Sei qui: Home » Libri » Maria Perosino, ”Leggere è la cosa che amo di più”

Maria Perosino, ”Leggere è la cosa che amo di più”

C'è stato un momento nella vita di Maria Perosino in cui ha capito di doversela cavare da sola e da lì ha deciso di iniziare a viaggiare. Con ''Io viaggio da sola'', manuale ironico e divertente, ma al tempo stesso romanzo autobiografico, l'autrice ha deciso di raccontare le sue piccole astuzie e gli aneddoti che l'hanno accompagnata durante i suoi viaggi...
La scrittrice e storica dell’arte ci presenta il suo libro e ci parla della sua passione per la lettura, con una riflessione diretta sui problemi della cultura italiana

MILANO – C’è stato un momento nella vita di Maria Perosino in cui ha capito di doversela cavare da sola e da lì ha deciso di iniziare a viaggiare. Con “Io viaggio da sola”, manuale ironico e divertente, ma al tempo stesso romanzo autobiografico, l’autrice ha deciso di raccontare le sue piccole astuzie e gli aneddoti che l’hanno accompagnata durante i suoi viaggi, tra valigie da preparare, treni da rincorrere, cene in solitudine da sbrigare in città sconosciute. In questa intervista ci spiega quale è il suo approccio alla scrittura, la sua irrefrenabile passione per i libri, quelli di carta, e perché dovremmo investire molto di più nella cultura.   

Che cosa è per lei il viaggio?
Per me il viaggio è uno stato d’animo più che uno stato geografico. E’ più un atteggiamento mentale che mi porto in giro, mi appartiene quando sono in viaggio, ma è presente anche quando sono nella città in cui vivo. Questo libro infatti è certamente una storia di viaggi, ma è soprattutto una storia di viaggio all’interno della mia vita.

Quando è stata la prima volta che ha viaggiato da sola? Cosa è cambiato da quella volta?
Ricordo la prima esperienza senza genitori, a 14 anni, poi il primo viaggio veramente da sola, nato più per una scommessa, quando ne avevo 19. Nei miei primi viaggi c’era da una parte un atteggiamento dimostrativo – era come se volessi rassicurare me stessa dicendo agli altri: “Ora vi faccio vedere che ce la posso fare” – , dall’altra erano comunque episodi relativamente anomali, eccezionali. Quello che è cambiato, nel corso del tempo, per ragioni private e per ragioni di lavoro, è il fatto che il viaggio da sola è diventato una cosa per me del tutto normale. Questo non vuole assolutamente dire che io non viaggi mai con altre persone. E’ semplicemente una cosa che non mi stupisce più, ha perso tutta l’eccezionalità che aveva un tempo e a me non viene più spontaneo attribuirgli un significato, sia questo positivo o negativo.

Quale è il luogo a cui è più legata?
Il luogo in cui mi sento più a casa è sicuramente Venezia. Quello invece che mi appassiona di più è difficile dirlo, ce ne sono stati molti e sono cambiati nel tempo. Forse in questo momento è Istanbul.

Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
La mia intenzione originaria è stata sicuramente quella di scriverlo per gli altri, ma senza avere il preciso intento di diffondere consigli. In realtà il libro racconta quali siano le mie personali astuzie e regole di sopravvivenza, ma non ha nessuna pretesa di spiegarli o far sì che valgano per tutti. L’ho scritto per gli altri perché credo che quando ci si accinge a scrivere – per me vale anche per l’arte di cui mi occupo nel mio lavoro – sia necessario pensare che a qualcuno possa interessare. Se non avessi pensato ciò probabilmente non mi sarei impegnata in questo libro, ma l’avrei ridotto ad un borbottìo interiore o ad una chiacchierata tra amiche. La cosa che mi preme sempre nel mio lavoro è trovare argomenti che possano interessare e incuriosire.

