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Paolo Giordano, ”Il mio libro parla di guerra, ma è l’umanità il vero soggetto della storia”

Il titolo, ''Il corpo umano'', è perfetto per il romanzo: la storia è ambientata in una base militare afghana, ma il vero tema del libro è l'umanità, la sua vita, i suoi tormenti, le sue sensazioni, che si esprimono attraverso il corpo. Paolo Giordano l'ha spiegato ieri sera durante un incontro con i booksblogger tenutosi a Milano...

L’autore ha parlato ieri sera del suo ultimo romanzo, “Il corpo umano”, durante un incontro a Milano con i booksblogger

MILANO – Il titolo, “Il corpo umano”, è perfetto per il romanzo: la storia è ambientata in una base militare afghana, ma il vero tema del libro è l’umanità, la sua vita, i suoi tormenti, le sue sensazioni, che si esprimono attraverso il corpo. Paolo Giordano l’ha spiegato ieri sera durante un incontro con i booksblogger tenutosi a Milano, in occasione del quale ha anche parlato di sé, della sua scrittura e della sua esperienza in Afghanistan.

UN ROMANZO FRAINTESO – Si tratta di un romanzo, quest’ultimo di Giordano, per molti aspetti frainteso, e l’autore è spesso costretto a lottare per trasmetterne la corretta comprensione. “Il mio libro ha a che fare con la guerra, e come tale non può non avere punti in comune con altri libri che hanno a che fare con lo stesso argomento, pur nella differenza di intenti: le narrazioni di guerra incappano inevitabilmente in situazioni tipiche , ma quello che fa la differenza è il modo in cui si affronta un tema. A questo riguardo sto combattendo molto per riuscire a trasmettere una giusta percezione del libro. È infatti diffusa una visione un po’ aprioristica del romanzo, il fatto che sia ambientato in una situazione di guerra confonde le idee: una storia come quella che ho raccontato ne ‘Il corpo umano’ in realtà avrebbe potuto essere ambientato in qualunque ambiente chiuso e dominato dalla mascolinità, quel tipo di dinamiche che ritraggo tra i personaggi, e che sono il centro del mio interesse, si potrebbero instaurare anche in altri contesti. Mi rendo conto che l’argomento della guerra è molto ingombrante e tende a prendersi tutto lo spazio, ma io invito ad andare oltre, a vedere l’umanità che c’è dentro al libro e che è il vero soggetto della storia.”

DIVERSI LIVELLI DI LETTURA – Si potrebbe dire che il romanzo soffre della stessa difficoltà dei suoi personaggi, una difficoltà di comunicazione, suggerisce uno dei presenti. “Io non faccio parte di quelli che si scagliano contro il mercato e la velocità del mercato, ma c’è un problema strutturale a questo proposito”, commenta l’autore. “Esiste una vita media del libro che è brevissima: la durata di permanenza e visibilità in libreria si calcola in settimane. Tutto questo è un controsenso rispetto alla lentezza con cui si scrive e si legge un libro. L’idea di comunicare il messaggio fondamentale del testo diventa in questa situazione importantissima: con una citazione nella quarta di copertina si tenta di racchiudere il libro in una frasetta. Ci sono libri per cui questo è più semplice e altri, come ‘Il corpo umano’, per cui è più complicato. Io penso alla mia scrittura in termini di stratificazione: c’è un livello zero puramente narrativo, quello della storia, che deve coinvolgere e appassionare. E poi ci sono tutti gli strati sottostanti, anche se il funzionamento del mercato fa sì che si valorizzi solo quanto sta sopra alla superficie.”

IL TEMA DEL CORPO – Per venire allora a quel tema dell’umano che costituisce il cuore pulsante del romanzo, uno degli aspetti più interessanti del libro sono le diverse concezioni del corpo che emergono. “Il titolo di quest’ultimo libro, ‘Il corpo umano’, è molto azzeccato secondo me.” Anche su questo, tuttavia, l’autore si è sentito rivolgere delle critiche: “La specificazione ‘umano’ è sentita da qualcuno come superflua, e secondo alcuni dà un’impressione di freddezza, come se si trattasse di un manuale anziché di un romanzo: ma quell’‘umano’ nel titolo richiama per me la parte più vera e ‘morbida’ del libro.  Del corpo ognuno dei personaggi ha un’idea diversa. Il tenente Egitto ne ha una concezione meccanicistica, Cederna ne ha una concezione estremizzata, simile per certi aspetti a quella che ne ha in generale la nostra società: il corpo deve essere scolpito, perfetto. Un aspetto molto significativo per me è il problema alla pelle del tenente Egitto, che ha un’eruzione cutanea molto visibile sul volto. Non si capisce di cosa si tratti e a che cosa sia dovuto il problema, alla fine però, conoscendo la sua storia, si capisce che questo altro non è che il segno esteriore, più evidente, l’unico che lui non possa nascondere, di ciò che accade dentro di lui. C’è nel libro un aspetto psicosomatico molto forte, che del resto era presente anche ne ‘La solitudine dei numeri primi’. Il corpo ha una sua preveggenza, una sua saggezza ineludibile: anche la dissenteria che prende a un certo punto tutta la base è l’annuncio di una catastrofe.”

