricerca propri criteri di scelta per scoprirli. Ad affermarlo è Paolo Perazzolo, capo servizio cultura e spettacoli di Famiglia Cristiana, che si occupa di libri e cultura anche sul suo sito. Il giornalista parla dei suoi gusti letterari e dà un giudizio sul panorama editoriale di oggi.

 

Come nasce la sua passione per i libri? Quali sono i generi letterari, i libri e gli autori che preferisce?

La passione per i libri non mi è stata trasmessa dai genitori, in famiglia non si praticava la lettura e io ho trascorso la mia infanzia giocando all’aria aperta. Ho iniziato a leggere alle medie, ma non so quale sia la ragione che ha fatto scattare questo desiderio: ho cominciato a praticare la lettura e ho scoperto che mi divertiva. Quanto ai miei gusti letterari, mi piacciono i libri “tosti”, non mi lascio spaventare dalla mole. Nella storia ci devono essere relazioni importanti tra i personaggi che mettano in gioco la loro vita, sentimenti, sfide morali e anche una componente d’azione, d’avventura. Amo il genera drammatico. Su tutti prediligo Dostoevskij, il romanzo francese dell’Ottocento e la narrativa italiana del Novecento – da Pirandello a Svevo.

 

Come giudica il panorama letterario italiano di oggi? Le proposte editoriali sanno incontrare le esigenze e i bisogni del pubblico? Ci sono autori di particolare interesse tra i giovani scrittori italiani?

Nell’editoria siamo vittime di un equivoco: l’idea che per allargare il pubblico dei lettori si debba fare letteratura popolare. Ora, su questo concetto di popolare bisogna intendersi, perché se da un lato ha una valenza positiva – “popolare” significa “per tutti”, qualcosa in grado di interessare un pubblico più vasto –, dall’altro mi sembra che venga oggi declinato soprattutto come abbassamento della qualità, cercando magari di andare a toccare corde un po’ pruriginose, come nel caso delle “Cinquanta sfumature”. Mi sembra sorprendente che non si faccia un ragionamento a riguardo, perché nonostante si battano queste strade il bacino dei lettori di fatto non cresce. Lo stesso discorso vale per le testate giornalistiche. Forse allora la domanda da porsi è proprio se la crisi non nasca da un deficit di qualità. Una volta constato che siamo irretiti da questo equivoco, da cui al momento non vedo una via d’uscita, bisogna però aggiungere che non è venuta del tutto meno un’offerta editoriale di valore: è solo più nascosta, perché oscurata da libri che hanno più risonanza, quelli presenti nelle classifiche delle vendite, che non sempre sono i più belli, quelli che domani diventeranno dei classici. Per scovare questi ultimi bisogna fare un po’ più d’attenzione, trovare magari un critico o un giornalista di cui ci si fida e seguire i suoi consigli. La classifica e anche certi servizi giornalistici un po’ più “alla moda” non sempre rispecchiano la qualità, che è poi quella che fa nascere la passione e porta a ripetere l’esperienza della lettura. Quanto ai giovani ce ne sono molti, fin troppi – adesso c’è la moda degli esordienti: uno molto bravo, che è già affermato ma ci riserverà ancora belle sorprese, è Andrea Bajani; uno che ha talento ma non ha ancora scritto il suo romanzo migliore è Christian Frascella; ci sono poi Valeria Parrella, che deve anche lei tirare ancora fuori il suo meglio, Laura Pugno, di cui è uscito un mese fa “La caccia”, e Paolo Di Paolo, altro scrittore promettente, anche se “Dove eravate tutti” aveva degli spunti molto buoni ma è un po’ rimasto incompiuto. Uno da cui mi aspettavo di più era Christian Raimo, che dopo una serie di raccolte di racconti ha pubblicato “Il peso della grazia”, un romanzo che per i temi trattati, se fossero stati svolti come dovuto, avrebbe potuto rappresentare un riferimento importante per le generazioni future.

 

L’impressione che si ha guardando all’attuale proposta editoriale è che prevalga una letteratura d’intrattenimento e svago e che sia venuto meno l’impegno di guida civile del letterato. E’ davvero così o ci sono autori che sanno interpretare questo ruolo?

La letteratura di intrattenimento è sicuramente preponderante: gli editori sono sempre più sensibili a questi romanzi, nella speranza di trovare il testo che “faccia fare i soldi”. C’è indubbiamente una caccia al lettore condotta con tutte le armi, non sempre lecite, ma non è vero che sia venuto meno l’impegno del letterato. La letteratura è fatta di tanti fiumi che corrono ciascuno nella sua direzione: accanto a libri non memorabili, ce ne sono altri in cui c’è un forte impegno morale e civile, e gli autori che citavo prima – Paolo Di Paolo, Valeria Parrella e in particolare il suo “Lettera di dimissioni” – ne sono un esempio. Se andiamo poi su autori meno giovani, Vassalli non ha mai smesso di prendere di petto i nodi irrisolti della società italiana: anche nell’ultimo libro, “Comprare il sole”, affronta grandi questioni etiche – certo non in modo grossolanamente esplicito, ma attraverso le forme della letteratura, la parabola, la metafora, i simboli. Un altro mostro sacro in questo senso è Dacia Maraini.

 

Quali letture consiglierebbe ai suoi lettori, e in particolare ai giovani? A quali strumenti e criteri bisogna affidarsi nello scegliere le proprie letture?

Ultimamente ho letto un libro che consiglierei assolutamente, di cui tra l’altro sulle pagine dei giornali non si è occupato quasi nessuno, “Maledetto Dostoevskij” di Atiq Rahimi, autore afghano che nel 2008 aveva vinto il Premio Goncourt con “Pietra di pazienza”. Si tratta di un romanzo strepitoso: a livello di questioni etiche vale più di un trattato di filosofia morale, e poi ha anche una trama avvincente, è interessante, appassionante. Questo è sicuramente un libro che ti fa tornare la voglia di leggere. Quanto alla scelta, “de gustibus non est disputandum”: ognuno ha i suoi. Io leggo sempre nei risvolti di copertina la trama, e se tocca temi, personaggi, intrecci che non corrispondono alla mia sensibilità abbandono il libro. Poi bisogna fare attenzione a chi è l’autore: se non lo conosco cerco qualche informazione in più su di lui o lei per capire se possa interessarmi. C’è poi un grandissimo bisogno di critica, soprattutto nell’epoca di internet, visto che molte delle recensioni che circolano in rete sono false. Sui giornali scrivono critici seri e competenti: ognuno deve trovare quelli di cui si può fidare, come dicevo prima. Il vero giudice comunque resta il lettore: è solo lui che può decidere cosa gli piace e cosa no e formarsi un suo bagaglio di criteri cui affidarsi per la scelta.

 

25 ottobre 2012

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