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Andrea Kerbaker, ”La cultura è l’anima di un Paese. I politici di oggi non sembrano averlo capito”

''Assente non giustificata: nel vivace dibattito sulle elezioni regionali, la cultura non c'è.'' E' quanto affermato sull’editoriale del Corriere Milano di oggi da parte di Andrea Kerbaker...

Il docente di Istituzioni e Politiche Culturali all’Università Cattolica del Sacro analizza il disinteresse dell’attuale classe politica nei confronti della cultura

 

MILANO – “Assente non giustificata: nel vivace dibattito sulle elezioni regionali, la cultura non c’è.” E’ quanto affermato nell’editoriale del Corriere della Sera Ed. Milano di oggi da parte di Andrea Kerbaker. Docente di Istituzioni e Politiche Culturali all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Kerbaker spiega l’importanza storica della cultura per lo sviluppo di un territorio come quello lombardo, analizzando il disinteresse dell’attuale classe politica nei confronti di questo tema.

Quale ruolo ha la cultura in una regione come la Lombardia?
La cultura è l’anima di un Paese. La Lombardia non fa eccezione; essa ha una vocazione di tipo imprenditoriale molto forte, che si è anche manifestata recentemente con una forte tradizione di accoglienza. Se ci vuole una politica culturale, io credo che si debba partire dal considerare questo legame forte tra la cultura lombarda ed il suo tessuto imprenditoriale. Pensiamo all’industria editoriale, che solo a Milano vede più del 50% della produzione libraria nazionale. Montale viene da Genova per lavorare al Corriere della Sera, Umberto Eco viene da Alessandria per poter lavorare alla Bompiani. Pensiamo al design, che ha dato vita ad attività economicamente rilevanti che hanno saputo coinvolgere personaggi come Gio Ponti e Magistretti, attraendo personalità e talenti anche dall’estero. La Lombardia, come l’Italia, è diventata grande per la capacità di legarsi ad un design di grande livello, che ha cambiato il volto delle case. Questa è stata un’operazione culturale a tutti gli effetti. L’Expo dovrebbe appunto essere il riassunto di tutto questo. Speriamo che lo sia. Per ora, di cultura si è parlato poco anche in questo senso.
La cultura imprenditoriale Lombarda è impregnata di cultura. Basti pensare all’origine del Pirellone; Pirelli, grande azienda lombarda, costruisce un grattacielo che diventa addirittura il simbolo della Regione, che ne indica l’identità ed è stata realizzata da un privato. Le imprese capiscono bene l’importanza della cultura, sorprende un po’ vedere questa assenza della cultura dal dibattito politico, anche nazionale. Capisco che pochi votino in base a questo, ma ritengo che l’opinione pubblica vada comunque formata.

Da cosa dipende questo disinteresse dei candidati politici nei confronti della cultura?
Credo che dipenda da due aspetti speculari: da un lato la nostra classe politica è modesta e non culturalmente molto elevata, dall’altro è vero che la maggioranza della popolazione non sembra interessata ad ascoltare discorsi su questo tema. Capisco che le priorità oggi siano diverse, su tutte quella economica e morale. Non credo che la cultura debba diventare il centro del discorso, ma ritengo quanto meno che essa sia un aspetto non secondario. Alla fine la cultura, soprattutto in Lombardia, è legata ad un tessuto imprenditoriale non banale. Le difficoltà emerse di recente da parte di alcune librerie milanesi rappresentano un fenomeno rilevante a livello nazionale. Credo che una Regione debba occuparsi anche di questo, e che si debbano mettere in piedi politiche che sposino anche la vocazione culturale di un territorio.

 

Ritiene ci siano diversità tra l’attuale classe politica e le precedenti?
Ritengo che in passato la politica si occupasse di più di questi temi. Tutto questo probabilmente è dovuto ad uno scadimento generale della politica nel Paese. Attualmente un personaggio della cultura “prestato” alla politica come Giovanni Spadolini non mi pare di vederlo. Oggi c’è forse un distacco da parte degli intellettuali, dalla sfera politica, come avvenuto già per la classe borghese. Ritengo che ci siano una serie di aziende che abbiano capito l’importanza di una cultura di inclusione, fresca. Mi ha colpito non vedere questo tema affrontato, neppure accennato, nelle diverse “agende” e programmi elettorali. Manca un attenzione nei confronti della cultura che in Italia, per tradizione, si è sempre trasformata anche in economia. Fare musei è un investimento, non è una spesa. Questo è chiaro a chi ci deve governare e ai loro consulenti?

 

9 gennaio 2013

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