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Marco Travaglio, “Nel mio libro passo in rassegna i leccaculo del giornalismo italiano”

L’adulazione e la ruffianeria nei confronti del potere è una caratteristica che contraddistingue storicamente il nostro Paese. Questo è quanto emerge dal pensiero di Marco Travaglio: il giornalista presenta infatti in questi giorni il suo nuovo libro...

Intervista al giornalista Marco Travaglio, uscito da poco con il suo libro “Slurp: Lecchini, cortigiani e penne alla bava al servizio dei potenti che ci hanno rovinati”, edito da Chiarelettere

 
MILANO – L’adulazione e la ruffianeria nei confronti del potere è una caratteristica che contraddistingue storicamente il nostro Paese. Questo è quanto emerge dal pensiero di Marco Travaglio: il giornalista presenta infatti in questi giorni il suo nuovo libro, “Slurp: Lecchini, cortigiani e penne alla bava al servizio dei potenti che ci hanno rovinati” (edito da Chiarelettere). Un “dizionario delle lingue italiane” in cui l’autore passa in rassegna i peggiori adulatori del giornalismo italiano. E se quello del “leccaculismo” è un fenomeno consolidato nelle realtà giornalistiche di tutto il mondo, gli italiani sembrano avere un quid in più, a detta dello scrittore.
 
L’adulazione, la ruffianeria, il “leccaculismo”: è una realtà del giornalismo italiano presente o è qualcosa di più consolidato?
Il leccaculismo è un problema dei giornali e dei giornalisti in generale, non soltanto italiani: se è vero che tutto il mondo è paese, è anche vero che noi ci mettiamo del surplus. Andando a scomodare la storia, occorre ricordare che mentre Lutero appendeva le sue tesi alla cattedrale di Wittenberg e dava il via alla Riforma protestante, in Italia un signore chiamato Baldassarre Castiglione stava scrivendo il manuale del perfetto cortigiano. Non abbiamo mai brillato come intellettuali disorganici e contropotere, pur avendo delle singole individualità che hanno invece fatto da eccezione alla regola di un giornalismo che è sempre stato servile. Dante posiziona i leccaculo all’Inferno e ancor più in profondità rispetto agli assassini e ai tiranni. Li mette nell’VIII girone, già nelle Malebolge, e li colpisce con un terribile contrappasso: dato che il cortigiano e il ruffiano già nel Duecento venivano chiamati “leccaculo”, Dante stabilisce che coloro che hanno leccato culi tutta la vita saranno immersi per l’eternità in un lago di sterco che il poeta descrive come “lo scarico di tutte le latrine dell’umanità”. Ogni tanto i dannati mettono fuori la testa per respirare e così il poeta ne riconosce uno: Alessio Interminelli da Lucca, notissimo leccaculo del suo periodo. Dante gli chiede provocatoriamente cosa ci faccia lì. Alessio Interminelli risponde “Qua giù m’hanno sommerso le lusinghe / ond’io non ebbi mai la lingua stucca”. La confessione di un uomo che non si è mai stancato di usar le lingue per lusingare i potenti. Dante considera quest’atto ancor più grave dell’omicidio, perché quest’ultimo presuppone comunque un rischio da parte dell’assassino, mentre l’adulatore non rischia assolutamente niente e allo stesso tempo ottiene enormi vantaggi, soprattutto in una società come la nostra. Dante associa quindi l’adulazione alla menzogna. Si può parlare positivamente di una persona che si stima anche senza adularla.

 
Sarebbe meglio ritornare al giornalismo italiano del passato, forse più dignitoso?
Si tratta di un equivoco storico, di un luogo comune da sfatare. Quelli che mitizzano il giornalismo italiano degli anni Cinquanta e Sessanta vadano in biblioteca a vedere i quotidiani di quegli anni: il “Corriere della Sera”, “La Stampa” e le altre testate erano veline del governo. Fecero infatti scalpore “Il Manifesto”, “Repubblica” e poi “Il Giornale” di Indro Montanelli che, essendo giornali dichiaratamente d’opinione, davano l’illusione di un pluralismo all’interno di un panorama piuttosto plumbeo.

