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Precursore o ciarlatano? La figura di Cesare Lombroso nel nuovo romanzo di Andrea Vitali e Massimo Picozzi

Una ragazza che parla con le galline. Un pluriomicida. Una sensitiva. Un appassionato scienziato di nome Cesare Lombroso. Il lago di Bellano. Questi sono gli ingredienti del nuovo romanzo di Andrea Vitali, “La ruga del cretino” (Garzanti)...

Doppia intervista ad Andrea Vitali e a Massimo Picozzi, gli autori del nuovo romanzo Garzanti, “La ruga del cretino”, incentrato sul personaggio di Cesare Lombroso

 

MILANO – Una ragazza che parla con le galline. Un pluriomicida. Una sensitiva. Un appassionato scienziato di nome Cesare Lombroso. Il lago di Bellano. Questi sono gli ingredienti del nuovo romanzo di Andrea Vitali, “La ruga del  cretino” (Garzanti), scritto in collaborazione con lo psichiatra e criminologo Massimo Picozzi. Un giallo “diluito, più un giallognolo” (parola dell’autore) ambientato alla fine dell’Ottocento, nel quale agli elementi  tipici della narrativa di Vitali si mescolano l’indagine poliziesca e un trittico di personaggi realmente esistiti. Su tutti, la controversa figura di Cesare Lombroso. Abbiamo intervistato gli autori, che ci hanno raccontato com’è nata l’idea di questo romanzo e il loro punto di vista sulla figura di Lombroso.

  

Com’è nata la vostra collaborazione?

Andrea Vitali Casualmente. Ci siamo incontrati tre anni fa, abbiamo chiacchierato e scoperto di avere delle cose in comune. A un certo punto siamo finiti a parlare della figura di Cesare Lombroso, che ha raccolto l’interesse di entrambi per molti aspetti, diversi ma complementari. Così è scattata l’idea di scrivere qualcosa su questo personaggio. La sua idea era molto più rigorosa, la mia più romanzesca. Abbiamo fatto collimare le due spinte ed è nato questo romanzo che io ho riportato nella mia terra, Bellano, con l’intervento di queste tre figure realmente esistite: Lombroso, Eusapia Palladino, cioè la medium alla quale lo scienziato si legò nella seconda parte della sua vita, e il suo antagonista storico, il matematico Vito Volterra, che interviene come alterego professionale, e non solo.

 

Massimo Picozzi Io e Andrea siamo coscritti, siamo due medici, abbiamo frequentato i reparti psichiatrici e ci siamo trovati con questa comune passione per Lombroso, scienziato eccezionale. Da qui abbiamo cominciato a pensare a come prendere la scienza e trasportarla sul lago di Bellano, e pian piano siamo arrivati a un’idea sempre più raffinata.

 

La figura di Cesare Lombroso è controversa: che idea avete di lui?

Andrea Vitali La sua scienza viene oggi definita una parascienza e anche a ragion veduta. Eppure Lombroso è stato capace di scuotere il mondo accademico. Lo fece con delle teorie scombinate che oggi non possono assolutamente stare in piedi, ma dal punto di vista teorico il pensiero lombrosiano portò avanti la criminologia e la psichiatria. Il pensiero sotteso ad alcune sue teorie oggi è ancora valido. Con questo non intendo dire che se hai il naso aquilino e le orecchie a sventola sei un criminale. Lo salvo per il coraggio che ebbe di opporsi a un mondo accademico stantio e ammuffito, che lo odiò e lo combatté fino a farlo diventare una sorta di macchietta.

 

Massimo Picozzi Lombroso è stato un ricercatore entusiasta, assolutamente appassionato e per certi aspetti un precursore. Le famose neuroscienze che tanto van di moda non sono poi molto lontane da alcuni concetti di Lombroso. Forse lui tendeva un po’ a semplificare, ma le ricerche per trovare il gene della criminalità non sono un concetto molto distante dalle teorie di Lombroso. Di lui si deve e si può salvare la passione, non certamente alcune ipotesi un po’ superficiali.

 

Com’è stato operativamente scrivere un romanzo a quattro mani? Come funziona?

Andrea Vitali Non funziona. Il romanzo è stato scritto a due teste e a due mani. Ci siamo divisi rigorosamente i compiti. Io mi sono occupato della scrittura artigianale, con Massimo abbiamo fatto lunghe chiacchierate per immaginare gli sviluppi della trama. Lui si è occupato in maniera egregia di reperire una documentazione che mi ha riempito casa, da quella più rigorosa e scientifica fino al vero e proprio pettegolezzo. Lavorando e confrontandoci a scadenze variabili la collaborazione è andata via liscia. Quindi non so rispondere su come si scriva un romanzo a quattro mani. Secondo me è impossibile, perlomeno per quelle che sono le mie caratteristiche di scrittore. Non sopporterei di scrivere con davanti un altro che a sua volta scrive e che interviene sul mio lavoro… non lo sopporterei. Faccio da solo.

 

Massimo Picozzi Io avevo un minimo di esperienza precedente. Infatti avevo già collaborato con Carlo Lucarelli, insieme al quale abbiamo lavorato a diversi saggi. Qui è stato divertentissimo perché non c’è stata mattina in cui uno dei due non si alzasse, non telefonasse e non dicesse all’altro: “Mi è venuta un’idea!”, che poi naturalmente andava trasformandosi. La collaborazione è stata praticamente quotidiana.

 

12 marzo 2015

 

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