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Roberto Napoletano, ”La speranza vera si può costruire con il coraggio della verità”

Roberto Napoletano, direttore del Sole 24 ore, è da poco in libreria con il suo nuovo libro 'Nuovo viaggio in Italia'. Per questo motivo abbiamo deciso di parlare con lui sia del suo ultimo lavoro, sia della situazione del nostro Paese...

Roberto Napoletano, direttore de Il Sole 24 Ore, è da poco in libreria con il suo nuovo libro ‘Nuovo viaggio in Italia’. Per questo motivo abbiamo deciso di parlare con lui sia del suo ultimo lavoro, sia della situazione del nostro Paese 

 

MILANO – Da  ‘Viaggio in Italia‘ a ‘Nuovo viaggio in Italia‘. A un anno di distanza Roberto Napoletano, direttore del Sole 24 Ore, torna in liberia. In questa nuova edizione il Direttore ha compiuto un fantastico viaggio, arricchito da nuove tappe, dal Nord al Sud della Penisola, raccogliendo le testimonianze e le storie di tanti italiani che non si sono arresi e che contribuiscono ogni giorno a costruire il futuro del nostro Paese. Napoletano vuole conoscere e far conoscere le storie dei cittadini italiani perchè è proprio da loro che l’Italia deve ripartire. ‘Un libro di speranza, ma che ha il coraggio di dire la verità. Se si dice, mentendo, che va tutto bene, allora non si trasmette la sfiducia, ma si distrugge la speranza.’ Questo uno dei concetti più importanti espressi dal Direttore. Ecco l’intervista completa. 

 

In seguito dell’uscita di ‘Nuovo viaggio in Italia’, che si inserisce nel percorso aperto da ‘Viaggio in Italia’, le vorrei chiedere dove è nata l’idea di scrivere un libro di questo tipo…

L’idea è nata dalla Domenica del Sole, in cui curo la rubrica ‘Memorandum’, all’interno della quale ospitiamo settimanalmente una lettera di un nostro lettore. Ho deciso che non si può dirigire un giornale se non si trova un pò di tempo, cuore e testa per entrare nelle piazze, nelle scuole e nelle fabbriche per stare a contatto con le persone e per cercare di comprendere a fondo cosa pensino gli italiani, giovani e anziani, in questi giorni successivi di crisi globale. La più lunga crisi finanziaria con cui abbiamo dovuto fare i conti. I danni che questo Paese ha subito sono quelli, mi passi l’espressione, di una Terza Guerra Mondiale persa. Quindi avevo voglia di guardare in faccia le persone, di ascoltarle e ho intrapreso questo viaggio, da Trento a Pantelleria, per entrare in contatto con le persone, raccogliendo le loro speranze, la speranza condivisa che l’Italia possa ripartire. E di speranza ne ho raccolta tanta.

 

Con questo libro lei ha voluto far conoscere agli italiani storie che altrimenti sarebbe rimaste inascoltate, sconosciute. Il suo obiettivo quindi è stato quello di far entrare in empatia gli italiani con queste persone, per cercare di accendere in tutti loro quella fiamma che li spinga a rialzarsi, a ricostruire e a recuperare il tempo perduto. E’ d’accordo?

Si, diciamo che ho una ambizione in più. Ho scritto un libro che poteva scrivere un cronista, che per me resta l’espressione più alta del giornalismo, cercando di costruire un racconto breve, una narrazione che ti prende e che ti spinge a passare sempre al capitolo successivo. Questo è il senso con cui ho concepito questo lavoro ogni domenica e se dovesssi parlare delle testimonianze dirette che mi arrivano tramite lettere, ad esempio, ho scoperto un mondo favoloso di librai indipendenti. Librai che trattano i libri con amore, queste persone ti fanno capire come era la libreria una volta.

 

Deve essere stato un viaggio fantastico in cui è venuto a conoscenza di storie uniche e in cui ha potuto parlare con i nostri giovani, ci sono delle circostanze che le sono rimaste impresse?

Ce ne sono tanti di episodi da raccontare. Se vai dai ragazzi di Merate e vedi che stanno fino a tardi la sera a farti domande e a interessarsi alla situazione del Paese, ti viene da chiederti dove sono i ragazzi stupidi e bamboccioni di cui parlano tutti oggi. Ci sono tanti ragazzi che si interessano al Paese e alle sue dinamiche. Le porto alcuni esempi. Un ragazzo tra quelli mi ha chiesto perchè paghiamo così poco i nostri politici perchè è da una migliore classe politica che deve ripartire la ricostruzione, pensavo di non aver capito, di solito la tendenza è quella contraria. Pochi, forse nessuno si poteva a spettare di avere una testimonianza di questo tipo dal cuore del Paese. La stessa curiosità di quei ragazzi l’ho ritrovata anche al Liceo scientifico Volta di Reggio Calabria, ho conosciuto ragazzi preparati, ecco in questo viaggio ho smentito parecchi stereotipi. Molti giovani mi hanno parlato della crisi finanziaria e mi facevano domande così tecniche a cui io stesso non sapevo rispondere. La nostra sfida di questo ‘Nuovo viaggio in Italia’ è quello di dire a questi ragazzi che facciano un giro per il mondo, ma tornino qui. I ragazzi vanno a vivere e a lavorare dove ritengono di poterlo fare nel migliore dei modi e l’Italia deve ritornare ad essere tutto questo per loro.

