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Erri de Luca, ”I morti hanno una seconda vita grazie ai ricordi e ai sogni. Come i numeri abbinati ai simboli”

Napoli è città di teatro, e con un'opera teatrale Erri De Luca omaggia la sua città d'origine: ne ''La doppia vita dei numeri'', suo ultimo libro, si riunisce in scena una famiglia per la tombolata della notte di Capodanno. Sono in due, fratello e sorella, Lui e Lei – come vengono chiamati nel libro. In due, ma attendono degli ospiti: il padre e la madre, morti tempo fa. Al termine dell'articolo è possibile leggere alcune pagine in anteprima..

L’autore parla del suo ultimo libro, “La doppia vita dei numeri”

MILANO – Napoli è città di teatro, e con un’opera teatrale Erri De Luca omaggia la sua città d’origine: ne “La doppia vita dei numeri”, suo ultimo libro, si riunisce in scena una famiglia per la tombolata della notte di Capodanno. Sono in due, fratello e sorella, Lui e Lei – come vengono chiamati nel libro. In due, ma attendono degli ospiti: il padre e la madre, morti tempo fa ma richiamati alla presenza da Lei, invitati a trascorrere ancora una notte tutti insieme. E poi la domestica, non invitata ma decisa a non abbandonare la cucina dove è morta. Sullo sfondo Napoli, l’altra protagonista, che continuamente riecheggia nelle parole e nei gesti dei protagonisti, e continuamente fa sentire la sua voce tuonante – il rumore dei botti e dei fuochi d’artificio in sottofondo.

Il tema della morte è molto presente, fisicamente presente, in questa sua opera teatrale: tre dei cinque personaggi sono fantasmi, richiamati dai ricordi dei vivi o tenacemente aggrappati, seppur ospiti indesiderati, alla loro vita precedente. A quali credenze si richiama in questa sua vivace rappresentazione del mondo dei morti?
Si tratta di persone perdute molto tempo prima, assenze non medicate da nessuna promessa di aldilà per me che non sono credente. Oltre che in sogno posso ritrovarli in un ricordo, in una scrittura. Napoli è una città che non si separa dai suoi morti. Li convoca, li invoca a sostegno, come numi domestici. Quando il Napoli vinse il suo primo scudetto, sul muro del cimitero fu scritto: "Guagliù (ragazzi), che vi siete persi!" I morti stanno in un’assenza che può essere forzata in molti modi. Qui succede sopra una scena di teatro.

 

L’opera mette in scena una tombolata in famiglia: ogni numero estratto corrisponde a un significato, un’immagine, un personaggio, e uno dopo l’altro i numeri compongono una storia. È una tombola narrata: si tratta di una tradizione napoletana?
Da noi si usava accompagnare la tombola con ricordi, con collegamenti tra il significato di un numero e quello successivo. A volte era così avvincente la storia improvvisata da chi estraeva dal cesto, che si faceva apposta a non fare tombola per prolungare il racconto.

È questa “La doppia vita dei numeri” – e delle persone – quella che si sente palpitare nel racconto, quella ricreata dalla parola narrata?
I numeri hanno una doppia vita grazie all’ abbinamento con un simbolo e le vite perdute ne hanno una seconda attraverso i ricordi, i sogni: anche loro sono estratti da un cesto.

Lei dichiara di amare Napoli, Lui dice di non sapere se a Napoli vuole bene o no: per lui, che ha lasciato la città tempo addietro, Napoli è come una di quelle parti del corpo – i capelli, le unghie – che ricrescono quando le si taglia. In quale sentimento si riconosce di più?
Sono quello che ha Napoli nel corpo, il fratello che neanche si pone la domanda se vuole bene al suo luogo di origine, perché anche da staccato, lui se la porta scritta addosso la città del Vesuvio.

Sulla scena è rappresentata una serata di festa in famiglia: due fratelli riuniti dopo tanto, i fantasmi del padre e della madre e quello della domestica, la dispettosa Italia. Anche lei fa parte della famiglia?
Le domestiche di una volta restavano a servizio di una famiglia per la vita intera seguendo il ritmo delle nascite e delle morti, delle generazioni, invecchiando in casa. Erano un deposito di storie , un archivio della casa, ne conosco una che è stata per sessant’anni a servizio dei miei cugini. L’ anno scoso abbiamo festeggiato i suoi novant’anni. È l’ ultima pagina rimasta di un libro strappato.

 

22 novembre 2012

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