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Frederick Forsyth a Bookcity, ‘I miei thriller sono una miscela di finzione e realtà’

Dopo l'appuntamento di ieri mattina alle 11 al Piccolo Teatro Grassi con il numeroso pubblico di Bookcity Milano, il maestro della spy story Frederick Forsyth ha incontrato nel pomeriggio alcuni blogger all'Hotel Principe di Savoia per parlare del suo lavoro e della sua ultima fatica letteraria...

Il grande maestro inglese della spy story, protagonista ieri mattina di uno degli appuntamenti più attesi di Bookcity Milano, ha incontrato nel pomeriggio alcuni blogger per raccontare del suo ultimo libro, “La lista nera”, e delle sue avventure di scrittore

MILANO – Dopo l’appuntamento di ieri mattina alle 11 al Piccolo Teatro Grassi con il numeroso pubblico di Bookcity Milano, il maestro della spy story Frederick Forsyth ha incontrato nel pomeriggio alcuni blogger all’Hotel Principe di Savoia per parlare del suo lavoro e della sua ultima fatica letteraria. Con “La lista nera”, lo scrittore inglese ha confermato ancora una volta – come da più di quarant’anni a questa parte – il suo talento per il thriller. La lista cui fa riferimento il titolo è quella di pericolosi terroristi che devono essere eliminati, primo tra tutti “il Predicatore”, un fondamentalista islamico senza scrupoli che ha come unico scopo la distruzione degli infedeli e incita all’odio attraverso messaggi che diffonde tramite il web. La missione è affidata all’ex marine Kit Carson, soprannominato “il Segugio”. Lo aiuta un giovane ed espertissimo hacker che rintraccia per lui le postazioni del Predicatore e dei suoi complici utilizzando solo la tecnologia.

L’ALTRA FACCIA DELL’ISLAM – Il libro parla di fondamentalismo musulmano e della minaccia terroristica, ma non è un libro contro l’islam, spiega l’autore. “Al contrario, ho cercato di mostrare l’altra faccia dell’Islam, che non è fatta da assassini, ma da persone moderate che non si riconoscono nella religione predicata e imposta dagli estremisti, che l’hanno trasformata in una religione di odio. Attualmente in Iraq è in atto quasi una guerra tra sunniti e sciiti, tra musulmani moderati e fondamentalisti: muoiono molti più musulmani che cristiani o ebrei”.

UN NEMICO SFUGGENTE – In tutti questi anni, da quando Forsyth ha iniziato a scrivere spy stories, il nemico si è molto trasformato. Un tempo era l’URSS, oggi è la minaccia terroristica, che è un nemico più sfuggente, non ben definito. “In questo preciso momento ci troviamo in mezzo a una sorta di guerra fredda, non dichiarata e sicuramente da noi non voluta. Non ci siamo scelti questo nemico, sono gli jihadisti che hanno scelto noi: ci attaccano perché non siamo musulmani come loro e sono convinti di dover uccidere in nome di Allah”, prosegue Forsyth. “Uccidono anche chi è musulmano come loro ma non ha abbracciato la causa della jihad, la guerra santa. Io penso che questa situazione durerà ancora qualche anno. Non so se cambierà, in cosa cambierà o come cambierà.”

UNA MISCELA DI REALTÀ E FINZIONE – A proposito del rapporto tra realtà e finzione nei suoi romanzi, Forsyth dichiara: “I miei libri nascono da due domande: ‘sarebbe possibile se nella realtà…?’ e ‘cosa succederebbe se nella realtà…?’. I miei romanzi hanno sempre a che fare con la vita reale. Anche ‘La lista nera’ è una miscela di verità e finzione: non è mai esistito un colonnello Carson, ma esistono i droni, esiste Al Qaeda, è vero che la National Security Agency americana intercetta le conversazioni di migliaia di persone. Nel libro succedono una serie di eventi che sarebbero potuti accadere nel passato o che potrebbero ancora accadere. Quello che non c’è”, conclude l’autore, “ è l’impossibile, la totale fantasia”.

LA CAPACITÀ NARRATIVA DI PREVEDERE IL REALE – A questo riguardo, uno dei presenti dice di aver letto che Forsyth, proprio facendo un’ipotesi su ciò che sarebbe potuto accadere, è riuscito perfino a prevedere l’attentato alle Torri Gemelle. “Non so se sia davvero riuscito a prevedere l’11 settembre”, risponde l’autore. “All’epoca stavo scrivendo ‘L’Afghano’, ma il libro non aveva nulla a che vedere con nessuno dei fatti legati a quell’attentato. Ho iniziato invece a studiare due anni fa, quando nessuno ancora lo conosceva, il movimento di Al Shabaab” – sotto la cui protezione agisce “il Predicatore” ne “La lista nera” – “e mi ero già reso conto che sarebbe diventato molto pericoloso. Recentemente infatti i militanti di Al Shabaab si sono imposti all’attenzione internazionale con l’attentato al centro commerciale di Nairobi. C’è anche un movimento terroristico in Maghreb che in questo momento mi sembra particolarmente agguerrito”, prosegue l’autore. E a proposito del suo ultimo libro aggiunge: “Se vent’anni fa mi fossi presentato a un editore con un’idea del genere mi avrebbero dato del pazzo”.

