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Come la letteratura araba prova a raccontare la guerra oggi

Scrittori e giornalisti arabi a Ferrara hanno spiegato "I sogni di Baghdad. La letteratura prova a raccontare un paese che sprofonda nella guerra"

MILANO – Hassan Blasim, Inaam Kachachi e Ahmed Saadawi, incalzati dalle domande di Gad Lerner, hanno spiegato I sogni di Baghdad. La letteratura prova a raccontare un paese che sprofonda nella guerra al Festival dell’Internazionale a Ferrara.

VITA E MORTE NELLA LETTERATURA ARABA – Il punto di partenza della conversazione è Frankenstein a Baghdad ( edizione e/o) di Ahmed Saadawi, un libro che racconta le vicende di Hadi al-Attag, un uomo che colleziona parti umane raccolte dai corpi straziati delle vittime della guerra nella capitale irachena per assemblarle assieme in una riedizione contemporanea del Frankestein originale, narrato dalla britannica Mary Shelley nel 1818. Il risultato è la creazione di un mostro la cui missione è vendicare le vittime lanciandosi alla caccia dei responsabili di quegli orrendi attentati. “In qualche modo la morte, – inizia Gad Lerner – ma soprattutto la violenza e i corpi martoriati sono tema molto frequente nella letteratura araba contemporanea. E’ il riflesso di quanto sta succedendo nel mondo islamico?”

PRESENZA OSCURA – “Vengo dalla Mesopotamia, il cui poema epico nazionale, Gilgamesh racconta la storia di un eroe alla ricerca dell’immortalità – risponde Inaam Kachaci, scrittrice e saggista irachena che ora vive a Parigi – Vengo dalla terra di Sherazade, che ha cercato per mille e una notte, di procrastinare l’idea della morte, perciò convivo, nella mia storia, con questa presenza oscura. Oggi si è fatta più inquietante più che la morte la paura della sepoltura, perché molti di noi non torneranno più in Iraq e in questo mondo di diaspore, penso a un cimitero virtuale elettronico dove staremo finalmente tutti assieme”.

COMPRENDERE GLI ARABI ATTRAVERSO I LIBRI – La risposta di Hassan Blasim, regista e scrittore iracheno trasferito in Finlandia come rifugiato nel 2004 dopo aver avuto dei guai con la realizzazione di un film nel Kurdistan, è prettamente politica: “Più che di mondo islamico, si deve parlare di mondo iracheno, iraniano, siriano. Non siamo un’entità unica, islamica, siamo tanti popoli ciascuno con una propria identità e una propria storia. L’Occidente fa fatica a capire il mondo arabo e lo conosce solo attraverso i media occidentali o solo attraverso gli organi di partito, ma mai in modo diretto: traducete la letteratura araba, perché solo leggendo i nostri libri potrete capire il nostro mondo. “ Un mondo in cui – dice Lerner – molto spesso la morte è il confine estremo della fede. Penso ai terroristi suicidi, le cui vicende sono spesso raccontate con enfasi dai media, ma non dalla letteratura”.

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DA BABELE A SADDAM SEMPRE IN PACE, POI UN INFERNO SENZA FINE – “Per secoli da Babilonia a Saddam Hussein ,- dice Hassan Blasim – siamo stati in pace, poi a partire dall’invasione americana dell ‘Iraq si è rotto l’equilibrio . Da quel momento in poi si è cominciato a parlare di gente che si fa saltare in aria, di macchine imbottite di tritolo, di violenza. Il suicidio –bomba, motivato dal fondamentalismo è solo è una delle tante interpretazioni del dogma islamico, una idea minoritaria ed entrata solo di recente nel nostro mondo”. “ I foreign fighters – continua Inaam Kachaci – erano già morti nella loro società. In tre mesi diventano fedeli musulmani . Come è possibile ? E’ chiaro che il problema è un altro : si tratta di persone che vivono in un ghetto isolato e basta un pretesto per cui l’animo vacilla”.

SOLO LA CONCORDIA INTERNA PUÒ SALVARE L’IRAQ – “Cambiare l’Iraq dall’interno era il nostro sogno – dice Saadawi- Il popolo iracheno ama la vita e si vuole divertire: è ben lontano da quanto pensate voi. Invece la preistoria è tornata nel paese”. Il protagonista del suo libro sembra partire proprio da questo disincanto: formato da vari brandelli di varie etnie e di vari rappresenta un melting pot , il cittadino iracheno primigenio che vuole vendicarsi di chi lo ha ucciso. La vittima si fa carnefice ed è.

L’IMPEGNO DEGLI ARTISTI ARABI – L’incarnazione delle questioni politiche, sociali, psicologiche, metafisiche e morali del Paese, a cui manca un’azione comune o mettere a punto un programma per aiutare il Paese a risollevarsi, sicché la forma e l’identità dello Stato sono diventate ambigue, proprio come il protagonista. “La tendenza a trattare l’argomento della violenza politica tramite il mezzo letterario conclude Lerner – rappresenta una nuova frontiera del tentativo di intellettuali iracheni di spiegare le difficoltà del Paese e di raccontarle al mondo. Mentre sembra che la classe politica irachena se ne sia lavata le mani, infatti, artisti e scrittori si sono fatti carico di comprendere, interpretare e mettere a nudo questa oppressione, partendo da un’unica possibilità di riscatto: la concordia”.

 

Alessandra Pavan

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