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Carmine Abate, l’impegno attraverso la narrazione

DAL NOSTRO INVIATO A PORDENONELEGGE - Ha uno sguardo aperto e sincero, attento e disponibile, Carmine Abate. A Pordenonelegge, nell'incontro stampa che si è tenuto il 19 settembre, non parla così tanto del suo ultimo libro, La collina del vento (Mondadori) che ha vinto il premio Campiello e sta spopolando in libreria. Parla più volentieri della sua regione natale, la Calabria, e di se stesso come scrittore, della sua attenzione a tematiche che gli sono care...

Il fresco vincitore del Premio Campiello parla della sua attività di scrittore e del suo approccio alla letteratura

 

PORDENONE – Ha uno sguardo aperto e sincero, attento e disponibile, Carmine Abate. A Pordenonelegge, nell’incontro stampa che si è tenuto il 19 settembre, non parla così tanto del suo ultimo libro, La collina del vento (Mondadori) che ha vinto il premio Campiello e sta spopolando in libreria, nonostante l’egemonia delle Cinquanta sfumature di grigio. Parla più volentieri della sua regione natale, la Calabria, e di se stesso come scrittore, della sua attenzione a tematiche che gli sono care.

 

VIVERE PER ADDIZIONE – Quelle che affronta, più in generale, qualcuno passato attraverso molte esperienze di vita diverse, in luoghi differenti, dalla Calabria al Trentino, passando per un’infanzia in lingua Arbresch, l’albanese parlato in alcuni paesi del sud Italia, e una tappa tedesca.  D’altronde, lui stesso dice di “Vivere per addizione”, cioè di sommare le sue diverse esperienze di vita e non di separarle tra esse, di avere “uno sguardo nuovo che devo anche ai due personaggi reali che utilizzo nel libro […] uno sguardo interno, che, unito a uno sguardo esterno, riesce a cogliere la complessità di quella terra, non solo gli aspetti negativi, ma anche quelli positivi”.

 

IL LEGAME CON LA SUA TERRA – La sua ricchezza? Saper cogliere la Calabria perché la guarda dall’esterno. Un sud che, secondo l’autore, assomiglia più di quanto crediamo al nord, e in particolare al nord est. Sarà quel “legame viscerale nei confronti della terra” che accomuna entrambi i popoli, quelli del Triveneto e della Calabria, rendendoli più vicini di quanto essi credano. Sarà che Abate ha sperimentato anche il bilinguismo. Così gli chiediamo qual è nei suoi libri il rapporto con la sua madrelingua, che non è la lingua della scrittura (in arbresch non ha mai imparato a scrivere, in italiano sì). “Spesso, nei miei libri ricorrono parole arbresch — siamo in centomila parlanti — perché quelle parole per me sono importantissime. Ho imparato a renderle comprensibili, grazie al contesto, a tutti. Lascio che s’impiglino sulla pagina. Né più né meno”. Ma l’autore, sempre procedendo “per addizione”, anche parlando della sua nazionalità, si sente più che italiano del sud o del nord: “È inutile negarlo: siamo europei”.

 

SCRITTORE IMPEGNATO – Parlando di tematiche letterarie ricorrenti nei suoi libri, sorge spontanea una domanda: non è rischioso scrivere una narrazione, anziché un saggio, trattando temi come l’abusivismo edilizio, la mafia, e altri drammi del sud, piuttosto che utilizzando una forma saggistica? Abate risponde come se gli fosse stato chiesto qualcosa che nessuno ha mai posto alla sua attenzione: “Non puoi essere uno scrittore impegnato che scrive di temi impegnati, se non lo sei come uomo, come persona. Altrimenti, come scrittore, nella mia vita avrei guadagnato molto di più se avessi scritto, di temi alla moda, che vanno per la maggiore. Se scrivo sul razzismo è perché ho vissuto il razzismo, se scrivo sull’emigrazione è perché l’ho vissuta. Se scrivo sul rapporto con la propria terra che va salvaguardata vuol dire che l’ho vissuto personalmente. Detto questo, la narrazione consente una maggiore complessità e dà la possibilità a chi legge di decidere da che parte stare. Io spero che in questo romanzo il lettore decida di stare dalla parte della famiglia protagonista… si racconta, nel caso specifico, la storia delle pale eoliche, all’interno di un contesto molto più ampio. In un capitolo di questo libro, Vento, ci sono le ragioni di chi vuole le pale eoliche e quelle di chi non le vuole. Sta al lettore capire chi dei due ha ragione davvero. Nei saggi, invece, per la precisione e la meticolosità, a un certo punto sembra che vada bene tutto e il contrario di tutto. Se si dimostra, invece, qualcosa attraverso una storia, si sortisce quest’effetto.
 
L’IMPORTANZA DEL LETTORE – Carmine Abate sottolinea l’importanza del destinatario al quale sono rivolti i suoi libri.  “Quello che poi è importantissimo, secondo me, è il lettore. È attraverso i fatti che emergono dalla narrazione che tu, lettore, capisci la mia posizione e ti chiarisci la tua. Anche quando mi chiedono di scrivere un articolo, come ogni tanto mi capita ultimamente, io scrivo un raccontino, autobiografico, ma pur sempre un raccontino, per esempio sul rapporto con la terra”. Un autore dal volto umano, che non vuole arrivare alla retorica, e che è facilitato in questo non solo dal genere romanzo, ma anche dalla lingua che utilizza: scrivendo in italiano, ma essendo di madrelingua arbresch, dice, “è come se avessi un filtro vero e proprio al mio pensiero. Noi in arbresch diciamo che la nostra è la lingua “del cuore”, mentre l’italiano è “la lingua del pane”.

 

Anna Castellari

20 settembre 2012

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