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Enrico Ianniello, ”Toglietemi l’etichetta dell’attore che scrive un romanzo per capitalizzare la notorietà televisiva”

“E' andato così bene il primo, perché aver fretta di sbagliare il secondo?” Cita il grande Massimo Troisi per parlare del successo del suo esordio letterario Enrico Ianniello, l’attore italiano che con 'La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin'...

L’attore italiano con il suo esordio letterario ‘La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin’ si è di recente aggiudicato il Premio Campiello Opera Prima. Emozioni e retroscena di questo esordio letterario (gradito al pubblico) ce le racconta lo stesso Ianniello in questa intervista.

MILANO – “E’ andato così bene il primo, perché aver fretta di sbagliare il secondo?” Cita il grande Massimo Troisi per parlare del successo del suo esordio letterario Enrico Ianniello, l’attore italiano che con ‘La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin‘ si è di recente aggiudicato il Premio Campiello Opera Prima. Emozioni e retroscena di questo esordio letterario (gradito al pubblico) ce le racconta lo stesso Ianniello in questa intervista.

 

Come nasce l’idea di questo tuo libro d’esordio?

Dalla volontà di raccontare un eroe meravigliato, non cinico e disincantato come ormai se ne vedono continuamente ovunque. Un personaggio che nella sua fragilità, nell’atipicità sua e della sua famiglia, conservasse la chiave per sognare un mondo migliore e addirittura quasi riuscisse a trasformare in realtà questa utopia, soltanto grazie alla piccola ma costante forza del suo desiderio di giustizia e di uguaglianza.

 

Cosa volevi rappresentare con il personaggio di Isidoro Sifflotin?

Null’altro che quel personaggio. Un bambino, un sognatore, un fischiatore. Come siamo stati e possiamo essere tutti. Non ho mai pensato a un valore simbolico di Isidoro, né di farne la rappresentazione – reale o metaforica – di una data parte della società, ad esempio.

 

Quanto c’è della tua esperienza teatrale all’interno della storia?

Io direi nulla; ma mi rendo conto che, essendo la mia formazione eminentemente teatrale, qualcosa ci è cascato. Non ho inseguito una facilità dialogica né una teatralità delle situazioni (che peraltro non credo esista, così in astratto). Quindi, per essere sincero, questa domanda la farei molto volentieri io ai miei lettori: cosa ci trovate di ‘teatrale’ in questo romanzo?

 

Quali sono le principali differenze tra scrivere un libro e scrivere per il teatro? I principali pro e contro in entrambi i casi?

Io non ho mai scritto per il teatro, se non da attore. I testi che ho scritto e portato in scena nascevano da una capacità attoriale di presentire la portata, soprattutto comica, di alcuni dialoghi e situazioni. Ed è il principio che ho seguito anche da traduttore: leggendo un testo straniero mi chiedevo come avrebbe funzionato in italiano o in  napoletano, e se – sempre da attore – avrei avuto voglia di recitare questo o quel personaggio. Scrivere un romanzo mi ha richiesto tutt’altro tipo di sforzo. Organizzare una narrazione, scrivendo però un romanzo e non riempiendo una struttura; dare dignità e simpatia ai personaggi, senza perdere di vista l’altezza dei temi; conferire piacevolezza alla lettura, senza preoccuparsi esclusivamente di una godibilità fatta di frasi a effetto inanellate, insomma: i problemi di chi scrive un romanzo, credo!

 

Hai appena vinto il Premio Campiello Opera Prima. Cosa rappresenta per te aver avuto questo importante riconoscimento?

Innanzitutto, e con la massima sincerità: togliermi di dosso l’etichetta dell’attore che scrive un romanzo per capitalizzare la notorietà televisiva. Poi la felicità di aver rispettato innanzitutto i miei gusti letterari, di aver un po’ scritto il romanzo che volevo leggere, come si suol dire, e la conferma di aver fatto la scelta giusta. Per chi scrive il primo romanzo, sono conferme fondamentali, soprattutto se, come me,  viene da un campo limitrofo, come quello del teatro e del cinema.

 

Hai in mente un nuovo romanzo?

Sì, ma si sono incollate le pagine e non riesco a sfogliarlo! Ho molta voglia di scrivere e qualche idea, ma aspetto il tempo e il coraggio necessari a cominciare. E’ andato così bene il primo, perché aver fretta di sbagliare il secondo, per citare Troisi?

 
12 giugno 2015
 
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