RICERCHE SUL CAMPO – La scrittura di un suo romanzo, racconta ancora Forsyth, è sempre preceduta da lunghe ricerche. “Ho poca immaginazione, perciò ho bisogno di parlare a lungo con qualcuno che sia veramente esperto di spionaggio. Quando ho in mente una storia, stilo una lista di informazioni che mi occorrono e mi rivolgo al massimo esperto dell’argomento. Per quanto riguarda il luogo devo vederlo con i miei stessi occhi: nelle descrizioni voglio essere assolutamente corretto e veritiero. Per scrivere questo libro sono stato a Washington e anche a Mogadiscio per tre giorni”. In questi viaggi, gli capita anche di essere coinvolto in situazioni quali quelle descritte nei suoi libri. “Quando scrivevo ‘Il cobra’, un libro sul traffico della cocaina controllato dalla ’ngdrangheta, ho vissuto alcuni momenti turbolenti. Prima di arrivare in Europa la droga parte da Bogotà, in Colombia, e viene trasferita in Guinea Bissau, nell’Africa Occidentale, dove viene suddivisa in piccoli carichi e da dove riparte verso l’Italia meridionale. Io sono stato in Guinea Bissau: poche ore prima del mio atterraggio il capo dell’esercito era stato assassinato in un colpo di stato. Il vice console del Regno Unito, che era il mio contatto lì, si è precipitato in aeroporto a prendermi. Notando la sua fretta, in auto gli ho chiesto cosa stesse succedendo, al che lui mi ha risposto: ‘vedi quelle luci dietro a noi? È l’esercito che sta venendo in città a vendicare il suo capo’. Si erano infatti convinti che il responsabile fosse stato il presidente, che era di una tribù rivale. Alle 4.30 ho sentito un’esplosione: era una granata contro il presidente, la reazione dell’esercito al colpo di stato. I confini vennero chiusi, e così anche gli aeroporti. Grazie al mio amico del consolato, sono riuscito a mettermi in contatto via internet con mia moglie per dirle che stavo bene. A un certo punto lo schermo si è oscurato: era la CIA che verificava chi fosse. Il bello è che qualche tempo prima mi ero trovato coinvolto in un altro colpo di stato nella Guinea Equatoriale”.

“IL PUGNO DI DIO” E LA PRIMA GUERRA IN IRAQ – Quando gli chiediamo se ci sia tra i suoi libri qualcuno che preferisca, Forsyth risponde di avere un debito di gratitudine con “Il giorno dello sciacallo”, “che mi ha trasformato da giornalista squattrinato in una persona che non ha preoccupazioni economiche. Quello di cui sono più soddisfatto però”, aggiunge, “è ‘Il pugno di Dio’, sulla prima guerra in Iraq, che è stata la prima guerra nella storia che abbiamo seguito in televisione. Le immagini dai cacciabombardieri americani venivano trasmesse contemporaneamente al quartier generale americano e ai nostri televisori, vedevamo la gente morire in diretta. I combattimenti durarono quattro giorni, e al termine vi fu una conferenza stampa a Riyad, in Aurabia Saudita. Sembrava tutto irreale, tutto troppo perfetto, con gli ufficiali nelle loro uniformi stirate: era come un film, mi aspettavo di vedere i titoli di coda”. Quanto invece al personaggio, quello che ha amato di più è Mike Martin de “Il pungo di Dio”, che torna poi anche ne “L’Afghano”. “Riguardo ai personaggi femminili”, aggiunge sorridendo, “molte di queste donne vengono assassinate nei miei libri, ma ne sono stato profondamente innamorato”.

LO STILE DI FORSYTH – In oltre quarant’anni dedicati alla scrittura, lo stile di Forsyth, assicura lui, non è mai cambiato: “Scrivo come un reporter, con frasi brevi, semplici, senza riferimenti intellettuali”. Non è cambiato neppure lo strumento del suo mestiere: nonostante siamo nell’era del digitale, l’autore continua a usare la sua macchina da scrivere. A giudicare dall’affetto dei suoi fan e dal successo che continua a riscuotere, rimanere fedeli a se stessi a volte premia.

24 novembre 2013

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