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Con Dragan Velikic arriva a Pordenone un po’ di Mitteleuropa

DAL NOSTRO INVIATO A PORDENONE - ''Il dialogo culturale tra Italia e Serbia sta iniziando e lo dimostra la presenza a Pordenonelegge di Dragan Velikic'', così il direttore artistico della manifestazione Gianmario Villalta ha introdotto la conversazione con lo scrittore...

Dalla Serbia all’italia, lo scrittore ripercorre i vari luoghi che ne hanno costituito l’identità, sia personale che artistica

 

PORDENONE – “Il dialogo culturale tra Italia e Serbia sta iniziando e lo dimostra la presenza a Pordenonelegge di Dragan Velikic”, così il direttore artistico della manifestazione Gianmario Villalta ha introdotto la conversazione con lo scrittore, che sarà sicuramente uno dei protagonisti della Fiera del libro di Belgrado, dove questa relazione appena nata avrà modo di svilupparsi.

L’AUTORE – Dragan Velikic è nato a Belgrado, ha vissuto la sua infanzia a Pola, città importantissima nel suo immaginario e dopo un periodo di esilio volontario a Budapest, Vienna e Berlino durante la guerra nell’ex Jugoslavia e dopo l’incarico di Ambasciatore della Repubblica di Serbia in Austria, è ritornato scrittore a tempo pieno nella sua città natia. Ha all’attivo decine di romanzi, due raccolte di racconti e quattro di saggi letterari dedicati a autori famosi e ha ottenuto numerosi riconoscimenti  tra i quali il premio Mesa Selimovic, massimo riconoscimento letterario per i paesi della ex Iugoslavia e il prestigioso premio NIN in patria.  In Italia presso l’editore Zandonai sono stati tradotti “Il muro del Nord” (2012), “Via Pola” (2009) e “La finestra russa” (2011). In realtà, una prima traduzione dei suoi romanzi era stata ventilata vent’anni fa dalla casa editrice Studio Tesi di Pordenone, ma poi non se n’era fatto più nulla, a causa della guerra.

 

I LUOGHI DELL’ANIMA – E proprio dall’Italia, Pordenone e Ancona, parte lo scrittore serbo per raccontare la sua geografia del cuore, perché queste città assieme a Pola lo fanno sentire a casa e costituiscono il “quarto genitore”, dopo quelli naturali e quelli letterari, che sono tanti:  da Svevo a Nabokov, da Musil a Canetti. E poi James Joyce che compare come personaggio in “Muro del Nord”, romanzo giocato tra Pola, Trieste e Vienna e sul tema dell’esilio, motivo che ritorna nella biografia dello scrittore quando lascia Belgrado per la prima volta con la famiglia per il lavoro del padre e, da adulto, nel momento della “ pazzia totale” della guerra. A Pola sono legati i ricordi più belli dell’infanzia, la scoperta di una dimensione nuova, di una cultura nuova e di un personaggio, Joyce appunto, che lì aveva soggiornato. La geografia dei luoghi è molto importante per Velikic e dopo Pola, ricorda Belgrado: “una città sommersa” che se fosse un attore sarebbe Humphrey Bogart, una bellezza scontrosa e cupa e una “ porta” (anche se il termine nella lingua originale ha una sfumatura diversa) dell’Asia in cui si percepisce l’Europa.  Tutti questi luoghi hanno costruito l’identità di questo scrittore, assieme all’interesse per la musica (“ sono un poeta che scrive romanzi: prima mi viene l’immagine poi la storia”) e un rispetto quasi sacrale per l’energia della scrittura.

L’INTELLETTUALE IN SERBIA – La parola scritta nel mondo slavo ha infatti una sacralità da noi sconosciuta e lo scrittore è una sorta di sciamano, motivo che spiega come mai ci sia l’abitudine di impiegare intellettuali in funzione di ambasciatori. “ E come ambasciatore – sogghigna Velikic – ho conosciuto poca gente interessante ”. Le ultime parole sono per Vola via, romanzo che ancora non è stato tradotto che  si conclude con un vissuto autobiografico molto intenso, ma la vera coda dell’incontro è ancora per il personaggio James Joyce, che in “Il muro del Nord “ all’apprendere la notizia dell’attentato di Sarajevo si chiede “ Ma chi leggerà più i libri?” “Pordenone legge” è il fulmen in clausula dello scrittore serbo.

 

Alessandra Pavan

22 settembre 2012

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