 
Com’è oggi il pluralismo nei mezzi d’informazione?
Oggi viviamo in una situazione ancora peggiore perché, dopo 20 anni alle prese con parodia del pluralismo informativo (attenzione, pluralismo non significa che i giornali di destra debbano andare contro i governi di centro-sinistra e viceversa), adesso siamo entrati da 5 anni nelle larghe intese, dichiarate dai governi Monti e Letta, occulte ma assolutamente imperanti sotto il governo Renzi. Oggi, senza più distinzione di destra e sinistra, abbiamo tutta la grande stampa e tutta grande televisione filo-governativa. Ed è così che si è riusciti a confinare lo spirito critico che bisognerebbe avere davanti all’ipse-dixit del potere. Se tutti gli organi di informazione dicono che va tutto bene e solo “Il Fatto Quotidiano” afferma il contrario, siamo noi a venire colpevolizzati e a essere guardati con sospetto.

 
Nel suo “dizionario delle lingue italiane”, lei distingue diverse tipologie di “leccaculo”…
Questo libro è una rassegna di leccaculo e delle loro leccate. È una raccolta di citazioni che ho raccolto in questi anni: in principio era una cartellina, ora è una pila di scatole che mi arriva al costato. Si fa una distinzione tra i leccaculo e i leccaculi. Gli appartenenti alla prima categoria leccano un unico culo, fanno quasi tenerezza con la loro coerenza intrinseca, e sono mediamente auto-lesionisti: Emilio Fede è tramontato molto prima del culo che ha leccato per tutta la vita. Gli appartenenti alla seconda categoria sono abilissimi a leccarli tutti: c’è chi riesce a farlo con tutti e contemporaneamente, come Giuliano Ferrara, invece c’è chi è abilissimo a posare la lingua sul culo giusto un secondo prima che questo vada al potere. Hanno un fiuto rabdomantico e devono tutto al loro grandissimo intuito: se uno riesce a fare questa operazione un secondo prima delle elezioni, riuscendo a capire come andranno, può anche rivendicare la sua primogenitura e affermare che lui anche in tempi non sospetti leccava già quel determinato culo; l’abilità di riuscire a essere sempre dalla parte giusta, della ragione e del forte e di far parte di una maggioranza, in Italia è considerata un merito. Ci sono anche quelli che invece sbagliano clamorosamente i tempi e che pertanto vengono puniti molto severamente.

  
Come pensa che verrà accolto “Slurp” dai suoi colleghi?
Questo libro non avrà alcuna recensione perché tutti quelli che dovrebbero recensirlo sono citati all’interno, ma già mi prefiguro l’obiezione che mi verrà mossa: “Non c’è niente di male nello stimare quel politico, quell’imprenditore, quel banchiere, ecc.” Per carità, è vero, non c’è assolutamente niente di male. Anche a me è capitato di stimare qualche uomo politico. Raramente, ma mi è capitato. Quello che mi domando è come sia possibile che ci sia qualcuno dei nostri colleghi che stima tutti i politici, tutti gli imprenditori, tutti i banchieri sempre, in ogni occasione, senza avere mai la lingua stucca. Possibile? Capisco se fossimo passati da Cavour a Quintino Sella, da Einaudi a De Gasperi, direi che siamo stati molto fortunati e che per un certo periodo ci è andata bene. Forse non saremmo così rovinati dal punto di vista politico, etico, economico, finanziario, scolastico, universitario, sanitario… Siamo stati governati dalle peggiori pippe della storia dell’umanità, veramente, ne avessimo mancata una, e ci sono dei colleghi che sono riusciti a incensare tutti i santi governi che ci sono piovuti addosso. Presidenti della Repubblica compresi: io non credo che chi stimava Napolitano possa stimare Mattarella, perché sono uno l’opposto dell’altro: Napolitano era comunista, Mattarella demo-cristiano; il primo si impicciava dappertutto e lanciava moniti su qualunque questione, il secondo è praticamente muto. Uno interventista, l’altro neutralista. Sono l’antitesi l’uno dell’altro. Invece abbiamo visto che tutti quelli che hanno incensato Napolitano per nove anni con la motivazione che era sacrosanto che si impicciasse dappertutto, adesso incensano Mattarella dicendo che è sacrosanto che non si impicci da nessuna parte. O mentivano prima, o mentono adesso, oppure mentono sempre, programmaticamente, per incensare chi è al potere.
 
28 maggio 2015
 
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