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Widad Tamimi, ”Nel mio libro racconto le donne, al di là delle culture, nella normalità dei loro sentimenti”

Widad Tamimi è una scrittrice emergente che racchiude in sé tante storie da raccontare. In equilibrio tra le sue origini – il padre è un profugo palestinese fuggito dall'occupazione israeliana del 1967, mentre la madre proviene da una famiglia ebrea emigrata a New York durante la Seconda Guerra Mondiale – , Widad ha scelto di essere cittadina del mondo...
L’autrice emergente Widad Tamimi presenta il suo primo romanzo “Il caffè delle donne” e ci racconta la sua passione per la scrittura, dandoci qualche anticipazione sui suoi prossimi progetti

MILANO – Widad Tamimi è una scrittrice emergente che racchiude in sé tante storie da raccontare. In equilibrio tra le sue origini – il padre è un profugo palestinese fuggito dall’occupazione israeliana del 1967, mentre la madre proviene da una famiglia ebrea emigrata a New York durante la Seconda Guerra Mondiale – , Widad ha scelto di essere cittadina del mondo, raccogliendo le differenze delle culture di cui è figlia e mescolandole con quella del Paese in cui è cresciuta, l’Italia. In quest’intervista l’autrice descrive la sua passione per la letteratura e i suoi prossimi progetti e ci racconta la storia – un po’ autobiografica – di Qamar, la protagonista del suo primo romanzo “Il caffè delle donne”, edito da Mondadori.  

Quale è stato il percorso formativo che l’ha avvicinata alla letteratura e alla passione per la scrittura?
Nessuno, in realtà. Mi sono avvicinata alla scrittura attraverso qualche piccolo concorso letterario, a cui partecipai per gioco. Li vinsi tutti e tre, e la Mondadori mi notò proprio così, alla premiazione di un concorso al Salone del libro di Torino. La scrittura per me è sempre stata una dimensione privata: un mezzo di analisi e sfogo.

 

Come scrittrice ha dei punti di riferimento, degli autori a cui è particolarmente legata e che l’hanno ispirata?
Ci sono pagine di libri che non si scordano mai e che sono punti di riferimento nella vita, più che nella scrittura. Penso ad autori completamente diversi, come Amos Oz, Margaret Mazzantini, Simonetta Agnello Hornby, Michela Murgia, Khaled Hosseini… Ma la mia storia e le mie parole sono nate spontaneamente, senza riuscire a seguire un vero e proprio progetto editoriale. Faccio addirittura fatica a rileggermi.

“Il caffè delle donne” è la sua prima pubblicazione. Ci può raccontare brevemente come ha preso vita e quale è la sua storia?
Il romanzo è nato sulle basi di un racconto breve con cui vinsi un concorso letterario a Modica. Inizialmente scrissi per superare una vicenda personale, come la perdita del figlio che aspettavo. Poi la storia prese una sua strada, e i personaggi si appropriarono di una propria vita. Certo, la storia segue alcuni tratti autobiografici, come le estati nella casa dei miei nonni paterni ad Amman, ma ne rimane allo stesso tempo indipendente.

La protagonista del suo romanzo Qamar è una donna in bilico tra le sue origini e il mondo Occidentale dove è cresciuta. Quanto c’è di autobiografico in questa storia e su quali aspetti dello scontro tra le proprie diverse origini ha voluto porre l’accento?
Non è sullo scontro che ho voluto porre l’accento, ma piuttosto sulla possibilità di un dialogo e di un incontro. Allo stesso tempo, però, questo è un processo complesso, che merita di non essere banalizzato. Per questo la protagonista attraversa più fasi: da bambina idealizza il mondo arabo, da ragazzina ci si scontra e nella vita adulta si riconcilia alle sue origini con una capacità di analisi maggiore, che le permette di leggere la realtà con maggiore obiettività, nel bene e nel male.

Protagoniste indiscusse sono poi le donne. In che modo ha voluto descriverle?
Nella normalità dei loro sentimenti, indipendentemente dal luogo geografico in cui sono cresciute e dalla cultura che guida le loro scelte quotidiane. Ci sono differenze nella descrizione degli ambiti in cui queste donne si muovono, a seconda che si tratti di Italia o Giordania: le donne mediorientali sono un coro di voci che trova conforto nella condivisione, a volte persino eccessiva; quelle occidentali sembrano invece più sole, ma allo stesso tempo sono più emancipate e con maggiore coscienza di sé.

Dopo il successo de “Il caffè delle donne”, ha qualche altra storia nel cassetto? Ci saranno altre pubblicazioni?
Ho altri progetti, che devono però ancora sedimentare. Per ora rimango legata come ad un cordone ombelicale che mi attrae verso il medio oriente, ma mi piacerebbe, prima o poi, approfondire anche questioni più legate al paese dove ora vivo: la Slovenia e l’ex Yugoslavia.

 

25 ottobre 2012

Per gentile consessione della casa editrice Arnaldo Mondadori, proponiamo le prime pagine del libro.

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