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Marco Malvaldi, “In gioventù ho tentato la carriera di cantante lirico”

L'autore pubblica un giallo storico in cui si mescolano opera lirica, storia, citazioni dotti, personaggi reali e di fantasia nell'Italia di inizio '900

PIETRASANTA – Torna nelle librerie Marco Malvaldi dopo il successo, anche nella versione fiction, dei Delitti del Barlume con i simpatici vecchietti impiccioni che risolvono delitti assieme al barista di Pineta e lo fa con ‘Buchi nella sabbia‘ con un giallo storico in cui si mescolano opera lirica, storia, citazioni dotti, personaggi realmente vissuti e altri di fantasia nel contesto dell’Italia di inizio ‘900 appena dopo il regicidio di Gaetano Breschi. L’intreccio garbato degli avvenimenti scorre leggero grazie alla penna di Malvaldi che dissacra l’autorità costituita con il suo stile allo stesso tempo, ma leggero. La presentazione a Pietrasanta (LU) presso la Libreria Nina ha richiamato numerosi appassionati che l’autore non ha deluso con dotte citazioni e sullo sfondo l’opera lirica di cui Malvaldi è profondo conoscitore.

 

Torni in libreria con un romanzo storico.

Diciamo che questo libro racchiude in sé tante delle mie passioni e vi sono tutta una serie di coincidenze storiche che hanno da sole generato la storia così come è uscita nella sua versione definitiva. Pochi sanno che in gioventù ho tentato la carriera di cantante lirico, presto sconsigliato dai miei insegnanti di canto. Ma è rimasta una passione per il genere che alla fine è confluita in questo libro. Il mondo della lirica è un mondo particolare, artefatto in ogni suo momento: possenti omoni che dovrebbero essere dei ragazzi spasimano per leggiadre fanciulle che nella realtà sono donne di quasi cento chili, cantando sulle delle note memorabili, parole che raramente sono all’altezza della musica. Solo Mozart ha avuto forse un librettista che fosse alla altezza della musica. E nel costruire la mia vicenda mi sono chiesto se vi fosse un’opera più sfortunata, nel senso che durante le sue rappresentazioni si siano verificati episodi particolari. Ebbene, grazie anche all’aiuto di storici della musica ho ricostruito 126 infortuni sulle scene e circa ottanta si sono verificati durante una rappresentazione della Tosca di Puccini. La storia nasce da uno di questi infortuni scenici che si trasforma in tragedia.

 

Scegli un periodo difficile come quello dell’inizio del ‘900.

È un periodo storico di fermento: a fine ‘800 si verificarono le repressioni di Milano e nel 1900 il regicidio di Umberto I da parte dell’anarchico Gaetano Bresci. Puccini diresse la sua unica Tosca a Carrara, patria dell’anarchismo e la Tosca è di per sé un un inno alla ribellione contro l’autorità costituita. Io immagino una rappresentazione nel 1901 della Tosca a Pisa, la mia città, alla presenza del nuovo Re Vittorio Emanuele III che notoriamente non amava la musica ed era solito dividere il complesso mondo musicale tra la Marcia Reale e ciò che non era la Marcia Reale. In questo contesto inserisco un Cavaradossi interpretato da un tenore con conclamante simpatie anarchiche, amante di se stesso ed egocentrico al massimo, i timori per un attentato che non ci sarà, i carabinieri che temono per il Re, le guardie reali, il mondo dei macchinisti, degli agenti dei cantanti e infine, un personaggio realmente esistito, ovvero giornalista Ernesto Ragazzoni (le cui poesie dissacranti Malvaldi recita con grande maestria e giubilo del pubblico, ndr), inviato de La Stampa a seguire l’evento, anarchico, morto di cirrosi a 50 anni, poeta dei ‘Buchi della sabbia e pagine invisibili’.

 

Hai scelto di nuovo di scrivere per Sellerio?

La Sellerio non è solo una casa editrice. Il mio editor è Antonio Sellerio a cui mando una sinossi del libro di cui si parla. Avevo in mente di ambientare il libro in una ambiente militare, poi da lui è venuta la proposta di provare ad inserire l’azione nell’ambiente della lirica che sa essermi familiare. Ma soprattutto c’è il tempo per l’autore per scrivere il libro nei tempi necessari senza pressioni ed il contratto si sigla solo ad opera finita. Credo che sia il massimo per uno scrittore. In tutto credo che la Casa Editrice sia composta di 12 persone, ma questo non va a scapito della qualità. Il formato è un a4 ripiegato in quattro parti e mi raccontano che deriva dal fatto che Sciascia era solito ripiegare un foglio su cui prendeva appunti per i suoi libri in quattro parti. La copertina è sempre evocativa, ma non banale e il nome dell’autore e del libro riprendono il colore sfumato del colore principale dell’immagine. Quando mi arriva la bozza di stampa la metto sulla libreria e mi allontano dieci metri e mi accorgo che ha grande riconoscibilità. Niente è lasciato al caso.

 

Michele Morabito

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