 

Infatti ormai passa l’idea che i nostri giovani vogliano fuggire da questo Paese, ma lei è in grado di dirci che ci sono parecchi giovani che vogliono affermarsi qui da noi…

Si, assolutamente. Pensi che un ragazzo, a Saluzzo, mi ha detto che ha quasi la sensazione che tutti vogliano far fuggire i giovani dall’Italia. Questo ragazzo come può avere lo stimolo per rimanere? Mi ha confessato che vuole affermarsi e impegnarsi nel suo Paese. Parlando con il preside di un liceo di Saluzzo, pensavo a come diversi problemi del Mezzogiorno si trovino anche al nord, come il ritardo nelle infrastrutture. Questo è un libro di speranza, ma è anche un libro che dice le cose come stanno, perchè la speranza vera si può costruire con il coraggio della verità. Dicendo le cose come stanno si può costruire una fiducia duratura e una speranza credibile. Se dico , mentendo, che va tutto bene, allora non trasmetterò sfiducia, ma distruggerò la speranza.

 

A proposito di speranza, lei pensa alla città di Milano, culla del nuovo fermento culturale ed economico del Paese, come alla locomotiva della ripresa economica che ancora non c’è, ma di cui si avvertono i primi segnali…

Ecco, Milano è il punto forte di questa nuova edizione. Mi ha colpito molto quello che è successo in seguito alla manifestazione che ha devastato il cuore della città. Due giorni dopo quella guerra cieca, i segni di quella vergognosa battaglia erano già spariti. I volontari non si sono mai fermati. Queso mi ha fatto sentire quasi fisicamente l’orgoglio civile della comunità milanese. Poche ore dopo 20 mila persone hanno sfilato in città al grido di ‘Nessuno tocchi Milano’, una marea di tute colorate erano pronte a pulire lo scempio di quelle nere. Ecco perchè dico che Milano è una speranza civile, non tutte le città avrebbero avuto questa reazione. Quando c’è il Salone del Mobile, Milano ritorna ad essere la capitale mondiale del design e dell’arredo. Dobbiamo essere orgogliosi di tutto ciò. Il sistema milanese contiene tutto per poter ripartire, spero che possa essere ciò che è stata nel Dopoguerra.

 

Che ruolo ha avuto l’Expo nella rinascita di Milano?

Dopo una lunga stagione di decadenza, il mondo ricomincia a considerare Milano come la capitale mondiale della creatività. L’Expo in tutto questo c’entra fino a un certo punto. Per me è importante ciò che si è fatto prima dell’Expo, ma soprattutto cosa si farà dopo. Questo fantastico evento sarà perfettamente riuscito se sarà servito a far nascere quartieri nuovi e far nascere il desiderio di scommettere su Milano. Nel mio libro non tralascio nulla, racconto anche ciò che c’è di negativo a Milano, racconto una realtà che però contiene anche la speranza, nel libro registro la speranza diffusa dei cittadini. Se cambia Milano, cambia l’Italia e quindi bisogna crederci o almeno provarci.

 

I nostri giovani saranno la classe dirigente del futuro, i dati dicono che gli adolescenti d’oggi tralasciano la lettura per passare sempre più tempo con le nuove tecnologie, lei cosa pensa a riguardo?

Penso che ci siano dei casi che bisogna far conoscere perchè possano essere d’esempio per gli altri. Le porto l’esempio di questa ragazza non ancora maggiorenne che si è recata in visita al Palazzo Comunale di Siena e ha scritto al Sole dicendoci che le guide non si rendono nemmeno conto del capitale di cui stanno parlando . Una ragazza con meno di 18 anni che legge il domenicale del Sole 24 Ore cartaceo e che visita con la famiglia il Palazzo Pubblico di Siena e denuncia questa situazione. Ecco, questo non ti può che spingere ad avere speranza. Dobbiamo andare sui mezzi che utilizzano i nativi digitali, parlare ai ragazzi, comunicare con loro e riportarli ad amare la lettura e la cultura.

 

8 agosto 2015

 

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