SCRIVERE DELLA MORTE – La tragedia non scoppia improvvisa e inaspettata: “Non è un libro da leggere per la suspance, ho seminato sotto traccia per l’intero romanzo tutti gli elementi per comprendere quello che succederà”, dice Paolo Giordano, “e a un certo punto doveva intervenire anche la morte.” Ma se, nei nostri panni di lettori, viviamo la morte di un personaggio molto emotivamente, magari con grande commozione, come la vive invece l’autore? “Da lettore, la morte di un personaggio di un libro è qualcosa che può lacerarmi profondamente, come mi è capitato leggendo ‘Il nudo e il morto’ di Mailer”, grande romanzo sulla Seconda guerra mondiale, “dove uno dei personaggi principali, cui peraltro il lettore è portato ad affezionarsi di più, muore in poche righe e in maniera assolutamente antieroica. Eppure questo è qualcosa di profondamente vero: la morte può sopraggiungere in ogni momento, in un attimo e senza nessuna epifania.”

I PERSONAGGI – Altro fraintendimento da cui l’autore deve talvolta difendersi è l’accusa di una ‘tipizzazione’ dei personaggi. “In parte è vero”, spiega Paolo Giordano: “c’è un gusto all’estremizzazione in questi libri, ma questo è voluto, non dipende da una mia incapacità di creare personaggi a tutto tondo. Ogni personaggio non è solo una persona, ma è un’emanazione, un’incarnazione di un determinato aspetto della personalità.”

L’ESPERIENZA IN AFGHANISTAN – Lo scrittore parla anche dell’esperienza vissuta sul campo: “Le condizioni dei militari in avamposti come quello che ho visitato io in Afghanistan sono molto peggiori di quello che si possa immaginare comunemente: le fob sono luoghi isolati, pericolosi, dove scarseggiano i beni di prima necessità, per non parlare dell’igiene. Il cibo viene catapultato dagli elicotteri, e si può restare anche una decina di giorni senza rifornimenti, nutrendosi solo da cibo in scatoletta, ci si lava con le bottigliette d’acqua, i bagni sono buche scavate nel terreno. E nessuno nella società civile si fa veramente carico di questi problemi.” E qual è il ruolo dello scrittore di fronte a grandi temi come la durezza della guerra, la precarietà delle vite umane in una situazione di conflitto? “Io mal digerisco la distinzione tra ‘letteratura civile’ e ‘non civile’, ‘impegno’ e ‘non impegno’, ma se vogliamo si può dire che questo libro ha una vocazione ‘civile’ più evidente rispetto al precedente. E a questo riguardo cerca di fare l’unica cosa che un romanzo e uno scrittore dovrebbero fare: inscrivere il destino dei singoli in un destino più collettivo, e viceversa riportare un destino collettivo a quello dei singoli.” Peraltro, l’autore precisa di aver evitato di prendere con questo libro una posizione politica esplicita e giudicante riguardo a questo conflitto. “Sono uno dai dubbi forti più che dalle opinioni forti: sono dell’idea che sull’Afghanistan si sappia molto poco. Cerco di prendere la situazione in Afghanistan come un dato di fatto e di valutarla per quello che è.”

IL VIDEO-ANTEPRIMA – Di molte scene  drammatiche dà testimonianza anche il video-anteprima del libro, girato dal fotografo Giuseppe Carotenuto con Paolo Giordano durante la permanenza in Afghanistan, in cui alle immagini è sovrapposta la lettura di alcuni brani del testo. Un video nato anch’esso tra mille difficoltà. “Il video è stato girato in condizioni molto precarie”, racconta l’autore. “Ci sono state complicazioni a causa del tempo meteorologico: io e il fotografo siamo rimasti bloccati per quasi dieci giorni in una base diversa da quella in cui dovevamo fare le riprese, e quando finalmente un elicottero è riuscito a decollare e ci ha portati a destinazione siamo potuti rimanere sul luogo solo 36 ore. Abbiamo più che altro racconto del materiale sparso: la montatrice è stata quella che ha trovato le prime cellule di senso, poi insieme abbiamo costruito una narrazione. Mi è sembrato che l’idea migliore fosse realizzare una sorte di ‘making of’ del libro.”

I RIFERIMENTI LETTERARI DELL’AUTORE – Quanto invece ai gusti letterari di Paolo Giordano, cosa legge l’autore? Quali sono i suoi riferimenti, i suoi libri e autori preferiti? “A maggio, in occasione della Fiera del Libro di Torino, quest’anno mi è stato chiesto di assegnare il Premio Mondello Sezione Autore Straniero al mio maestro. Ho scelto di premiare Elizabeth Strout: il corpo della sua opera è quello che più mi ha rispecchiato negli ultimi anni. Ho letto i suoi tre romanzi su suggerimento della mia compagna nell’estate  prima di andare in Afghanistan. Mi ha fatto molto riflettere il suo approccio alla scrittura: Elizabeth Strout è un raro esempio di rigore. A più di cinquant’anni ha scritto tre romanzi, e in tutta la sua vita non ha fatto nient’altro che dedicarsi alla scrittura. Da un lato questo è per me molto ammirevole, dall’altro è l’atteggiamento cui tenderei naturalmente: la mia via ideale sarebbe scrivere e isolarmi totalmente. Rispetto a Elizabeth Strout appartengo però a un altro tempo e a un altro contesto, e questo mi impone di lavorare e d espormi di più. L’ultimo autore che ho letto e che mi è piaciuto è stato Englander, una mia lettura ricorrente invece è Jung.”

 

29 novembre 2012

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