Nel suo libro racconta che nei suoi viaggi cerca sempre di portare con sé la sua vita. Cosa significa?
La risposta un po’ ironica è che cerco di portarmi dietro tutta la mia vita in un trolley. In senso figurato significa non rinunciare quando si è in viaggio a delle abitudini, dei piaceri, degli stati d’animo e dei sentimenti che abbiamo sempre. Non vivere il viaggio dunque come  qualcosa di eccezionale, come una frattura rispetto al tempo della nostra quotidianità, ma come un suo prolungamento. Questo per me vuol dire banalmente avere sempre con me l’olio d’Argan, cosa che mi piace particolarmente usare, oppure, quando mi trovo in una città diversa da quella in cui vivo, prendermi comunque del tempo per fare le cose che amo, come per esempio leggere, invece che girare per ore e ore stancandomi terribilmente e trascurando le mie abitudini. Al contrario voglio mantenere i miei ritmi di vita.

Nel suo libro si definisce una ‘lettrice instancabile’. In che modo riesce a coniugare il suo stile di vita con la passione della lettura? Quali sono le sue letture preferite?
Io leggo tantissimo e di tutto, perché la lettura fa parte della mia quotidianità: la mattina quando bevo il caffè, la sera prima di andare a dormire, quando salgo su un tram o quando dopo una giornata di lavoro ritorno in albergo, la prima cosa che faccio è aprire un libro. Ho sempre un libro nella borsa, perché leggere è una delle cose che mi piace di più fare, in assoluto, e penso che se una cosa piaccia così tanto, venga naturale trovare del tempo per farla. Io riesco a leggere anche nella vasca da bagno, la mattina mi alzo presto e dedico alla lettura almeno un paio d’ore. Di solito ho sempre 2 o 3 libri in corso, generalmente un romanzo, un libro di intrattenimento, per lo più gialli,  e un saggio di critica d’arte, per lavoro. Molti sono i libri che ho amato, è difficile citarli tutti. Posso dire che recentemente mi è piaciuto moltissimo “Gli uomini della sua vita”, di Mary McCarthy.

Nel suo libro elenca con ironia i preparativi per la partenza. Come in un rituale descrive in che modo riesce sempre a bilanciarsi sotto il peso dei tanti bagagli, tra i quali acquista un posto di pregio la borsa di tela per le sue letture. A questo punto viene spontaneo chiederle quale sia il suo rapporto con gli e-book.
Per ora non ho un e-reader. La mia non è affatto una questione di prevenzione, semplicemente penso che per le persone della mia generazione l’aspetto fisico del libro rimanga un elemento importante, rispetto a chi è cresciuto già con l’abitudine di usare diversi supporti elettronici. Ricordo ancora quando ho iniziato il mio lavoro, lo facevo utilizzando una macchina da scrivere, non il computer. E quando avvenne l’inaspettato passaggio tecnologico, sembrò che la scrittura fosse diventata improvvisamente più immateriale. Per ora quindi ho un po’ di resistenza, penso di avere ancora la necessità di toccare la carta, anche se sicuramente verrà il giorno in cui riuscirò anch’io a prendere confidenza con questi nuovi supporti tecnologici.

Nella vita si occupa di cultura, di ideare mostre e gestire iniziative culturali. Da storica dell’arte può darci una sua personale opinione a proposito dello spazio che oggi l’arte nello specifico e la cultura trovano nel panorama italiano?
Sono fermamente convinta che la cultura in generale interessi molto più di quanto si creda. Se si osserva la quantità di mostre, festival grandi e piccoli, spettacoli teatrali, rassegne cinematografiche, oltre a riscontrare che ve ne sono un’infinità, è impossibile trascurare il fatto che essi ottengono tutti un fortissimo riscontro. E’ inoltre evidente che queste iniziative culturali costituiscano una grande risorsa economica, non solo intellettuale, perché offrono lavoro e incentivano lo sviluppo dei luoghi che le ospitano. Purtroppo dal punto di vista istituzionale siamo molto indietro, perché si continua a pensare che i soldi che vengono destinati alla cultura siano paragonabili ai fondi destinati alla beneficenza, che possono essere creati quando si è ricchi, ma sono inesistenti nei momenti di crisi. Bisognerebbe capovolgere questa convinzione una volta per tutte e pensare che siano un investimento, non solo metaforico, perché arricchiscono culturalmente coloro che vi partecipano, ma anche economico, per i grandi introiti e le possibilità di crescita che riescono a determinare.

13 settembre 2012
     

© Riproduzione Riservata