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Eleonora Caruso, ”Non vengo da una famiglia di lettori: è stata la tv a insegnarmi l’amore per le storie”

È l'amore per le storie, trasmessole dalla tv, che l'ha portata ad avvicinarsi al mondo della scrittura: appassionata di anime, di cui apprezza la complessità e l'accuratezza della trama, Eleonora Caruso scrive fanfictions in rete e di recente ha esordito con il suo primo romanzo, ''Comunque vada non importa''...

L’autrice parla della sua passione per gli anime, di fanfictions e del suo romanzo d’esordio, “Comunque vada non importa”

MILANO – È l’amore per le storie, trasmessole dalla tv, che l’ha portata ad avvicinarsi al mondo della scrittura: appassionata di anime, di cui apprezza la complessità e l’accuratezza della trama, Eleonora Caruso scrive fanfictions in rete – con il nome di CaskaLangley ha scritto una fanfiction sull’anime “Neon Genesis Evangelion” – e di recente ha esordito con il suo primo romanzo, “Comunque vada non importa”. Intanto porta avanti da anni un seguitissimo blog. L’autrice parla del suo libro, della sua attività e delle sue passioni.

Come nasce  il suo romanzo, “Comunque vada non importa”?
Nasce, molto semplicemente, dal mio amore per le storie. Le storie sono la mia grande passione, in qualsiasi forma: fumetti, videogiochi, libri, film o telefilm…finché mi raccontano storie in grado di appassionarmi, allora il supporto non fa differenza, per me.  Visto che ho scritto (e scrivo tutt’ora) fanfics, dire che ho iniziato a raccontare storie per amore di altre storie è particolarmente letterale.  A un certo punto, poi, mi sono resa conto che le mie fanfics prendevano una piega sempre più personale, che si discostava fortemente dalle opere originali. Contemporaneamente, mi sono accorta che ad attirare i miei lettori non era la fama di quelle opere, ma il mio modo di reinterpretarle. E così, appena preso il coraggio, mi sono detta: “proviamo”. 

Con Darla, protagonista del libro, lei condivide la passione per gli anime. Ci può parlare di questa passione? Cosa le piace di più di queste storie?
E’ una passione che è nata quand’ero molto piccola, sulla quale non mi sono mai interrogata. Molto banalmente, gli anime mi affascinavano per la complessità delle loro trame e l’accuratezza nella caratterizzazione dei personaggi. Rispetto al classico cartone per bambini americano, anche il più sciocco degli anime aveva una dignità narrativa maggiore. Perché avrei dovuto appassionarmi a Scoobie Doo o a Tom e Jerry? Erano sempre uguali. Si pensa spesso che i bambini non possano “capire” cose troppo complicate, e per questo i prodotti a loro rivolti tendono ad essere semplificati fino alla stupidità, ma non è vero. Non solo i bambini capiscono, ma sono affascinati da quello che non capiscono, e da questa curiosità nasce anche il desiderio di imparare. Non mi sembra qualcosa di cui aver paura. Io non vengo da una famiglia di lettori, la tv è stato il mio primo tramite con le storie. Grazie agli anime ho scoperto non solo tempi narrativi, temi e un senso estatico culturalmente diversi dai nostri, ma anche il mio amore per la serializzazione, che è la ragione per cui sono anche una fanatica di telefilm. Quando scrivo, immagino sempre che la mia storia debba durare all’infinito. So benissimo che, in realtà, una storia è tale proprio perché ha una sua fine fisiologica, ma l’idea che possa durare per anni mi dà la sensazione di poter infondere un tipo di vita diversa nei miei personaggi, più tangibile.

Da dieci anni scrive fanfictions in rete: perché è passato al romanzo? Ci sono differenze tra i due tipi di attività autoriale? Comportano un approccio diverso alla narrazione?
Ci sono differenze, sì, ma forse diverse da quelle che si potrebbe pensare. Mentre ho scritto alcune fanfics con leggerezza, per divertirmi, in altre ho messo la stessa attenzione che ho poi messo nel romanzo. Non si tratta per forza di lavori superficiali. La grande differenza è certamente che una fanfic presuppone una conoscenza della storia originale, e questo permette all’autore di dare alcune cose per scontate, come la spiegazione del mondo, la descrizione degli ambienti o alcuni aspetti del carattere dei personaggi e delle loro relazioni. Ma partire da questa base mi ha spinta a lavorare di più sulla lingua, per esempio, sulla necessità di dare a ogni storia il suo stile e cambiarlo anche radicalmente all’occorrenza. La cosa più importante, per me, è stato imparare a scavare fino in fondo ai personaggi, per reinterpretarli e impadronirmene. Questa è una grande ricchezza, che forse non avrei acquisito senza scrivere fanfics. Il lato negativo è stato trovarmi nella situazione di avere magari bene in mente l’affresco emotivo vasto e preciso di un personaggio, ma non avere la minima idea di come fare a collocarlo con criterio in una narrazione solida, che iniziasse e finisse col libro. Una fanfics può durare quanto vuoi, hai tutto il tempo di dilungarti e correggere il tiro, col romanzo invece deve funzionare tutto e subito, e questo è difficile. Ma da anche una grande soddisfazione.  

Quali opportunità le ha offerto il suo blog per farsi strada nel mondo della scrittura?
In realtà, nessuna. È stato praticamente come se non esistesse, anche perché per anni il mio blog è rimasto privato. Io sono una blogger vecchio stile, scrivo i fatti miei come mi va di farlo e questo è quanto. Non mi è mai passato per l’anticamera del cervello di usarlo per pubblicare racconti, tessere una rete di rapporti professionali o farmi notare sia come scrittrice che come articolista. Non dico che sia sbagliato, semplicemente non è il formato per me. Mi esprimo attraverso le mie storie, sul blog al limite ci posto le immagini delle mie nuove statuette, o teorizzo sul finale di “Evangelion”.  

Quali potenzialità ha un blog per la promozione e la diffusione di libri e letture? Vieceversa, quali insidie nasconde la rete?
La potenzialità di un blog sta nell’esposizione. L’insidia della rete sta nella sovra-esposizione. Esporre ogni propria opinione a quelle degli altri è una cosa stressante, eppure lo facciamo senza rendercene conto. L’idea di poter dire la propria su qualsiasi argomento, che è giustissimo, dà l’illusione di poterlo fare in qualsiasi modo, che è sbagliatissimo. Il rischio più grande è quello che si inneschi un sistema solo distruttivo e non costruttivo, un cieco “io io io io io”. Forse è per questo che ci tengo che il mio blog resti leggero e personale. C’è un aspetto di passione frenata, creatività e ironia, nella rete, che adoro. È l’aspetto che voglio vivere. Se voglio nuove scuse per provare astio e frustrazione nei confronti della razza umana, mi basta uscire di casa.

 

4 ottobre 2012

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