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Joanne Harris, ”Ci sono personaggi che non smettono mai di avere qualcosa da raccontare: Vianne è uno di questi”

Nella carriera di uno scrittore ci sono personaggi che non ti lasciano andare, che non pensano neppure lontanamente di concludere la loro storia tra le pagine di un libro, ma cercano con ogni pretesto di tornare a vivere. E' questo quello che è capitato a Joanne Harris...
Venerdì sera al Teatro Elfo Puccini di Milano, Joanne Harris era ospite della rassegna BookCity per presentare l’attesissimo seguito di “Chocolat”

MILANO – Nella carriera di uno scrittore ci sono personaggi che non ti lasciano andare, che non pensano neppure lontanamente di concludere la loro storia tra le pagine di un libro, ma cercano con ogni pretesto di tornare a vivere. E’ questo quello che è capitato a Joanne Harris, la scrittrice anglo-francese consacrata dal grande pubblico dopo il grandissimo successo di “Chocolat” (Garzanti, 1998). Venerdì sera, ospitata nell’ambito di BookCity Milano dal Teatro Elfo Puccini, ha presentato il suo nuovo libro “Il giardino delle pesche e delle rose” (Garzanti, 2012), l’attesissimo ritorno di Vianne Rocher tra le vie del piccolo borgo di Lansquenet, dove nuovi profumi si confondono e il vento ha ricominciato a soffiare.

IL RITORNO DI VIANNE – “Nei miei romanzi ci sono tanti tipi di personaggi: alcuni hanno una storia che dura giusto il tempo di essere raccontata in un libro – e questi so perfettamente che non torneranno – ; altri invece assumono vita propria e a lungo andare è difficile fargli fare quello che vorremmo. Vianne è uno di questi: lei non torna perché è un personaggio ingombrante nella mia carriera letteraria, ma semplicemente perché ho la sensazione che la sua storia non sia ancora finita”. Esordisce così Joanne Harris alla presentazione dell’attesissimo sequel di “Chocolat”, rispondendo a Daniele Bresciani, che le chiedeva se non fosse stata una scelta più che coraggiosa quella di scrivere “Il giardino delle pesche e delle rose”. “Vianne è un personaggio volatile – prosegue la Harris – perché è stata educata da sua madre ad appartenere al mondo più che ad un luogo in particolare. In lei convivono la paura – che la spinge altrove – e un’ossessione a ritornare sui suoi passi, per cercare una stabilità in quella Lansquenet dove 8 anni prima aveva pensato di restare”.

UNA NUOVA SFIDA – A Lansquenet il tempo non sembra essere passato: il paese chiuso e bigotto si raccoglie ancora tutto intorno alla chiesa e alla sua guida, il curato Francis Reynaud. Ma per le strade volti nuovi di donne, impauriti e nascosti, si celano sotto il niqab e oltre la Tannes si leva un minareto. “Quello dell’integrazione è un problema per tutta l’Europa: generalmente riguarda le grandi città, ma a me interessava analizzare questo fenomeno in relazione al contesto, un paesino rurale e conservatore”, commenta l’autrice. “Nel paese dove vivo, donne di quarta generazione indossano il velo, quando le loro madri e addirittura le loro nonne l’hanno tolto da tempo. Questo quindi mi fa pensare che non si tratti più di una questione di tradizioni e che le nostre conclusioni sull’argomento molte volte siano affrettate”. E infatti a Lansquenet il divario tra le due comunità – quella musulmana e quella cristiana – è del tutto inesistente: “Esse sono molto più simili di quanto possa apparire”.

NESSUNA ETICHETTA – Commenta Bresciani: “Nel tuo romanzo sembra infatti che i personaggi sfuggano ad ogni definizione: alla fine nulla è come sembra”. Ed è proprio così infatti che appare: ad ogni passo si scopre qualcosa di ciascuno che era difficile prevedere e tutti sembrano avere una seconda possibilità, per redimersi e cambiare. Racconta la Harris: “Io voglio combattere quello che si dà per scontato e descrivo i miei personaggi non per come sono, ma per chi sono, senza generalizzazioni”. E a proposito di Rosette, la seconda figlia di Vianne, spiega: “Molti lettori mi hanno scritto dicendomi che hanno notato la forte somiglianza tra Rosette e i loro figli affetti da autismo. Io non posso negare di averle dato quel tipo di espressione, ma non voglio neppure dare delle etichette, perché credo che finirebbero con l’impedire di vedere quale sia il carattere vero di questo personaggio”.

ESSERE UNA SCRITTRICE – Forse non tutti sanno che Joanne Harris non è solo l’autrice di “Chocolat”, ma ha all’attivo thriller, racconti e testi di cucina: “Non programmo in anticipo le mie scritture, perché sono le storie che prevalgono. Le generalizzazioni sono una questione di marketing”. Come ha tenuto a puntualizzare lei stessa, quando insegnava francese nelle scuole secondarie scriveva nel tempo libero; ora che è un’autrice da oltre dieci milioni di lettori nel mondo, la situazione non è cambiata molto: “Viaggiando parecchio per le presentazioni dei miei libri, sono costretta a scrivere ovunque, sui treni, negli aeroporti, nelle stanze d’albergo. Una volta sono riuscita a scrivere anche sul tetto del Duomo di Milano: è stato bellissimo!”. A casa il marito le ha costruito una capanna, un luogo fuori dal tempo della quotidianità, un ritiro dove prendere una pausa dalle faccende di casa e dare forma alle sue storie, una volta tanto, in tranquillità.

RACCONTI SPARSI – In Inghilterra la scrittrice è appena uscita con “A cat, a hat and a piece of string”, una raccolta di racconti che in Italia sarà pubblicata nel 2014. Ma cosa cambia nella narrazione quando si tratta di dare vita ad un racconto e quando invece si tratta di scrivere un romanzo? “Quando inizio una storia so riconoscere immediatamente se la svilupperò come racconto oppure come romanzo”, spiega l’autrice. “Non mi capita di pubblicare dei racconti, perché non ho il tempo di scriverne molti. Solitamente lo faccio quando sono in viaggio, facendomi influenzare dai luoghi in cui transito: le ambientazioni non sono mai le stesse dei miei romanzi”.

RITORNO AL GRANDE SCHERMO – A conclusione della presentazione, non poteva mancare da parte del pubblico la richiesta di un seguito cinematografico per la storia di Vianne; ma per Joanne Harris pare che questo non sia possibile, a meno che non si presenti un regista con un budget di 50 milioni di dollari a disposizione: “Ironia a parte, il vero problema – spiega l’autrice – è che la Miramax, a dispetto della mia storia originaria, ha deciso di dare a Chocolat un lieto fine, al quale sarebbe difficilissimi far seguire questa nuova storia”. Ma nella vita mai dire mai.  

19 novembre 2012

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